1° maggio 1797: Napoleone dichiara guerra a Venezia. Da quasi un anno, le truppe francesi ed austriache imperversavano nel Trevigiano. Le ostilità colsero di sorpresa la città lagunare, che ottusamente ed ostinatamente pensava che i venti bellici non si sarebbero mai concretizzati.
Il 2 maggio, Napoleone in persona arrivò a Treviso. Entrò nella città insediandosi in una locanda poco distante da Sant’Agostino, e qui gli venne incontro il Provveditore della Serenissima, Angelo Giustiniani. Il colloquio che ne seguì, raccontato da numerosi storici, è un fulgido esempio di “ultimo ruggito” del Leone di San Marco contro il nemico. Davanti a Napoleone che senza mezzi termini gli disse di abbandonare Treviso, il magistrato veneziano si dichiarò ostaggio veneto, suscitando una forte impressione nel generale corso, che promise al Giustiniani di mantenere intatti i suoi beni, ma egli con ulteriore coraggio consegnò la spada e partì per Venezia a riferire quanto accaduto, non prima di aver ricevuto dai Provveditori trevigiani la dichiarazione di fedeltà alla Serenissima.
Sulla via del ritorno, a Mestre, rincontrò Napoleone e la delegazione veneziana composta da Francesco Donà, Leonardo Giustiniani, e Alvise Mocenigo, che informarono il generale francese della decisione veneziana di abolire l’aristocrazia. Una scelta drastica, alla quale mancava l’approvazione del Maggior Consiglio, verso cui Bonaparte si atteggiò da padrone della situazione pretendendo il disarmo completo, la liberazione dei prigionieri politici, l’arresto degli inquisitori di Stato; in aggiunta, beffardamente, si accordò per un armistizio. Il 3 maggio Giustiniani scrisse una lettera alle autorità veneziane in cui traspare il grande sforzo da lui compiuto per cercare di mettere fine alle ostilità. Oramai mancava poco più di una settimana e mezza alla fine della Serenissima.
Il fenomeno della caduta è stato ed è analizzato tutt’oggi perché lascia perplessi il sapere che la città lagunare poteva disporre di duecento navi, di pezzi d’artiglieria, e di 15.000 uomini ben armati. In ogni caso, il Doge capì che i tempi stringevano, e fissò alla sera del 12 la seduta del Maggior Consiglio. Pur mancando il numero legale, con 512 voti su 527 presenti, fu dichiarata ufficialmente la fine della Repubblica su base aristocratica. Un paio di giorni dopo, Napoleone inviò 4.000 armati a Venezia, raggiungendola nella notte tra il 14 e il 15. Il Doge abdicò nelle stesse ore, e il 16 maggio le maggiori cariche dell’ex Repubblica giurarono fedeltà alla Municipalità provvisoria.
In quelle stesse ore, in Piazza dei Signori a Treviso veniva impiantato l’albero della libertà, mentre i Leoni marciani venivano scalpellati via dalle Porte, dai monumenti, dalle colonne. Balli, feste e spettacoli furono dati al Teatro Dolfin: sembra quasi di rivedere la scena del film Il marchese del grillo (1981) quando, nella Roma papalina occupata dai francesi, si danno festeggiamenti a cui viene invitata tutta la popolazione.
Tra il 1797 e i quindici anni successivi, Treviso vedrà numerose volte l’alternarsi del dominio austriaco e napoleonico, apprestandosi a cominciare una nuova fase della sua storia, che porterà nel XIX secolo ai moti del 1848 e l’annessione al Regno d’Italia. Ma nulla di tutto questo all’inizio dell’Ottocento pare trasparire e la gente si limita a fare quello che ha sempre fatto, maturando lentamente dentro di sé i valori che la Rivoluzione francese aveva diffuso in tutta Europa.
(Testo e foto: Davide De Cia).
#Qdpnews.it