San Valentino, fidanzarsi nel ‘900 in Alta Marca: storia dei corteggiamenti e dell’innamorarsi… all’ora del vespro

Cercando nel web “come ci si fidanzava un tempo” i primi risultati sono tutt’altro che romantici: guide su come gestire il primo appuntamento, gli step da seguire per un incontro perfetto, come rompere il ghiaccio con una ragazza.

In verità, per conoscere veramente come funzionava l’avvicinamento tra due persone prima che la comunicazione diventasse così immediata, basterebbe fare una chiacchierata con i nostri nonni: nell’innamorarsi di un tempo le priorità sembravano ben altre e, anche nell’Alta Marca Trevigiana, così come in tutt’Italia, gli ostacoli parevano non finire mai.

Famiglia, soldi, tempo e posizione sociale potevano rendere un fidanzamento una vera e propria battaglia: tutto ciò che si dà per scontato oggi, prendeva un valore e un peso ben diverso, che a volte richiedeva la collaborazione dell’intera cerchia di amici, familiari e complici.

Innanzitutto nei paesi la maggior parte delle relazioni nasceva all’interno di una cerchia ristretta di amicizie e conoscenze comuni, poi capitava che arrivasse un cugino lontano, un amico di famiglia, una festa di matrimonio o di battesimo, la leva militare o un nuovo posto di lavoro in città, che stravolgevano la quotidianità del singolo e che lo portavano a nuovi incontri.

Da qui le occhiate e i sussurri, con la lealtà o la concorrenza degli amici, per avvicinarsi quel minimo indispensabile per riuscire a scambiare una parola o a fare un timido complimento. Non era che una prima fase di un lungo processo di corteggiamento non privo di abbandoni e incertezze.

L’obiettivo di un lui, più che piacere a lei, a volte consisteva nell’avere l’approvazione degli sperati suoceri: solo allora l’uomo sapeva di avere il via libera nel chiedere loro la mano della figlia, a volte addirittura prima di averla conosciuta.

Pianti o repliche non erano ammesse. In altri casi il tutto si sviluppava su un sentimento sincero e duraturo: non mancano testimonianze di coppie che ricordano il loro travagliato incontro e la loro vita, il più delle volte modesta, insieme.

C’è chi si è conosciuto grazie a una buona parola di un amico, chi si è innamorato al primo sguardo della ragazza alla finestra di fronte, chi durante una guerra e chi a una festa di compleanno.

Le modalità risultavano essere le stesse, con una comunicazione che aveva il pregio di rimanere nero su bianco: erano le lettere o i biglietti a coltivare una conoscenza a volte segreta.

Oltre ai biglietti c’erano i regali, un classico fiore o un cesto di patate alla famiglia: niente a che vedere con Amazon o ristoranti a lume di candela. Gesti umili che dimostravano la serietà del ragazzo e le sue buone intenzioni: la semplicità che ha portato la coppia, in certi casi, a festeggiare le nozze d’oro.

Ancora oggi i nonni del nostro territorio, alla domanda del luogo in cui hanno conosciuto i propri consorti, rispondono tutti allo stesso modo: al vespro. Non senza trattenere un sorriso, ammettono che quello era il momento principale dove poter osservarsi tra giovani e occhiare un possibile amore.

Per questo nessuno mancava mai all’appuntamento. E poi tutti fuori nella piazza della chiesa per scambiarsi commenti sui presenti.

Ma senza confessare nulla ai propri genitori, figli di un’altra generazione e quindi pronti a gridare alla vergogna di fronte all’evidente volontà della prole di attendere una liturgia cattolica soltanto per l’ansia di rivedere il proprio amato o la futura moglie.

Del resto, i vespri sono stati l’inizio di numerosi e longevi matrimoni: era sempre il giovane a dover fare il primo passo con la ragazza, la quale fingeva di non accorgersi di nulla. Subito, quindi, scattava l’impegno da parte del pretendente, il quale iniziava a informarsi nel paese chi fosse una certa ragazza, se fosse già promessa in sposa e di chi fosse figlia.

Tutto si complicava se si andava al vespro di un paese vicino.Con la complicità degli amici compaesani, chiamati ad aiutare il futuro sposo a nascondere la propria timidezza, subito si iniziava ad avvicinare i parenti della giovane con una scusa qualsiasi, per accattivarsi la loro simpatia e creare l’occasione giusta per incontrare, sempre alla presenza dei genitori, la propria amata e poter finalmente scambiare qualche parola.

Ma tutto avveniva secondo tempistiche molto differenti rispetto a quelle odierne. Potevano passare mesi e addirittura anni prima che ciò avvenisse, ma in fondo ne valeva la pena, perché tutta questa fatica portava a consolidare matrimoni lunghi una vita. E ancora oggi, i nostri nonni, a raccontare quelle storie non possono trattenere un commento: “Quelli sì che erano begli anni, li rivivrei volentieri”.

(Fonte: Luca Vecellio – Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
(Foto: Pixabay).
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