Siamo ormai abituati alle pubblicità di antidolorifici che popolano la televisione e il web.Tramontata l’epoca dei “rimedi della nonna” i medicinali per acciacchi più o meno gravi, momentanei o cronici, sono diventati di uso comune anche grazie ai media. Ma com’erano le pubblicità di questi prodotti prima dell’avvento dei mezzi di comunicazione moderni?
Che linguaggio veniva usato per persuadere il consumatore sulla bontà e utilità di determinati farmaci? A rivelarcelo è una mostra unica nel suo genere inaugurata ieri, sabato, al Museo nazionale Collezione Salce (sede di Santa Margherita) dal titolo “Medicina e Pubblicità.
La pubblicità farmaceutica per la terapia del dolore 1850 – 1970″. L’esposizione, visitabile fino a ottobre dal venerdì alla domenica, è a cura di Elisabetta Pasqualin, Leonardo Punzi e Alberto Pérez Negrete, ed è promossa dal Museo in collaborazione con l’Istituto di Storia della Reumatologia della Società Italiana di Reumatologia. La mostra propone una particolare selezione di manifesti pubblicitari – la collezione del Museo che porta il nome di Nando Salce vanta una raccolta di oltre 25.000 pezzi – evidenziando l’evoluzione del linguaggio pubblicitario, oggi diremo del marketing, di cui l’industria farmaceutica ha appreso l’efficacia fin dalla metà dell’Ottocento.
“L’intento è quello di raccontare uno degli aspetti della nostra cultura dalla metà dell’Ottocento al Ventesimo secolo – sottolinea Elisabetta Pasqualin, curatrice della mostra nonché direttrice del Museo nazionale Collezione Salce – . È il momento in cui anche le aziende farmaceutiche iniziano a percepire la potenza del mezzo che stava nascendo, la pubblicità, e a utilizzarlo per promuovere i loro prodotti. La pubblicità è arte e non dimentichiamo che questi manifesti si trovavano per le strade, nelle stazioni, sotto gli occhi di tutti, ricchi e poveri, unendo un altissimo valore artistico a una valenza sociale e culturale importante”.
La mostra si articola in una parte storica e interpretativa al piano terra, arricchita da brevi introduzioni biografiche ai tre maggiori artisti presenti in mostra, Cappiello, Dudovich e Mauzan, per proseguire al piano superiore, dove le immagini dei grandi cartellonisti raccontano, anche in chiave divertente i loro rimedi al mal di testa, al raffreddore e mal di gola, alla tosse e alla gotta, per citarne alcuni.
Molti dei nomi dei prodotti riportati sui manifesti risulteranno sconosciuti ai più, altri invece saranno sorprendentemente famigliari, come l’Aspirina e i noti cerotti Bertelli per il mal di schiena. Alcuni dei medicinali pubblicizzati sono stati ritirati dal mercato, perché obsoleti o addirittura pericolosi per la salute, tra cui molti farmaci oppioidi contenenti cocaina, eroina, metadone o morfina.”Siamo orgogliosi di aver promosso un progetto così significativo – commenta Leonardo Punzi, direttore dell’Istituto di Storia della Reumatologia – che sottolinea l’importanza della pubblicità, nata a metà Ottocento e messa da subito al servizio della popolazione, bisognosa di numerosi farmaci, soprattutto antidolorifici”.
“A quei tempi gli analgesici erano derivati dell’oppio, tra cui morfina, eroina e cocaina, ma si ignoravano i loro effetti negativi e, anzi, si promuoveva il loro consumo anche tra i più giovani – prosegue Punzi – . Il primo antidolorifico ‘moderno’ fu l’Aspirina, nata nel 1897, una vera e propria rivoluzione nel mercato farmaceutico, con un importante impatto anche sulle pubblicità dei medicinali”.
Una sezione particolare della mostra è dedicata alla pubblicità delle maggiori località termali, con immagini bucoliche di luoghi immersi nella natura e alberghi da sogno, irresistibili ancora oggi, figuriamoci ai tempi in cui il web doveva ancora essere inventato. Allora infatti il Google del tempo erano le strade delle città, che venivano ricoperte di manifesti, talvolta delle vere opere d’arte che oggi rivelano ancora tutto il loro potenziare espressivo.
(Fonte foto: Museo nazionale Collezione Salce).
#Qdpnews.it