Solo il 6% delle imprese trevigiane del terziario ritengono che l’uso del Green pass le abbia danneggiate, il 56% dà una valutazione positiva sulla tenuta dei ricavi anche con il certificato verde, mentre il 38% si mantiene in una posizione neutra. Quindi oltre la metà degli operatori della ristorazione, pubblici esercizi, servizi e turismo della provincia di Treviso dimostra di apprezzare la misura più discussa adottata dal Governo per contenere la quarta ondata pandemica.
Inoltre, l’85% degli imprenditori afferma di approvare l’introduzione obbligatoria per tutti i lavoratori. Il 66% della stessa categoria si è detto soddisfatto dell’azione governativa in materia di emergenza sanitaria ed economica. Altro dato significativo, legato alla pandemia: le aperture di nuove imprese sono in aumento (+38%), nonostante non siano del tutto risolti gli effetti negativi dovuti al primo lockdown.
Sono alcuni dati emersi dal primo report 2022 dell’Osservatorio congiunturale sul terziario, ricerca condotta da Format Resarch su iniziativa di Unascom-Confcommercio e Banca Prealpi SanBiagio.
L’Osservatorio, nato lo scorso anno, ha lo scopo di fotografare l’economia del terziario nella Marca trevigiana, raccogliendo valutazioni e dati oggettivi direttamente dagli imprenditori. La ricerca è stata condotta lo scorso mese di gennaio, con interviste effettuate su un campione di 500 imprese associate nei mandamenti di Treviso, Oderzo, Castelfranco Veneto e Vittorio Veneto.
Cinque i temi affrontati: il clima di fiducia, la congiuntura economica, la disponibilità di liquidità e il credito, la gestione dell’emergenza, l’impatto della criminalità sul tessuto delle imprese, a cui è stata aggiunta la valutazione di esercenti e commercianti sul Green pass.
I risultati della ricerca sono stati presentati oggi giovedì nel Palazzo del Terziario di Treviso dalla presidente di Unascom-Confcommercio, Dania Sartorato, insieme al segretario Fabio Marcolin, da Francesco Piccin, capoarea di Banca Prealpi SanBiagio, l’istituto di credito cooperativo che sostiene l’Osservatorio congiunturale, e Pierluigi Ascani presidente di Format Research. All’incontro era presente Roberto Calugi, direttore nazionale della Fipe (Federazione pubblici esercizi), a cui aderiscono più di 120 mila associati di Confcommercio.
Dagli imprenditori intervistati emerge un cauto senso di fiducia, nonostante la ricerca sia stata effettuata mentre la quarta ondata del Covid-19 stava segnando il picco più alto, con la provincia di Treviso terza in Veneto per numero di contagi e tra le più colpite a livello nazionale. Al 31 dicembre 2021 le attività del terziario erano 41.539, il 64% dell’intero tessuto imprenditoriale extra agricolo. Lo scorso anno ha fatto riscontrare un aumento dei consumi (+5,1%), dato confortante ma lontano dalle performance del pre-pandemia. Sono diminuite le cessazioni d’impresa:-11%, traducibili in 1248 aziende, – 160 rispetto alle 1408 del 2020.
Diminuzione che si accompagna all’aumento di nuove attività avviate, che sono state 925, ovvero 253 in più rispetto alle 672 dell’annus horribilis 2020. Nonostante il congelamento del numero delle imprese che chiudono, il commercio registra già un calo di 107 imprese attive in meno rispetto a due anni fa.
Migliorato il clima di fiducia a gennaio e in prospettiva sul mese di marzo, anche se c’è ancora un comprensibile atteggiamento di cautela in attesa della flessione della diffusione pandemica e dalla fine dello stato di emergenza. E’ pari a 45 il dato della fiducia espresso dagli imprenditori nostrani del terziario, superiore al dato medio nazionale che è di 43. La congiuntura economica rileva un sensibile aumento dei ricavi rispetto al marzo 2021 (44 contro il 27 precedente), tendenza destinata a migliorare anche nei primi mesi del 2022. L’occupazione è in ascesa, in base all’indicatore prospettico pari a 50 anche nel marzo di quest’anno.
Liquidità, accesso al credito, tempi di pagamento offrono un quadro composito. Le aziende del terziario hanno migliorato la capacità di far fronte alle proprie necessità finanziarie, con un dato però ancora lontano dagli anni pre-Covid (43 contro 63). C’è una certa preoccupazione per la tenuta dei ricavi, se dovessero proseguire le restrizioni; le attività più in difficoltà sono bar e ristoranti, così come mostra segni di sofferenza il comparto trasporti-logistica per l’aumento delle materie prime ed energetiche. Negli ultimi tre mesi del 2021 il 40% delle imprese si è rivolto alle banche per chiedere affidamenti, finanziamenti o rinegoziazioni.
L’80% di questi ha ottenuto interamente il credito richiesto. Solo il 10,9 lo ha avuto in maniera inferiore. Se timori si avvertono, sono quelli legati alla tenuta della legalità in una situazione di difficoltà economica delle imprese: il 65% dei pubblici esercenti teme la diffusione dell’usura, mentre il 56% teme che aumentino i tentativi delle trame criminali di impadronirsi della attività commerciali. Però, il 61% degli intervistati sporgerebbe denuncia o si rivolgerebbe alle associazioni di categoria.
“La fotografia dell’osservatorio ci dice che il tessuto economico ha resistito e che è in grado di agganciare la ripresa. Sta a noi rappresentanti dei corpi intermedi accompagnarla e sostenerla”, dice Dania Sartorato, “Certo le preoccupazioni non mancano e faremo molta attenzione soprattutto per quanto riguarda i timori per le infiltrazioni malavitose e la carenza di liquidità. I nostri imprenditori hanno dimostrato maturità, capacità di autofinanziarsi e senso di comunità”.
Francesco Piccin ha sottolineato la validità dell’Osservatorio per avvicinare il terziario, associazioni di categoria e il mondo del credito cooperativo, rilevando che c’è ancora bisogno del sostegno bancario per far fronte alla crisi di liquidità , nonostante il fatto che 4 imprese su 5 abbiano ottenuto il credito richiesto. La ricerca ha confermato il terziario quale settore di punta della Marca, che dimostra fiducia, volontà di ripartire e resilienza, ha detto Ascani, anche se le imprese del commercio e i pubblici esercizi non sono ancora fuori dal guado della crisi e se i consumi stentano a ripartire.
Roberto Calugi, forte dell’esperienza nazionale della Fipe, ha ribadito che il Green pass è stato uno strumento utile per tenere gli esercizi italiani aperti, altrimenti l’unica alternativa sarebbe stata la chiusura. “E’ servito sicuramente ad incentivare la campagna vaccinale, però ora sta esaurendo la sua funzione”, ha concluso il dirigente, “Noi chiediamo che adesso il controllo del Green pass non sia più in carico ai ristoratori, che hanno fatto milioni di verifiche in questi mesi, ma agli avventori. Alla luce della diminuzione della pandemia, dobbiamo fare passi avanti verso la semplificazione nelle norme di applicazione. Speriamo che tra poco per entrare in un bar o in un ristorante non ci chiedano più il Green pass”.
(Foto: Banca Prealpi SanBiagio).
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