Donne del Novecento: dialogo su beata Armida Barelli, una rivoluzionaria d’altri tempi

L’universo femminile e il profilo di Armida Barelli, una figura di donna che fu in grado di segnare la storia italiana anche da un punto di vista civile, sono stati al centro di una conversazione andata in scena venerdì sera, negli spazi antistanti l’oratorio di San Romano a Negrisia di Ponte di Piave.

“Una serata di conoscenza” dell’universo femminile dei primi anni del Novecento fino alla figura di Barelli, divenuta beata lo scorso 30 aprile, che ha coinvolto don Gianni Biasi, “padrone di casa” e conduttore del dialogo tenuto dai relatori Maria Teresa Tolotto e Marco Zabotti, rispettivamente responsabile dell’archivio storico del Duomo di Oderzo e direttore scientifico dell’Istituto diocesano “Beato Toniolo. Le vie dei Santi” di Pieve di Soligo.

Il tutto, con l’accompagnamento musicale dell’arpa di Tiziana Tornari, quest’ultima concertista e docente al conservatorio Pollini di Padova, e alla presenza di ospiti come Ornella Vanzella De Conto, presidente dell’Azione Cattolica diocesana di Treviso, Gianni Bordin, presidente dell’Unci Treviso, e Serenella Lorenzon, commendatore di Negrisia.

Maria Teresa Tolotto ha aperto il dialogo, guidando il pubblico in una vera e propria esplorazione attraverso l’orizzonte femminile dei primi anni del Novecento, uno scenario precario ma che allo stesso tempo ha consentito di gettare le basi per quelle conquiste di cui le donne oggi possono fortunatamente godere. Un’esplorazione attraverso i tempi andati, però, che è stata funzionale alla comprensione dello scenario socioculturale in cui Armida Barelli ha vissuto e operato.

“Credo sia difficile chiudere l’argomento in una sola serata, vista la sua vastità – ha esordito Tolotto – Se pensiamo alle donne di inizio secolo, dobbiamo pensare a delle figure femminili che arrivano dall’Ottocento. La loro tipologia di vita variava a seconda della zona d’Italia in cui vivevano: ecco quindi l’importanza dell’area geografica in questo senso”.

A tal proposito, Tolotto ha ben differenziato quelle che erano le abitudini delle donne nel Nord Italia, dedite alla famiglia ma coinvolte anche nel lavoro dei campi, e nel Meridione, dove la lontananza delle campagne stesse faceva sì che la loro coltivazione fosse un lavoro prettamente maschile, mentre alla sfera femminile spettava esclusivamente la cura dell’ambiente domestico.

Un universo di abitudini che inizia a mutare con l’avvento delle nuove scoperte scientifiche, che portano con sè rinnovati saperi, inedite consapevolezze e mode diverse dalle precedenti, fino al Primo conflitto mondiale, un periodo complesso e psicologicamente faticoso per tutti: molte spose rimarranno vedove e dovranno sobbarcarsi sulle proprie spalle la gestione della casa, altre donne invece saranno vittime di angherie e violenze, senza trovare poi alcun sostegno da parte della società del tempo ma vivendo quasi da colpevoli quanto vissuto.

Condizioni di vita che provocheranno una maggior consapevolezza nell’animo delle donne, le quali cominceranno a lavorare nelle fabbriche mentre, specialmente le più abbienti, inizieranno a concepire un maggior desiderio di partecipazione alla vita politica, contribuendo a un certo attivismo religioso sul territorio. Lo stesso territorio di Negrisia ha assistito all’operato di alcuni profili di donna indipendenti, capaci di sapersi distinguere nel proprio lavoro.

Uno scenario nel quale, allargando gli orizzonti geografici, ha saputo dare esempio beata Armida Barelli, una rivoluzionaria d’altri tempi e una figura in grado di tracciare “un discrimine tra la donna dell’epoca precedente e quella degli anni successivi”, secondo il racconto fornito da Marco Zabotti.

Nata nel 1882 da una famiglia della borghesia milanese, studierà in un collegio svizzero per poi dedicarsi all’aiuto degli orfani e dei figli dei carcerati, divenendo poi nel 1919 (per nomina papale) presidente nazionale della Gioventù femminile, un’esperienza che aveva avviato a Milano due anni prima.

Tanto fu il suo contributo nella società e i compiti ricoperti, oltre all’impegno nella promozione di convegni, pellegrinaggi e attività sociali, ma è ricordata anche e soprattutto per essere stata cofondatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, una realtà inaugurata il 7 dicembre 1921 (esperienza per la quale aveva avuto modo di incontrare Giuseppe Toniolo). Armida Barelli mancherà il 15 agosto 1952.

“Ebbe la vocazione di diventare la ‘sorella maggiore’ delle donne cattoliche italiane – ha spiegato Marco Zabotti, sottolineando la capacità di questa figura femminile di tracciare dei percorsi – Fu sostenitrice del voto alle donne e del fatto che la donna stessa, in ogni spazio e in ogni luogo, dovesse avere la possibilità di esprimersi“.

“Una donna che ha osservato la tradizione unita all’innovazione – ha proseguito – La rete di relazioni, che seppe costruire nel tempo, fu la sua forza”.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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