L’ex viceministro dell’Economia Zanetti boccia i provvedimenti del governo ad aprile: “Si è perso per strada”


In un’intervista concessa a Qdpnews.it, l’esperto fiscale Enrico Zanetti, ex viceministro al Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha commentato i provvedimenti del governo Conte per far fronte all’emergenza economica legata agli effetti della pandemia da Coronavirus.

Zanetti non ritiene sufficienti le misure predisposte dal governo anche se al momento è stato utilizzato per intero lo scostamento di bilancio che il Parlamento ha autorizzato.

“I 55 miliardi di indebitamento netto vengono utilizzati tutti – spiega il dottor Enrico Zanetti – Ci sono alcune misure sicuramente importanti e, finalmente, anche misure di aiuto alle imprese a titolo definitivo e non soltanto delle garanzie perché le imprese si indebitino. Questo a fianco di misure che già da marzo erano state messe sul fronte dell’assistenza ai lavoratori, della cassa integrazione e quant’altro. È chiaro che, rispetto ai decreti precedenti (si riferisce a quelli prima del “Decreto Rilancio”), avendo molto più spazio di bilancio su cui agire, si fanno più cose. In alcuni casi il governo le fa in un modo onestamente abbastanza confuso e in altri casi crea anche delle odiose discriminazioni”.

“Ad esempio – prosegue -, sul fondo perduto alle imprese vengono compresi anche artigiani e commercianti ma, viceversa, vengono lasciati fuori i professionisti, nonostante in questi mesi i professionisti nei loro studi abbiano subito perdite esattamente come gli artigiani nei loro laboratori e i commercianti nei loro negozi. Se uno ha subito perdite è giusto che abbia il fondo perduto, se uno non le ha subite è giusto che non lo abbia: la discriminazione non può essere categoriale. In merito alla ripresa, rimarremo tutti in una sorta di situazione sospesa in cui si vive giorno per giorno almeno fino al prossimo ottobre”.

“Fino a quando non è chiaro se questo dannato virus ripartirà – precisa Zanetti – e se, nel caso in cui riparta, la risposta sanitaria sia adesso in grado di evitare nuovi lockdown, è evidente che non si può pensare che qualche impresa faccia più dell’ordinario. Investimenti e sguardi lunghi in questo momento neanche i sognatori e i coraggiosi possono permetterseli. L’importante è cercare di passare almeno questi mesi estivi al meglio possibile e sarebbe fondamentale che il turismo riparta già da metà giugno, al massimo ai primi di luglio. A marzo, secondo me, il governo ha fatto quello che doveva fare perché serviva il lockdown anche per una presa d’atto collettiva. Ha fatto un primo provvedimento ovviamente insufficiente ma appunto immediato ed emergenziale come il “Cura Italia”. Quindi a marzo il governo merita di essere promosso”.

Ad aprile – continua -, invece, si è drammaticamente perso per strada. Da un lato sul fronte della gestione sanitaria ha continuato a vivere in una sorta di sogno e di attesa che il virus potesse scomparire, mentre era evidente che bisognava da subito lavorare a una fase di convivenza. Per questo ho trovato ridicole le mostruose accuse che sono state mosse a chi, come Matteo Renzi, già nella prima decina di aprile diceva “cominciamo già a lavorare per l’apertura”: era esattamente quello che andava fatto, non per aprire il giorno dopo ma per portarsi avanti con il lavoro. Invece il governo ad aprile è entrato in un limbo di attesa e anche sul fronte della gestione economica non ha fatto nulla perché ha fatto un ridicolo “Decreto Liquidità” che sembra quasi una presa in giro con quel nome visto che era un decreto a saldo zero (lo dicono le relazioni tecniche del governo stesso)”.

“Poi è arrivato lungo fino a metà maggio con questo decreto da 55 miliardi che finalmente mette delle risorse – aggiunge Zanetti – ma le mette con grave ritardo in una questione dove anche il tempo è un fattore non secondario. In tutto questo c’è l’aspetto europeo: con il suo tergiversare l’Europa ha sicuramente indotto il nostro governo ad essere ancora più attendista perché è stata una gara a chi attendeva l’altro. Anche in questo, l’Europa ha le sue responsabilità ma d’altro canto sappiamo benissimo che abbiamo un’Europa degli Stati e non un’Europa dei popoli, non un’Europa parlamentare ma un’Europa consiliare dove comandano i vari governi”.

“In una fase storica come questa – prosegue -, dove anche i governi non sovranisti hanno però delle opinioni interne sovraniste forti a cui rispondere, è ovvio che c’è la gara, soprattutto dai Paesi che non hanno bisogno di aiuti ma dovrebbero erogarli, a mostrarsi inflessibili. Io comunque sono ottimista e credo che la chiusura come l’abbiamo vissuta non sarà più necessario viverla. Ora siamo tutti più corazzati psicologicamente e, se in autunno dovessero vedersi dei brutti segnali, la risposta collettiva sarà comunque diversa da quella vista in passato. Tutti questi elementi, uniti al fatto che spero che il governo abbia effettivamente potenziato la risposta del sistema sanitario, credo ci possano rendere ottimisti”.

“Detto questo – precisa l’esperto fiscale Zanetti – comprendo che gli imprenditori, anche quelli più coraggiosi come quelli del Nord-Est, fino a ottobre possono spingere il loro coraggio fino a mantenere aperte le loro aziende e farle lavorare nel day by day. Chiedere addirittura già adesso di pensare al dopo, prima di aver superato questo passaggio, è veramente troppo: il coraggio diventerebbe forse addirittura avventatezza. L’importante intanto è passare questi mesi gestendo la propria azienda nel quotidiano al meglio, non perdendo quote di mercato a favore di altri soggetti e gestendo gli aspetti sanitari e di prevenzione”.

“Di questo – continua -, naturalmente, il governo dovrà dare chiarezza ai datori di lavoro perchè queste vicende legate alle responsabilità penali per i contagi sono follia pura in un contesto in cui bisogna invece spingere alla ripartenza. Sulle linee guida credo che l’Inail abbia fatto un danno enorme rispetto a quella che è la sua missione. Perché se tu affidi a un comitato tecnico scientifico, composto dall’Istituto Superiore di Sanità, e dai all’Inail il compito di dare delle indicazioni è chiaro che il ruolo del primo è quello di immaginare l’ottimo teorico mentre il compito dell’Inail è quello di coniugare l’ottimo teorico con il pratico e con il buono, sapendo che l’ottimo è nemico del buono. Cosa ha fatto l’Inail? Non ha fatto niente perché quello che è uscito sono state delle linee guida assolutamente astratte, impraticabili e ingestibili che poi la stessa Inail, di fronte alla levata di scudi, ha dovuto dire che erano delle indicazioni di massima. Se io fossi stato al governo, e quelli dell’Inail mi avessero scaricato una patata bollente del genere, non li avrei mandati a zappare nei campi ma solo per un motivo: perché per andare a zappare nei campi bisogna essere capaci”.

Le Regioni in questo hanno svolto un ruolo di buon senso e di avvicinamento – conclude -, però per gli imprenditori restano centrali adesso degli interventi di carattere normativo che chiarifichino bene anche il campo delle responsabilità. L’Inail, dopo aver fatto uscire quelle linee guida generali di pura indicazione, può anche dire “non erano quelle” ma se restano sul campo, in assenza di un quadro normativo chiaro, chi ce lo dice che poi magari un giudice un domani non le prenda a riferimento per dire che non è stato fatto dal datore di lavoro tutto quello che poteva essere fatto? Ormai il danno è stato determinato: serve un intervento normativo che dia sicurezza da questo punto di vista agli imprenditori”.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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