Come doveva essere, per un giovane soldato, sia pure italiano oppure austroungarico, ritrovarsi ferito gravemente al corpo o alla testa, sulle altezze del Monte Grappa, tra il fango e la neve, il sangue dei compagni, il gelo e la miseria? In quali speranze di sopravvivere poteva credere, considerando che l’ospedale più vicino si trovava a chilometri di distanza?
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Di coloro che venivano colpiti e che necessitavano di cure chirurgiche, specie prima del 1916, pochissimi sopravvivevano: su tutto il fronte italiano, infatti, le unità sanitarie di trincea non erano preparate per gli interventi più complessi. Al contempo, gli ospedali non potevano esporsi al rischio dei bombardamenti nemici e per questo venivano allestiti lontano dal fronte.
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Andrea Marro, professore di chirurgia all’Università di Torino, maggiore e medico della CRI e consulente di chirurgia della 2°Armata, fece di questo problema la propria missione: dopo vari tentativi in altre zone, sul Monte Grappa, e precisamente sulla dorsale dei Salaroli, istituì un gruppo chirurgico che operava a 1400 metri d’altezza, lavorando direttamente a ridosso della prima linea e salvando così centinaia di vite.
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A ricostruire la sua esperienza è un libro redatto dallo storico locale Lorenzo Capovilla, edito da Riccardo Ravizza, e ieri discusso e presentato a Crespano di Pieve del Grappa anche dagli autori Francesco Tonelli e Pietro Massimo Spagli.
Con l’occasione, un comitato formato da venticinque volontari appassionati di storia, condotti dall’esperienza del professor Capovilla e supportati dall’amministrazione e in particolare dalla cultura del Comune di Pieve del Grappa, ha voluto inaugurare col restauro del museo anche la sistemazione di un’area dedicata a questo tema della chirurgia ad alta quota. All’interno si possono osservare sia una ricostruzione in scala sia la miniatura di un posto chirurgico avanzato, oltre all’esposizione di molti strumenti, reperti e fotografie.
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“Grazie alla figura del professor Marro, i soldati non dovevano fare chilometri e chilometri di sbarramento per raggiungere gli ospedali, ma venivano rapidamente operati e molto spesso salvati” spiega Capovilla. In guerra, il Gruppo chirurgico del professor Marro si trovò di fronte a qualsiasi tipo di ferita e fu in grado di operare anche in mezzo alla neve: il chirurgo, a cui si attribuiscono preparazione, costanza e ostinazione, inventò anche nuove tecniche di sutura (quella a bottone) e molte altre innovazioni che gli consentirono di salvare molti giovani e che, al netto di tutta la tecnologia moderna, sarebbero degne di lode anche oggi.
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“In seguito ad alcuni incontri tenuti per approfondire la storia, valorizzando la conoscenza del professor Capovilla, abbiamo notato un’ottima risposta da parte dei cittadini: tanto che si è formato un gruppo di amici, perlopiù giovani, che condividono questa passione. Così abbiamo proposto di prendere in mano il museo in questo palazzo, restaurarlo e rinnovarlo” ha spiegato l’assessore Giovanna Botter.
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“Tutto ciò che rappresenta la storia, soprattutto della Prima guerra mondiale e del Monte Grappa, è da valorizzare – ha aggiunto il sindaco Annalisa Rampin, – Avendo una squadra di esperti, capitanati da Lorenzo Capovilla, siamo certi che tutto ciò che c’è scritto su quel libro è effettivamente certificato: la storia del Grappa dev’essere non romanzata, ma conosciuta nei fatti storici”.
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“Il professor Marro era anche molto bravo a coinvolgere le persone nel suo progetto – ha affermato il professor Francesco Tonelli – Questo mi ha colpito molto: anche se l’idea è buona, può capitare che in scenari come questo non si riesca ad applicarla. Marro teneva unite le persone”.
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Essendo la sanità di provincia un elemento sensibile nel circondario del Grappa, al professor Tonelli facciamo anche un’altra domanda: “Secondo lei quest’esperienza, sebbene distanti da quei periodi sanguinosi (almeno per quanto ci riguarda) può darci un suggerimento anche per la medicina “civile” moderna?”
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“Leggendo questi resoconti, si comprende quanto fosse importante la visita clinica, l’esame obiettivo. La visita del ferito era essenziale per quei tempi, ma lo sarebbe anche oggi – spiega il professor Francesco Tonelli – Marro operava praticamente senza alcuna tecnologia, ma aveva la capacità di rianimare un paziente. Probabilmente, credeva nella chirurgia molto più di quanto invece si creda oggi”.
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(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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