Continuano anche nell’Alta Marca Trevigiana i problemi legati alla carenza di medici del territorio, in particolare i Medici di medicina generale e i Medici di continuità assistenziale.
In una nota recente, il Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami), presidenza regionale del Veneto, è tornato sul tema evidenziando alcune criticità di difficile soluzione.
“È inutile chiudere la stalla quando i buoi sono scappati – spiegano dal sindacato – L’idea da qualche tempo di lavorare come muli riempiti di burocrazia, e con quel tempo prezioso dedicato all’importanza delle visite e diagnosi precoci e prevenzioni risicato sempre di più perché surclassato da miriadi di certificati, moduli e carte, non è assolutamente lontana dai nostri pensieri quotidiani”.
“Ed ora la gestione della politica sanitaria degli ultimi anni ci ha condotti, e non senza avvertimenti fatti a gran voce almeno da questa sigla sindacale, ad un periodo storico amaramente previsto – continuano – in cui la carenza dei medici del territorio (Ca e Mmg) è terribilmente grave e, se non si tireranno i remi in barca repentinamente e con misure decise, si ripercuoterà in maniera devastante sulla popolazione. Però forse è più facile rattoppare che creare qualcosa di nuovo, e allora si chiede ai Mmg di aumentare il loro massimale a 1.800 pazienti”.
“Bistrattati, burocraticamente oberati, mediaticamente ‘distrutti’ – proseguono – ma poi quando c’è qualcosa da salvare (e la corsa ai ripari a chiederci aiuto per le vaccinazioni o i tamponi non è assolutamente distante) ecco che si chiede l’ennesimo aiuto a noi Medici di medicina generale”.
Il sindacato sottolinea che l’Accordo Collettivo Nazionale si è messo di mezzo con l’articolo 25 comma 3: “Eventuali deroghe al massimale individuale possono essere autorizzate dalla Regione, su proposta dell’Azienda e sentito il Comitato aziendale di cui all’articolo 11, in relazione a particolari situazioni locali, ai sensi del punto 5, comma 3, dell’articolo 48 della Legge numero 833/78, e per un tempo determinato, non superiore comunque a mesi sei”.
“Per un periodo non superiore ai 6 mesi, peccato che da tempo lo stiano chiedendo ma i 6 mesi per chi accetta? – concludono – Almeno qui, in totale non coerenza con l’Acn, si sa quando si inizia ma non si sa quando si finisce, a meno che la Corte dei Conti ad un certo punto non ci metta il suo zampino. Pec di richieste di incontri inviate in Regione a bizzeffe, forse sarebbe ora di aprirle e iniziare a fare qualcosa assieme per salvare una situazione che rischia di farci affondare”.
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