Sopravvive sette giorni e sette notti in un dirupo senza viveri, l’incredibile storia del cisonese Michele Benedet

La sua vicenda ha fatto il giro del mondo ed è destinata ad aggiornare le riviste scientifiche in materia di sopravvivenza dell’uomo in condizioni proibitive. Protagonista dell’incredibile storia è il 33enne triestino Michele Benedet, di origini cisonesi da parte di padre.

L’odissea del giovane ha inizio l’11 febbraio scorso, il giorno successivo al funerale dalla mamma Paola, stroncata da un male incurabile. Michele, amante della montagna ed esperto escursionista, decide di prendersi alcuni giorni di meditazione nella natura, per riordinare le idee e per assorbire il lutto. Unico compagno di viaggio il suo inseparabile cane Ash. I due partono in direzione Val Venzonassa, in Friuli, sulle Prealpi Giulie, un ambiente che Michele conosce alla perfezione.

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Ma purtroppo l’imprevisto, in montagna come nella vita, spesso è dietro l’angolo. Michele scivola e cade in un dirupo di neve fango e pietre e si ritrova immobilizzato per i traumi del rotolamento. Piede fratturato, costole rotte, respiro affannoso, l’unica cosa che riesce a fare è raggiungere la strada forestale sottostante, nella speranza che qualcuno prima o poi passi. Ma purtroppo niente di niente, solo il silenzio interrotto dai rumori del bosco ed il freddo.

Sette giorni e sette notti senza cibo né acqua, durante i quali riesce soltanto a mettere in bocca pezzetti di ghiaccio, ricavati da una pozza gelata e spezzettati con un sasso. Vicino corre un torrente che Michele non è mai riuscito a raggiungere a causa delle ferite, ma che è servito da abbeveratoio per Ash.

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Immaginatevi un’intera settimana con dolori lancinanti, con la consapevolezza che se si fosse addormentato sarebbe morto congelato, a parlare da solo, nella speranza che passasse qualcuno.

Ma quando Michele sembra ormai aver imboccato una strada senza ritorno, il settimo giorno che coincide con giovedì 18 febbraio, i soccorritori allertati dalla fidanzata (che i primi giorni non si era preoccupata, essendo abituato a uscite in solitaria di più giorni) hanno trovato un uomo vivo per miracolo, stremato ma lucido, che sfidando le leggi della natura era riuscito a sopravvivere.

Per i soccorritori si è trattato di un vero e proprio miracolo. Friedrich Nietzsche sosteneva che tutto quello che non uccide fortifica e se così fosse Michele per il suo futuro non dovrebbe temere più nulla. Al momento è ancora ricoverato in ospedale a Trieste, ma la prognosi è stata sciolta.

Solo fortuna? No, Michele ha avuto la lucidità di non sbagliare nulla, riuscendo a non recidere quell’esile filo che lo ha tenuto ancorato alla vita. E allora vien da pensare che lo possa aver aiutato anche il sangue cisonese che corre nelle sue vene. Del resto il soprannome dei cisonesi è Loff (lupi) e si sa che i lupi in condizioni estreme sopravvivono sempre.

(Fonte: Giancarlo De Luca per Qdpnews.it).
(Foto: Paolo Benedet).
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