Refrontolo può annoverarsi tra le località protagoniste della scrittura estera. A rendere noti alcuni dettagli di tale aspetto è stato Flavio Nardi, titolare della libreria “La Pieve” di Pieve di Soligo: Nardi ha infatti segnalato sui social il ritrovamento della poesia “Aching” (“Dolore”) della poetessa sudafricana Karen Press, dove viene citato proprio Refrontolo tra i versi.
Karen Press nasce nel 1956 in Sudafrica, a Città del Capo. Nel 1987 diviene cofondatrice della casa editrice collettiva “Buchu Books”. Oltre a ciò, è stata autrice di almeno otto volumi di poesia, ma si è occupata anche della stesura di racconti e di testi per la scuola.
Nardi ha pubblicato sui social i versi della poetessa, con la loro traduzione dove, a metà del testo, si trova il riferimento proprio a Refrontolo: “se nel cielo che sovrasta Refrontolo / un satellite potesse scovarmi, fotografarmi, / e mostrare la mia foto alle genti di New York / questi si accosterebbero allo schermo affascinati dal mio dolore / a tanta distanza”.
Un riferimento che non era noto tra la comunità di Refrontolo, ha fatto sapere il sindaco Mauro Canal una volta informato della questione, il quale però ha raccontato che il nome del paese risulta citato anche all’interno del romanzo “I disertori” dello scrittore ungherese Lajos Zilahy (1891-1974), la cui prima edizione risale al 1932.
Zilahy visse per alcuni decenni anche negli Stati Uniti, fu scrittore teatrale e alcuni dei suoi romanzi vennero trasposti su pellicola. Con la sua scrittura, l’autore si concentrò specialmente nel descrivere e analizzare la classe media ungherese, con tutti i suoi problemi di carattere sociale e morale.
Nel romanzo “I disertori” c’è un riferimento allo scenario cupo assunto dal paese di Refrontolo durante la Grande Guerra, poi sfumato nel tempo. Viene fatto riferimento alla presenza di soldati stranieri, che hanno stravolto alcune delle attività tipiche del paese.
È il caso del panificio – drogheria trasformato in comando militare, pur esibendo ancora le insegne “Vendita di pane” e “Generi coloniali”. Ma non manca neppure un riferimento all’osteria “Antica trattoria Piol”.
“Attigua a questa casa (il panificio ndr) era l’osteria che portava il nome di ‘Antica trattoria Piol’ – si legge tra le pagine del romanzo – Era un piccolo edificio malandato e sudicio, ma il sudiciume che lo circondava era pittoresco e romantico; una quantità di garrule gabbie d’uccelli appese sopra la porta d’entrata dava alla casa un tono caldo e invitante”.
E ancora, “sulla porta dell’osteria poi, era stata attaccata una tabella di cartone con l’iscrizione ungherese: Orszoba (Corpo di guardia)”.
Sull’atmosfera del paese durante la Grande Guerra, lo scrittore ungherese tratteggia uno scenario particolareggiato: “L’umore gaio, ridente e rumoroso del piccolo villaggio italiano, s’era fatto rigido, ostile, – per le innumerevoli iscrizioni militari in lingua straniera, – si legge – per le armi immagazzinate nei locali del corpo di guardia, per i visi cupi ed accigliati degli ufficiali che entravano ed uscivano dal portone della panetteria trasformata in comando militare, per quel silenzio ufficiale che regnava intorno al malandato edificio, come sempre e dappertutto nelle vicinanze di sedi militari in tempo di guerra”. Successivamente, l’atmosfera muta il suo aspetto: “Ma ora la vita era di nuovo sbocciata nella strada rumorosa ed effervescente – scrive l’autore -. Dal cortile d’una casa si udiva il suono di un’armonica ed alcuni soldati, formato un piccolo gruppo, cantavano una canzone ungherese, stiracchiandone discretamente gli ultimi accordi”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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