Questa è la storia di Anna e Santino, fondatori di quello che quarant’anni fa esatti (il 27 gennaio 1984) divenne il Pastificio da Anna e che oggi è, dopo varie trasformazioni, l’Osteria Al Portego, in piazza Caduti nei Lager a Pieve di Soligo: una storia caratterizzata, nella sua semplicità, dai calli sulle mani di una famiglia resiliente, che ha creduto nel proprio lavoro anche quando nessun altro lo faceva.
Mentre stendono la pasta, stampano i tortellini, preparano i ripieni e chiudono i ravioli, Anna, Santino e Sandro, che da oltre un decennio ha preso il loro posto alla guida dell’attività, ci raccontano il loro viaggio, tra coraggio, tradizione e un pizzico di sana ingenuità.
La signora Anna nacque e crebbe a Cingoli, un incantevole borgo delle Marche tra i più belli d’Italia, tra architetture risalenti all’epoca dell’Impero Romano e la migliore tradizione della pasta fresca. A Parigi, dove era andata a lavorare, la fanciulla marchigiana conobbe il giovane ed energico Santino, la cui sorella si era fidanzata con suo fratello. Per un periodo Anna tornò nelle Marche ad assistere un famigliare, per poi accontentare Santino e ritornare in pianta stabile nel Quartier del Piave.
Santino all’epoca faceva il carrozziere e, in particolare, il verniciatore: un mestiere che si rivelò pericoloso per la sua salute, ragion per cui il medico gli vietò di continuare a praticarlo. Per mantenere una famiglia, per comprare una casa, per sostenere le spese, però, c’era bisogno di un reddito, così Anna propose di aprire un negozio di pasta fresca.
Trovato uno stabile in via Sartori, comprarono tre macchine per la lavorazione della pasta, pagando la bellezza di 25 milioni per la prima e 11 milioni per le altre due. Oggi potremmo definirle “leggendarie” perché ancora in funzione dopo milioni di impasti lavorati.
Tutto il resto del lavoro veniva fatto a mano, alzandosi alle due di notte e lavorando senza sabati né domeniche. Per un periodo andarono a lavorare in un pastificio per imparare a lavorare con quelle macchine: Santino, oggi, saprebbe smontarle e rimontarle bendato.
Il riscontro, in paese, non fu quello sperato: acquistare la pasta fresca non era d’usanza a Pieve di Soligo e nemmeno ai ristoranti interessava particolarmente. “Portamela” dicevano, per poi non farsi più sentire. Quando poi qualche mese dopo via Sartori, per un cantiere, fu chiusa “temporaneamente” (per otto mesi) per l’attività fu devastante.
“Non devi mai pensare che non ce la fai” diceva il cognato ad Anna e, in qualche modo, quel consiglio ha funzionato. Sull’orlo del collasso finanziario, con le macchine ancora da pagare, la famiglia riuscì a mantenere i figli, Patrizia e Sandro, e dare loro un’educazione, oltre che a sostenere l’acquisto di una casa, per un’opportunità che non avevano voluto lasciarsi sfuggire. “Mio cugino mi prestò otto milioni di lire – ricorda Anna, commossa – e ne volle indietro solo quattro. Quella volta ci ha salvati”.
Col tempo la famigliola si spostò in via Garibaldi, più vicini al centro, e riuscì grazie a un professore di Pesaro a far conoscere la loro pasta fresca all’Hotel Terme di Vittorio Veneto, con il quale riuscirono a creare un’ottima collaborazione.
“Avete fatto un salto nel vuoto” disse loro in quell’occasione, prima di presentarli al direttore del Terme.
Le cose iniziarono ad andare per il verso giusto, tanto che tra il 2005 e il 2006, arruolato nella gestione anche Sandro, la famiglia decide di comprare i locali di quello che oggi è conosciuto come Al Portego, affiancando l’osteria alla produzione di pasta fresca. In quegli anni affrontarono, come ricorda Santino, anche la concorrenza spietata dei supermercati.
Sandro, che ora guida il locale con il suo staff e incoraggiato dalla propria famiglia, è convinto che l’ingrediente vincente stia nelle mani dei suoi genitori e, di conseguenza, anche nelle sue: in quell’artigianalità che trasforma il prodotto conoscendone tutto fin dall’inizio.
Mentre lavora gli impasti, con velocità e precisione, ci racconta che il suo è un mestiere vario e mai ripetitivo: “Dopo tanti anni mi piace ancora. Facciamo tante sperimentazioni e qui abbiamo anche la possibilità di impiattarle – spiega, mentre prepara un piatto – Devo ringraziare i miei genitori, ma anche i tanti clienti che ci hanno dato fiducia in questi anni”.
“Abbiamo visto tanti negozi chiudere. Soltanto pochi sono sopravvissuti. Oggi siamo contenti di quello che abbiamo fatto. Non abbiamo fatto grandi cose, ma ce l’abbiamo fatta. Dopo tutti quei sacrifici, dopo tutta quella fatica – e mentre parla la signora Anna volge lo sguardo anche lo staff, la famiglia di Sandro, alle vetrine del locale – poi non ci mancato più niente”.
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