Avviato, nell’Unità operativa di Terapia intensiva neonatale (TIN) dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, guidata dalla dottoressa Paola Lago, un progetto di neuro-riabilitazione precoce del neonato a rischio neuro-evolutivo, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Riabilitazione ospedale territorio, diretto dal dottor Marco Gugelmetto.
Il progetto, attualmente in fase sperimentale, ha come obiettivo la promozione di percorsi di cura sempre più efficaci e innovativi rivolti a neonati che, a causa di fattori lesivi pre o post perinatali hanno maggiori possibilità di presentare problemi di tipo neurologico. Si tratta di un programma di “early intervention” basato sulla costituzione di un team multiprofessionale composto da neonatologi, infermieri e operatori socio sanitari, affiancati quotidianamente da professionisti della neuro-riabilitazione, quali il fisioterapista e il logopedista, che condividono in sinergia i piani di intervento individualizzati, con il coinvolgimento precoce della famiglia del neonato.
“L’inserimento del fisioterapista esperto nel neurosviluppo nella nostra équipe – sottolinea la dottoressa Lago – ci permette di attuare interventi precoci con i piccoli pazienti, in modo da permettere loro di raggiungere migliori abilità motorie e di sviluppo. Il trattamento riabilitativo precoce consente al neonato di sviluppare le sue potenzialità e alla famiglia di assumere un ruolo attivo nell’assistenza e nella stimolazione del bimbo, fin dalle prime fasi della sua vita”.
Il programma è indirizzato a tutti i neonati sia a termine che pretermine a rischio di esiti neurologici o con ritardi nell’acquisizione dell’autonomia nutrizionale, fin dal ricovero in ambiente intensivo, al fine di ottenere i massimi risultati abilitativi possibili. “Condizioni quali la nascita pre e post-termine, le asfissie perinatali, il basso peso alla nascita, le emorragie cerebrali, le infezioni perinatali, le malattie genetiche e chirurgiche congenite, costituiscono per il neonato fattori di rischio per lo sviluppo psicomotorio – ricorda Lago -. Circa il 25-30% dei neonati a rischio e ricoverati in TIN presenta disturbi neuromotori durante l’infanzia, quali ritardi nell’acquisizione delle tappe neuromotorie, paralisi cerebrali infantili, problemi nello sviluppo comportamentale, mentale e affettivo-relazionale. Grazie a questo tipo di interventi riabilitativi specialistici multidisciplinari precoci i neonati ricoverati in TIN hanno l’opportunità di essere presi in carico, fin dal ricovero, che a volte dura mesi, per ottenere le migliori performance possibili, limitando gli esiti a distanza e di conseguenza migliorando la qualità della vita del neonato e della sua famiglia. Inoltre il supporto ai genitori, che vengono coinvolti fin da subito negli interventi riabilitativi, è di grande importanza al fine di migliorare le loro capacità di farsi carico del proprio bambino, anche quando la separazione alla nascita e un ricovero protratto in ospedale interferiscono con lo sviluppo di una fisiologica genitorialità”.
“Attraverso l’inserimento di un fisioterapista dell’Unità operativa di Medicina fisica e riabilitativa nello staff della Terapia intensiva neonatale – sottolinea il dottor Gugelmetto – si migliora la presa in carico globale del neonato, con interventi specifici dedicati a prevenire l’instaurarsi di complicanze muscolo-scheletriche precoci e a promuovere lo sviluppo neuro-comportamentale attraverso proposte di accudimento abilitativo che coinvolgono direttamente la famiglia. Il fisioterapista pianifica e mette in atto interventi precoci e individualizzati basati sui bisogni specifici del neonato, definendo un progetto riabilitativo individuale: l’obiettivo è promuovere lo sviluppo neuro-comportamentale partendo dalla valutazione del comportamento spontaneo del neonato e individuando obiettivi specifici di sviluppo e proposte coerenti di accudimento abilitativo. Si tratta – aggiunge Gugelmetto – di un percorso che non si conclude al momento della dimissione: è previsto infatti che, quando indicato, la presa in carico dei bimbi e della famiglie prosegua al rientro a domicilio, sia attraverso sedute in telemedicina, sia in “home visiting”.
“Con questa progettualità, per la quale rivolgo un sentito ringraziamento alle due équipe, andiamo a migliorare ulteriormente la presa in carico dei nostri pazienti più piccoli e vulnerabili, garantendo, con un intervento precoce, la massimizzazione dei risultati – commenta il direttore generale, Francesco Benazzi -. Valore aggiunto dell’iniziativa, il coinvolgimento delle famiglie e l’integrazione tra attività ospedaliera e territoriale, con la prosecuzione del supporto degli specialisti a domicilio anche grazie alla telemedicina”.
(Fonte e foto: ULSS 2 “Marca Trevigiana”)
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