L’arte del ferro, usando solo mani e principi chimici: Christian e l’idea di “Lusent35”

Christian Scantamburlo

La nostra specie scoprì le proprietà del ferro nel 2500 a.C.: eppure quest’elemento, considerato oggi “povero”, nasconde ancora dei segreti. Non occorre ricorrere a tecnologie ultramoderne per svelarne alcuni, basta invece affidarsi alle abili mani di un artigiano veneto. E tra chi modella, chi trasforma, chi definisce, con quel tocco artistico che industrialmente non si potrebbe riprodurre, c’è anche chi si affida alla chimica e alle proprie mani.

È il caso di Christian Scantamburlo (residente a Crespignaga di Maser), titolare della Da Prà Loredana di Pederobba, ditta in Zona Industriale che si occupa ancora a partire dagli anni ’80 di finiture di precisione su metalli, specialmente su materiali d’arredo. Tutto è iniziato con il mondo dell’illuminazione, poi si è esteso al mondo dell’arredamento, con due stabilimenti e una decina di dipendenti, tutti quanti specializzati in una precisa fase di finitura.

In quest’articolo non parleremo del core business della Da Prà, ma di un aspetto decisamente più artistico e creativo che parte proprio dalla passione di Christian per la colorazione del ferro. “In realtà non mi interessa farne un’attività da reddito, mi interessa mostrare alla gente come il ferro possa diventare un’opera d’arte anche nella sua semplicità” ci spiega, prendendo un piatto al grezzo e iniziando a pulirlo ostinatamente.

Il processo di lavorazione manuale, che cambia a seconda dell’oggetto e dell’effetto desiderato, è piuttosto lungo e richiede un’attenzione costante. “Finito il servizio militare ho preso il mio posto qui in azienda e ho iniziato a giocare con le vasche dei colori. Usavo per esempio lo zolfo, sperimentando quali texture queste sostanze creassero sulla superficie degli oggetti, anche in ottone. Mi sembrava venissero fuori, sempre più man mano che provavo, dei disegni sempre più originali. Così ho iniziato a mostrarli, ma non sono stato capito subito”.

È una sorta di galvanica “a mano”, potremmo azzardarci a dire, capace di creare dei particolari effetti sulle superfici senza cambi di temperatura: Christian bagna l’oggetto con varie sostanze, alcune delle quali rimarranno segrete, lo cosparge senza strumenti e senza lasciarlo in ammollo.

Il materiale cambia gradualmente, quasi fosse sotto incantesimo, riempiendosi di macchie che l’autore non può scegliere, ma che con la sua esperienza può intensificare o diminuire, può posizionare o ingrandire. Questo rende ogni risultato unico e non imitabile, ma capace di esprimere qualcosa: “non è forse questa l’arte?” si chiede.

“All’inizio, alle prime esposizioni, non mi prendevano sul serio, anzi quasi mi canzonavano per queste opere. Perché i veri artigiani del ferro modellavano la forma, mi dicevano, e il ferro è troppo povero e comune per lavorarlo in modo originale – spiega Christian, – ma io ho fatto tantissime prove e ho visto come il ferro reagisca in modo bizzarro anche con dei prodotti semplicissimi”.

“Credo che queste opere siano irriproducibili, perché per quanto possa tentare di controllare i colori, non riuscirò mai a ricreare lo stesso identico pezzo due volte. Anche il nero, che in altri contesti è semplicemente l’assenza di colore, sul ferro può avere migliaia di sfumature. Così ho deciso di valorizzarlo e i risultati, pian piano, sono arrivati: oggi ci siamo dotati di un brand, “Lusent35” e di un e-commerce. In più, stiamo lavorando per rinnovare lo showroom qui in zona industriale”.

Un esempio che indica come un artigiano veneto dovrebbe spingersi anche oltre l’eccellenza produttiva prettamente industriale e concentrarsi soprattutto ciò che gli piace fare nel profondo: probabilmente, al mondo, piacerà.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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