Prende anticoagulanti e richiede il Pfizer, al rifiuto di poter scegliere se ne va dal centro vaccini: “Non voglio fare da cavia”

“Non voglio fare da cavia”: è ciò che ha risposto al medico che, al centro vaccinazioni di Riese, gli aveva detto che non poteva scegliere il vaccino che desiderava fare e gli avrebbe iniettato quello disponibile, il Johnson&Johnson.

L’uomo, P.A., 63enne residente nella zona del vecchio ospedale a Sant’Andrea di Montebelluna, da 23 anni prende anticoagulanti, avendo già avuto due trombosi.

La moglie si era recata dal medico di base nei giorni precedenti chiedendo se fosse opportuno o meno sottoporre il marito a vaccinazione.

Il medico gli ha risposto assolutamente di sì ma gli ha consigliato di fare il Corminaty di Pfizer in unica dose. Per avere conferma ha chiamato al telefono anche il suo angiologo, il quale gli ha ripetuto la medesima cosa.

L’uomo ha portato con sé tutta la documentazione relativa ai suoi problemi: “Non l’ha neppure guardata – racconta la moglie – Mio marito prende l’Eliquis due volte al giorno, un anticoagulante, dopo aver preso per 20 anni il Coumadin”.

Secondo il racconto della donna, quando il marito ha riferito al medico presente che il suo dottore di base e l’angiologo gli avevano vivamente consigliato di farsi somministrare il Pfizer si sarebbe sentito dire “Loro non sanno niente, io sono un primario”.

A quel punto l’uomo gli ha risposto “Io non faccio da cavia”, e il medico “Quindi, rifiuta?”, “Certamente che rifiuto” ha concluso il montebellunese, è stato invitato a firmare ed è uscito dall’ambulatorio.

“Come sarebbe a dire loro non sanno niente? – dice la moglie ancora tesa per l’accaduto – Il nostro medico, che purtroppo sta per andare in pensione, ha avuto una lunga esperienza in Africa e di vaccini ne ha somministrati a migliaia. Ne saprà qualcosa, o no?”.

La vicenda riapre la discussione sui vaccini e sui suoi rari effetti collaterali, discussione che per la verità non si è mai chiusa.

L’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, si è recentemente pronunciata proprio sul vaccino Jansen della Johnson&Johnson, sottolineando come il Prac (l’autorità medica contro i rischi da farmaci” abbia osservato che i coaguli di sangue, nei casi di effetti collaterali che hanno portato anche al decsso, si sono verificati nelle vene del cervello (trombosi del seno venoso cerebrale, Cvst) e dell’addome (trombosi della vena splancnica) e nelle arterie, insieme a bassi livelli di piastrine e talvolta sanguinamento.

Pertanto, la stessa Ema, consiglia di “Rivolgersi immediatamente a un medico se, dopo alcuni giorni dalla vaccinazione, si verificano mal di testa intensi o persistenti o visione offuscata, o se compaiono lividi inattesi sulla pelle in un punto diverso dal sito di vaccinazione, oltre a respiro affannoso, dolore al petto, gonfiore alle gambe o dolore addominale persistente. In questi casi informare il medico di avere ricevuto il Vaccino Covid-19 Johnson nei giorni precedenti”.

Gli operatori sanitari – prosegue l’Ema – devono prestare attenzione ai segni e sintomi di trombo embolia e trombocitopenia in modo da poter trattare prontamente le persone colpite in linea con le linee guida disponibili”.

In tutto questo l’Ema sottolinea anche come il 20 aprile scorso il Comitato per la valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (Prac), ha concluso che i benefici del Vaccino Covid-19 Janssen nel combattere la minaccia ancora diffusa di Covid-19 (che a sua volta provoca problemi di coagulazione e può essere fatale) continuano a superare il rischio di effetti indesiderati.

Quel che, però, probabilmente le persone a rischio trombotico o che hanno avuto trombosi vorrebbero sapere con assoluta certezza è la statistica relativa ai soli soggetti a rischio.

Ancora più semplicemente, quanti soggetti trombotici sono stati sottoposti a questi vaccini e quanti sono stati coloro che hanno avuto gravi effetti collaterali oppure sono addirittura morti?

Inoltre, gli enti internazionali e le società medico scientifiche hanno emanato da tempo alcune raccomandazioni su come eseguire la vaccinazione sui soggetti che assumono anticoagulanti, proprio come l’Eliquis, sostenendo l’opportunità di saltare una dose e, dopo l’iniezione del vaccino, di premere forte il punto dell’iniezione per almeno 5 minuti, a differenza di due minuti come avviene normalmente, in quanto la terapia anticoagulante richiede una pressione più prolungata rispetto per evitare la formazione di ematomi.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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