Quel cavaliere che uccide il drago: un gioiello d’arte nel paese di Osigo

Ai piedi del Monte Pizzoc, in posizione strategica da dove si può godere della vista di un bellissimo panorama, si staglia un campanile dalla punta aguzza: è quello del paese di Osigo.

Osigo è formata da cinque borgate di origine antica: Da Re, Villa, Danese, Consola, Col e Luca; punto di riferimento e centro d’unione e aggregazione è la chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio con il vicino cimitero.

Secondo la tradizione, la chiesa in origine era una semplice cappella costruita dalla nobile famiglia locale dei Da Montanara, capace di accogliere i pochi abitanti del paese.

Il primo documento scritto relativo alla chiesa è datato 24 novembre 1474 e redatto in occasione della visita del vescovo Trevisan alla parrocchia di Fregona da cui Osigo dipendeva; si legge che la chiesa possedeva terreni e beni ed era ben amministrata.

Nel 1738 l’edificio viene ampliato con la costruzione della cappella del fonte battesimale mentre nel 1838 la chiesa viene intonacata con il marmorino: una croce d’argento donata nel 1848 da De Luca Giorgio e Paolo Doro ricorda questi lavori di ristrutturazione.

All’esterno la facciata è molto semplice in stile neoclassico.

Una luce soffusa ci accoglie all’interno che si presenta a tre navate: è ai primi del XX sec, visto l’aumentare del numero dei fedeli, che risalgono i lavori di costruzione delle due navate laterali e della sagrestia per i confratelli del Santissimo Sacramento su progetto dell’architetto Domenico Rupolo.

Lungo le navate sono state ricollocate due opere in precedenza conservate in sagrestia e recentemente restaurate; si tratta della Madonna del Rosario con il Bambino fra i Santi Pietro e Paolo da attribuirsi al pittore pordenonese Giuseppe Moretto, genero di Pomponio Amalteo ed esponente di spicco del Cinquecento friulano.

All’800 è da attribuirsi l’altra opera ricollocata in chiesa “San Antonio da Padova con Gesù Bambino, San Francesco e San Sebastiano” attribuita al pittore Giovanni Sasso e datata 1869.

L’artista attivo in zona nella seconda metà dell’800 utilizza colori brillanti e luminosi simili a quelli degli affreschi del soffitto del presbiterio e risalenti alla metà del ‘900.

Sono opera del pittore Bepi Modolo nativo di Mareno di Piave, che dipinge nella cupola La traslazione della Santa Casa di Loreto e nei pennacchi Augusta, Floriano, Daniele e Barbara santi cari alla tradizione locale e alla devozione popolare.

Ma è sull’altare maggiore che è situato un gioiello d’arte: l’opera con San Giorgio che uccide il drago, realizzata dal pittore bergamasco Francesco Da Milano e datata 17 maggio 1529 come testimoniato dall’iscrizione posta nella cornice in basso.

Il santo, con la sua corazza lucente, in groppa al suo destriero, si scaglia con grande forza contro il drago sotto lo sguardo stupito e ammirato della principessa.

Fanno da sfondo alla scena un paesaggio vibrante di luce e dei palazzi rinascimentali mentre San Biagio e San Daniele in primo piano  incorniciano la scena ai lati.

I colori sgargianti e intensi della pala enfatizzano ancora di più il significato che il santo-cavaliere, con il suo esempio, ci insegna: la forza della Fede e del Bene contro le ingiustizie e le barbarie del Male.

All’esterno della chiesa la ferrea girandola con San Giorgio svetta sulla punta del campanile; i lavori per la costruzione dell’attuale torre campanaria iniziarono nel 1885 su progetto di Francesco Ciprian.

Secondo la tradizione ci fu una breve sospensione dei lavori per decidere se terminare il campanile a cuspide come da progetto iniziale o se, viste le scarse disponibilità di denaro, realizzarlo come quello della vicina chiesetta di San Daniele.

Furono le donne a decidere facendo affiggere sui muri del paese dei manifesti che riproducevano il progetto iniziale con sotto la scritta “Anche noi donne lo vogliamo così”. E così è stato: nel 1900  terminata la cella campanaria, come voluto dalle donne di Osigo,  si provvide ad abbellirla con la cuspide finale che ancor oggi si staglia nel cielo azzurro alle pendici della foresta del Cansiglio.

(Fonte: Martina Peloso).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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