“È una campagna elettorale tremenda e feroce, bellissima dal punto di vista giornalistico, che ha delle caratteristiche che non si erano mai riscontrate negli ultimi decenni – esordisce Enrico Mentana, giornalista fondatore di Open ed ex direttore di La7, invitato da Una montagna di libri sul palco dell’Alexander Hall di Cortina d’Ampezzo, a dialogo con il caporedattore del Corriere della Sera, Giovanni Viafora, e Francesco Chiamulera – Si proviene da un governo in cui c’erano tutti, o quasi, e dove il favorito non c’era, quindi la Meloni. La terza, forse la più importante, per la prima volta non ci sono il centrodestra e il centrosinistra in lizza, ma quattro poli, di cui tre stanno nella stessa metà campo. Questo renderà la campagna elettorale una somma di animosità reciproche, dove i partiti dovranno lavorare per se stessi e contro gli altri”.
Con Mentana, davanti a una platea affollata, si è parlato di due casi d’attualità capaci di scuotere il Partito Democratico: il caso “sopra le righe” del capo di gabinetto di Roma, Albino Ruberti, e il passo indietro del capolista Raffaele La Regina in Basilicata. Mentana ha risposto descrivendo un PD che riesce a governare sulla gran parte delle città, ma che non riesce a penetrare nell’Italia profonda. “Il PD è un partito ZTL, diciamo”.
È stata citata poi una predilezione “giovanilista” da parte di alcuni schieramenti, assunta per dare l’idea di un partito che seleziona anche i giovani. Mario Draghi è stato citato più volte durante la conferenza e il giornalista di lui ha detto: “La carta Draghi è già stata usata quando il governo si è incartato. Era necessario che Mattarella mettesse in campo l’unico uomo che, per la sua statura e la sua biografia, mettesse tutti d’accordo in una situazione d’emergenza. Il fatto è che, anche se probabilmente giocherà un tempo supplementare, uno come Draghi non dovrebbe contendersi il posto con Giorgia Meloni o Enrico Letta”.
“Quello che vedeva l’elettorato nel Movimento 5 Stelle era una vera e propria forza di opposizione – ha commentato Mentana – Oggi il nuovo partito ha esaurito quella forza, ma c’è uno spazio a fianco al PD. Quest’anno il loro voto sarà maggiormente spalmato sul territorio nazionale, anche se rimarrà più influente al Sud. Al Nord, infatti, esiste già la Lega, che svolge un’opera di legame nel territorio: nelle Terre di Zaia e di Fedriga, diciamocelo, non esiste quella distanza che permette di insinuarsi in altri partiti. Con questa legge elettorale però, il voto al Nord andrà al centrodestra”.
Nell’ipotesi della vittoria della Meloni, il giornalista ha fatto alcune previsioni sulla composizione di un governo più tecnico: “Vedo Carlo Nordio, ministro della giustizia, certo – afferma Mentana – ma è un governo in cui c’è anche la Lega e Forza Italia: anche loro vorranno la loro parte. Possiamo immaginare qualcosa come gli esteri a Forza Italia, gli interni alla Lega, la Meloni che sceglie alcuni nomi di prestigio, si parla anche dell’attuale ministro della transizione ecologica, ruolo che esige una competenza tecnica. Se dovesse vincere dall’altra parte, il frontrunner è Enrico Letta ma siamo sicuri che sia il premier prescelto? Conte, Calenda, Renzi. È comunque inutile fare previsioni ora, a cinque settimane dall’esito: stiamo parlando delle correnti dell’opinioni pubbliche. Io, comunque, non credo ci sarà una bassa affluenza, perché sono quattro gli schieramenti che chiamano a votare per sé e contro gli altri”.
Enrico Mentana ha anche parlato di giovani e politica, un rapporto diverso – secondo lui – rispetto a quello che esisteva in passato: “Se i giovani fossero come quelli di cinquant’anni fa, sarebbero tutti in piazza. Questo non è sicuramente un paese per giovani. Il leader oggi è quello che fa il referendum sulla cannabis perché queste cose post-ideologiche fanno presa. Noi genitori tendiamo a dire: studia più che puoi e poi stai a casa che così stai bene, al sicuro. La verità è che chiunque abbia un’impresa oggi sa che una forza lavoro giovane non è più disponibile a ogni livello”.
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