L’Accademia italiana della vite e del vino arricchisce ulteriormente il suo palmares di studiosi con la recente nomina ad accademico del presidente dell’Unione armeni d’Italia, Baykar Sivazliyan.
Nato ad Istanbul ma cresciuto a Venezia, città che vanta rapporti secolari con la civiltà armena, comincia a insegnare storia armena al Collegio Armeno Moorat-Raphael di Venezia nel 1979, dopo essersi diplomato nello stesso istituto. Dal 1981 insegna lingua e filologia armena all’Università Statale di Milano, e dal 1999 al 2006 ha insegnato lingua e letteratura turca presso l’Università del Salento.
Il legame tra il professor Sivazliyan e la vite è particolarmente stretto, se consideriamo il luogo in cui la vitis vinifera è nata: la sua storia affonda, infatti, le sue radici proprio in terra d’Armenia.
“I primi che si sono messi a produrre questo nettare che è il vino con metodi che chiamiamo moderni sono stati proprio gli armeni – chiarisce Sivazliyan – Attraverso la conoscenza degli armeni della diaspora, i primi però che sono arrivati in Armenia dall’estero erano degli enologi veneti. Sono stati molto attenti a incrementare la produzione in questa terra, non solo perché conoscevano dal punto di vista culturale quella civiltà, ma anche perché hanno portato dei macchinari moderni per poter vinificare nel modo più rapido possibile, evitando anche eventuali incidenti durante i lavori di cantina”.
In Armenia si coltivano quasi 200 vitigni diversi e alcuni di questi sono utilizzati per produrre vini, che negli ultimi decenni, grazie anche alla collaborazione di viticoltori ed enologi italiani, hanno migliorato sensibilmente la loro qualità.
“Oggi il commercio del vino armeno è una voce essenziale per i profitti dello Stato, ma anche per poter modernizzare sempre di più questo piccolo paese che è circondato da realtà non sempre amiche, che cercano in ogni modo di impedire l’esportazione del vino, attività che non è per niente semplice – spiega il professore – Però dobbiamo sapere anche che oggi il vino armeno viene esportato fino agli Stati Uniti e Argentina, e questo lo dobbiamo anche a singoli armeni della diaspora che hanno capito che il nostro vino ha un grande valore”.
Il vino più pregiato tra quelli della produzione vinicola armena è l’Areni, la cui storia si intreccia indissolubilmente con quella dell’origine della vite. Nel 2011 è stata infatti ritrovata dall’archeologo armeno Boris Gasparyan una grotta proprio nel villaggio di Areni, poi etichettata come “la più antica cantina del mondo”, completa di utensili di vinificazione risalenti a oltre 6100 anni fa.
“Entrare a far parte dell’Accademia italiana della vite e del vino è soprattutto un grande onore. Sento di essere il portatore della tradizione armena così legata all’Italia e al Veneto – conclude il professor Sivazliyan- Mi ha permesso anche di entrare in contatto con un pezzo della società italiana, quella degli studiosi e amanti del vino, guadagnando delle amicizie eccezionali”.
A consegnare il diploma di accademico al professore è stato l’avvocato Danilo Riponti, che ha sottolineato come l’Accademia abbia voluto fortemente questo nuovo membro, che rappresenta un legame storico e intellettuale con l’origine della vitis vinifera e quel lembo di terra caucasica da cui è partita l’avventura del vino.
(Fonte: redazione Qdpnews.it).
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