Il giornalista Pierluigi Battista a “Pieve Incontra”: “Il segno della libertà di stampa è nella pluralità dell’informazione”

Lo scorso martedì 4 febbraio 2020, l’auditorium “Battistella Moccia” di Pieve di Soligo, in piazza Vittorio Emanuele II, ha ospitato Pierluigi Battista per un nuovo appuntamento della rassegna “Pieve Incontra 2020”, condotta dalla giornalista trevigiana Adriana Rasera.

Battista, noto editorialista del Corriere della Sera, è stato invitato per parlare del suo libro “Libri al Rogo”, un approfondimento sulla difesa della tolleranza e della libertà di pensiero.

Dalla sua analisi, sorge spontanea la riflessione sulla dimensione che stiamo vivendo oggi in Occidente: al rogo dei libri, infatti, sembra essersi sostituita una cesura sottile ma implacabile.

In Italia alcuni argomenti rimangono un tabù e il “politicamente corretto” offusca in più di un’occasione la ricerca della verità a vantaggio della presentazione di tesi sostenute solo dalle “schiere” più influenti della società.

Politica e religione, finto volontariato e consumismo sfrenato condizionano i paradigmi di ciò che può essere raccontato e il lavoro del giornalista, nonostante le tutele formalmente presenti, diventa sempre più difficile.

Scrivere la verità è davvero possibile in Italia? Andare contro i poteri forti è consentito se non hai le spalle coperte? Il voler raccontare entrambe le facce della medaglia viene percepito come una conquista della democrazia o come l’inutile lavoro del “cronista sognatore 2.0”?

“Il modo di fare giornalismo si è trasformato attraverso i social – spiega Battista – con l’immediatezza delle informazioni, la moltiplicazione delle fonti e la loro incontrollabilità, senza dimenticare le fake news. La parte positiva di questo cambiamento è che nella moltiplicazione delle fonti c’è la possibilità di una riduzione dei monopoli”.

“Io” giornale non posso più censurare una notizia perché tanto è talmente vasta e vivace la platea che io devo per forza dare quella notizia lì. La censura è ancora molto forte ma dobbiamo distinguere tra le dittature, dove non è possibile pubblicare un libro o avere un giornale indipendente, e i Paesi Occidentali dove ci sono delle autocensure”.

“Oggi c’è una certa tendenza ad una censura lessicale un po’ esagerata – prosegue l’editorialista del Corriere della Sera – Negli Stati Uniti, per esempio, alcune università americane hanno censurato Shakespeare, Eschilo, Sofocle e la tragedia greca perché vengono descritti degli stupri e questa cosa viene identificata come una forma di incentivo alla violenza. Altri episodi si sono riscontrati in Italia ma sono forme di censura stupide”.

battista

Il segno della libertà della stampa e dell’informazione – prosegue – è nella pluralità dell’informazione. Non è nella bontà dei singoli editori che possono essere indulgenti nei confronti dei loro giornalisti ma nel fatto che, se io sono giornalista di una certa testata e in quella testata non posso scrivere delle cose che invece vorrei scrivere, io posso andare in un’altra testata“.

“Questo è il segreto della libertà di stampa: non è un problema di bontà ma di moltiplicazione di opportunità. Essendoci maggiore moltiplicazione – conclude – probabilmente c’è più possibilità della libertà. Poi, ovviamente, esiste una crisi strutturale dei giornali: gli stessi chiudono, il mercato si riduce e, quindi, questo discorso tende a vanificarsi ma non per colpa dei social”.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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