L’arcipretale di San Pietro di Fontanelle restituita al suo pieno splendore grazie ai recenti restauri

L’arcipretale di San Pietro di Fontanelle

Nulla rimane della primitiva chiesa plebanale di S. Pietro di Fontanelle, citata in un documento del 1283. Il successivo edificio quattrocentesco, consacrato dal vescovo di Ceneda Nicolò Trevisan (1480), subì un primo ampliamento all’epoca di don Antonio Comin (1773) e un secondo all’epoca di don Ignazio Frezza, col quale furono aggiunte le due navate laterali (1873).

L’arcipretale di San Pietro di Fontanelle – video di Luca Vecellio

La sobria facciata neoclassica è tripartita da quattro lesene, che sostengono una trabeazione, su cui poggia un timpano triangolare con oculo centrale tondo. L’edificio è formato da un’aula quadrata con tre navate, suddivise da dodici colonne che sorreggono dieci arcate a tutto sesto. Separata da una balaustra marmorea, la sopraelevata area del presbiterio si conclude con un’abside coperta da una calotta con decorazione a conchiglia (P. Dal Bò).

L’altare maggiore sostiene un tabernacolo in marmo settecentesco con due Angeli adoranti e la pala dell’Assunzione di Francesco Montemezzano, inserita nel 1821 al posto della pala di S. Pietro di Palma il Vecchio. L’episodio è qui narrato in modo drammatico e dinamico grazie “all’uso abile e ardito della prospettiva, mentre l’intensità della luce dona vivacità ai colori, scava i panneggi e rende fortemente plastiche le figure” (G.F. Corazza).

Al santo titolare è stato dedicato l’altare laterale in cornu epistulae contenente la pala di San Pietro che riceve le chiavi di Luigi Cima (1922), “composizione armonica con tonalità tenui e chiare che rendono la scena di immediata leggibilità”. Sul medesimo lato l’altare di S. Antonio di Padova contiene un dipinto (attribuito a Pietro Liberi) che “imprime nello spettatore sentimenti di serenità, grazia e bellezza per la morbida atmosfera della composizione e per l’impasto del colore pieno di soavità” (G.F. Corazza). Il lato opposto è dedicato alla devozione mariana con l’altare seicentesco del Rosario (contenente la pala della Madonna tra i santi Domenico e Caterina da Siena di Francesco Figimelica) e quello settecentesco della Madonna Immacolata, contenente la pala della Madonna tra le sante Caterina d’Alessandria, Agata, Lucia e Apollonia di Giuseppe Amedeo De Lorenzi (1860), autore anche delle due tele poste ai lati del presbiterio (Cristo entra in Gerusalemme e Conversione di San Paolo).

In chiesa sono presenti altre opere pittoriche di epoca sei/settecentesca, che si ispirano sia all’Antico Testamento (Sogno di Giacobbe e Mosè e il Roveto Ardente) sia al Nuovo (Parabola delle dieci vergini di Antonio Balestra e Adorazione dei Magi di Giovanni Battista Pittoni), ma i più antichi manufatti sono la quattrocentesca acquasantiera della navata laterale (decorata con stemmi e bassorilievi di ispirazione tardo-gotica) e il cinquecentesco battistero (con copertura monumentale lignea intagliata e dipinta), commissionato dal pievano Venceslao Di Spilimbergo all’epoca in cui erano vescovi di Ceneda i patrizi Grimani.

Sopra la cantoria è posto l’organo settecentesco di Gaetano Callido, ristrutturato da Giovanni Battista De Lorenzi (1863) e restaurato da Franz Zanin (1996). Di interesse artistico sono anche il coro, i confessionali e il pulpito (1903), realizzato in legno di noce da Giacomo Palù da Codogné a forma di scala a chiocciola che avvolge una colonna e conduce a una piattaforma con parapetto, sostenuta da due Angeli canefori e sovrastata da un baldacchino con cimasa.

Negli ultimi anni la chiesa è stata riportata alla piena magnificenza e grandezza grazie alla sensibilità e al fervido apporto della comunità dei fedeli.

(Autore: Giuliano Ros).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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