Omicidio Margherita Ceschin, la Procura: “Cinque sopralluoghi prima del delitto”. Spunta una supertestimone

Il procuratore di Treviso Marco Martani e i Ris sul luogo dell'omicidio
Il procuratore di Treviso Marco Martani e i Ris sul luogo dell’omicidio

Dopo la prima ipotesi secondo la quale Margherita Ceschin sarebbe stata uccisa in seguito a una rapina terminata in tragedia, gli inquirenti hanno notato che qualcosa “non quadrava” in questa pista. E così le indagini si sono concentrate su un altro fronte, portando all’arresto di quattro persone tra le quali anche il marito della donna, accusato di essere il mandante dell’omicidio.

“Nell’appartamento mancava solo il portafoglio e non oro o altri oggetti di valore – spiega il procuratore di Treviso Marco Martani – inoltre dalle immagini di una telecamera di videosorveglianza si nota come ci siano dei soggetti appostati nei pressi della casa della donna già dalle 21 e che queste stesse persone abbiano atteso il suo rientro a casa prima di entrare nell’abitazione. Comportamento, questo, non compatibile con chi vuole rubare qualcosa”.

Sono state le intercettazioni telefoniche e ambientali del marito di Margherita Ceschin, Enzo Lorenzon, che secondo la Procura potrebbe essere il mandante dell’omicidio e con il quale la donna stava affrontando una separazione “burrascosa”, a portare all’identificazione e all’arresto di quattro persone. Intanto gli inquirenti sono sulle tracce di altre due o tre tornate all’estero, molto probabilmente in Spagna.

Nei giorni successivi all’omicidio è stato Lorenzon a ricevere una telefonata: “Devo parlarti del tagliando dell’auto” dice la voce dall’altra parte del telefono. I due si danno appuntamento nelle vicinanze di un bar di Ponte di Piave, dove sono appostati anche alcuni carabinieri in borghese in quanto quella telefonata era apparsa “strana”.

Il 29 giugno è Lorenzon a chiamare da un telefono pubblico: “Sono stato dall’avvocato. Vietato, vietato, vietato chiamare indagati”. “Queste sono le sue parole – commenta Martani – ma il fatto che fosse indagato era solo una sua supposizione”.

Per le indagini è risultata “fondamentale anche la deposizione spontanea ai Carabinieri da parte di una donna che nel 2017 frequentava Lorenzon – continua Martani – e che ha raccontato le richieste dell’uomo dell’epoca”. Stando a quanto riferito dalla donna ai Carabinieri, Lorenzon le chiese più volte se conoscesse qualcuno da pagare 10 mila euro per “dare una lezione o fare fuori la ex moglie“, alla quale Lorenzon dava 10 mila euro al mese per il mantenimento.

Pare dunque confermata l’ipotesi secondo cui Lorenzon voleva uccidere la moglie, ma spetterà ora agli inquirenti capire se e quando questa idea si sia trasformata in realtà prima della ricerca dei killer.

Dalle cellule telefoniche i Carabinieri sono risaliti a diversi appostamenti nei pressi della casa di Margherita Ceschin, il primo risalente al 14 giugno. “Si è appurato che l’omicidio è stato preceduto da 5 sopralluoghi – continua Martani – dopo quello del 14 anche il 17, il 21 e due sono avvenuti il 22″.

Nelle varie intercettazioni telefoniche, alcuni degli arrestati parlano anche di un “casino”, che potrebbe essere la macchina utilizzata da uno di loro per riportare all’estero, molto probabilmente in Spagna, alcuni complici. Secondo gli inquirenti, infatti, sarebbe stato utilizzato un Freelander di proprietà di Lorenzon, indizio in più che lo collegherebbe all’omicidio della moglie.

È lo stesso Lorenzon, terminato il funerale della moglie e salito in auto, a fare una riflessione a voce alta, non sapendo di essere intercettato: “La macchina bisogna portarla in alta montagna e dargli fuoco, e poi denunciare la scomparsa”. 

“E’ comunque doveroso puntualizzare – conclude Martani – che siamo ancora nella fase delle indagini preliminari. Anche il provvedimento di convalida del fermo e di applicazione di misura cautelare che è stato emesso dal Gip su nostra richiesta è un provvedimento che non è definitivo e sarà sottoposto al vaglio del Tribunale del riesame di Venezia. A questo proposito i difensori di tre degli indagati hanno già proposto la richiesta di riesame e quindi tutti i dati relativi alle acquisizioni investigative che sono state effettuate in questo mese di indagini devono essere valutate non come risultati definitivi ma provvisori. Il tutto va visto nella prospettiva della presunzione di non colpevolezza degli indagati fino alla sentenza definitiva”.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati