“Ho raccontato la storia di Angelito, vittima delle baby gang”: a tu per tu con Martina Dei Cas, vincitrice del premio Buffon

Martina Dei Cas

Anche se è passato quasi un mese dalla cerimonia di premiazione, è ancora tanto l’entusiasmo per la vittoria di un premio così particolare: Martina Dei Cas, trentina, classe 1991, è stata infatti la vincitrice assoluta dell’edizione 2023 del premio letterario “Matteo Buffon”.

Un premio dedicato al cisonese deceduto pochi anni fa, all’età di 40 anni, a causa di una malattia, e che Martina ha vinto con il racconto “Parole aggrovigliate”.

Martina Dei Cas, laureata in Giurisprudenza e residente ad Ala (Trento), è giornalista pubblicista e Alfiere del lavoro, collabora con il Corriere del Trentino e lavora nell’Ufficio Stampa di “Trentino Sviluppo”.

Martina Dei Cas e Luis Escalante, padre di Angelito

Un lavoro che accompagna alla passione per la scrittura, a cui ha dato libero sfogo con le opere “Cacao amaro” e “Il quaderno del destino”, ambientati in Nicaragua, oltre ad “Angelitos”, volume che ha ricevuto il patrocinio di Amnesty international e del Centro per la Cooperazione internazionale.

“Parole aggrovigliate”

Quello di Cison di Valmarino è stato davvero un bel concorso – le parole entusiaste di Martina – Mi piace partecipare ai concorsi, specialmente quelli impegnati”.

“Quello scelto era un tema delicato, della malattia, e io amo parlare di tutto – ha continuato – Questa volta la tematica mi riguardava da vicino, essendo mio papà, Marco, ammalato di tumore: una patologia che ha cambiato il ritmo e le dinamiche della nostra famiglia. Quando ho visto il bando mi è scattato quel ‘click’, che mi ha portato a voler coccolare questo lato particolare della mia vita: mi sono sentita nel contesto giusto”.

Martina ha quindi voluto spendere delle parole sull’organizzazione del premio: “Devo dire che sanno di cosa parlano e non dicono parole per convenienza – il suo commento – Mi sono accorta, poi, che c’è una comunità dietro, quella di Cison di Valmarino, anche solo nel fatto dell’accoglienza dei partecipanti al concorso”.

La vincitrice ha quindi illustrato le caratteristiche del suo racconto vincitore: “Il titolo ‘Parole aggrovigliate’ si ispira al fatto che mio padre ha subìto due operazioni chirurgiche, dopo le quali ora fatica a parlare – ha spiegato – Questo è un racconto che affronta il tema della cura. Si tratta di un testo creativo, inventato ma che, allo stesso tempo, ha attinto al mio vissuto personale”.

“Dedico questa vittoria ai miei genitori, Marco e Lorena: noi tre siamo riusciti a farci scudo a vicenda – ha proseguito – Non si sceglie come ammalarsi, ma come vivere e stare vicino alla persona ammalata”.

Alla luce di ciò, quindi, ecco che la scrittura diviene un metodo per sfogarsi: “Io intendo la scrittura e la lettura come liberazione, per mettersi meglio nei panni degli altri – ha osservato – Non è il primo racconto che ho scritto sulla malattia, ma lo avevo già fatto sul tema della donazione degli organi, anche se devo dire che non è una tematica che affronto abitualmente. Solitamente scrivo di diritti umani e delle donne”.

E di diritti umani Martina Dei Cas si è occupata nelle sue opere precedenti.

Martina in Nicaragua

“Cacao amaro”, “Il quaderno del destino” e “Angelitos”

L’esperienza di volontariato in Nicaragua ha segnato profondamente Martina, la quale ha voluto raccontare quanto visto, prima con il volume dal titolo emblematico “Cacao amaro” (2011), poi tra le pagine del “Quaderno del destino” (2015), seguito da “Angelitos” (2019).

E proprio dietro ad “Angelitos” si nasconde una storia ancor più dolorosa e particolare, che Martina ha voluto raccontare.

“Nel 2015 mi sono laureata in Giurisprudenza, in Diritto comparato, con una tesi dove ho voluto coniugare la mia passione per l’America latina – ha raccontato – Ricontrollando la rassegna stampa, cosa necessaria per il mio lavoro, mi sono imbattuta in un articolo del giornale ‘El nuevo diario’, dove si vedeva la foto di un bimbo con una maglia rossa a terra, morto. All’epoca non eravamo ancora abituati a vedere scene di questo tipo sulla stampa”.

“Si trattava di Angelito Escalante, un 12enne di una città del Guatemala, che sognava di fare l’architetto – ha proseguito – Un ragazzino molto laborioso e per questo divenuto preda di una baby gang: bisogna tenere conto che lì, negli ultimi anni, questi gruppi vanno in cerca di reclutare nelle scuole delle persone insospettabili, per i loro traffici”.

“Angelito è stato rapito da scuola, portato su un ponte per essere sottoposto a un rito di iniziazione, che consisteva nello sparare a un autista d’autobus di passaggio. Un rifiuto avrebbe comportato per lui la morte – ha continuato – Angelito ha rifiutato questo rito ed è quindi stato ucciso, poi l’hanno buttato giù dal ponte, ma non è morto sul colpo. A ritrovarlo è stato il padre, al quale Angelito non ha voluto dire chi fossero i responsabili, per non mettere la famiglia nei guai. Nonostante ciò, il padre, Luis Escalante, ha avuto il coraggio di denunciare”.

Lo scaffale dei diritti dell’infanzia

Una storia impegnativa, che ha toccato il cuore e l’animo di Martina: “Sono rimasta scioccata e ho aspettato che la notizia venisse trasmessa dai media europei, ma così non è stato – ha affermato – Ho voluto raccontare la vicenda e, nel 2017, sono riuscita a entrare in contatto col padre, tramite un giornalista del Nicaragua. Un padre che è rimasto entusiasta del libro, un modo per togliere Angelito dall’oblio, già colpito dallo stato di impunità che ha riguardato i suoi assassini”.

Da lì il viaggio verso il Guatemala, per intervistare Luis Escalante: “L’ho incontrato assieme ai giovani del Mojoca, un movimento di auto e mutuo aiuto di ex ragazzi e ragazze di strada, molti dei quali a soli 4-5 anni sono finiti in strada, per le circostanze della vita – ha aggiunto – Quando si parlava di baby gang, all’epoca, si pensava ai film polizieschi, mentre oggi è un problema che è arrivato anche qui da noi”.

“Oggi sono ancora in contatto con il padre di Angelito e parlo di quello che gli è accaduto, durante alcuni incontri nelle scuole. ‘Così è come se mio figlio vivesse’, mi ha detto Luis Escalante – ha riferito – Nella biblioteca di Avio (Trento, ndr) abbiamo creato uno scaffale aperto, dal nome ‘In viaggio con Angelito’, dove raccogliamo libri sul tema dei diritti dei minori”.

“Mentre ‘Cacao amaro’ (una storia di ragazze tra le colline dove si coltiva cacao) e ‘Il quaderno del destino’ (la vicenda di due bimbi lustrascarpe di periferia) sono romanzi corali, su quanto visto in Nicaragua e con delle licenze poetiche, il libro su Angelito è una storia vera e un ‘bagno di realtà’. Questi libri sono tutti figli miei – ha aggiunto – Noi abbiamo sempre potuto andare a scuola, senza conoscere persone prive di un’alfabetizzazione di base: diamo tante cose per scontate”.

E a quale libro Martina Dei Cas si sente più legata? “Sicuramente ad ‘Angelitos’, per il percorso che ci sta dietro: non ero preparata di fronte alla scena di un padre addolorato e rassegnato al fatto di non avere giustizia per suo figlio – la sua risposta – Credo sia un libro sul dolore di raccontare, ma cambiamo le cose solo quando ne parliamo: ho sentito il dovere di raccontare”.

Anche se Martina non ha voluto anticipare nulla sui propri progetti letterari futuri, tutto fa pensare che qualcos’altro già stia “bollendo in pentola”.

(Foto: per gentile concessione di Martina Dei Cas).
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