Il recente bilancio di fine anno sulla demografia d’impresa, oltre ad evidenziare la crescita o flessione di alcuni settori, permette di porre l’attenzione su alcuni fenomeni di natura meno congiunturale, in parte legati a veri processi di trasformazione del tessuto produttivo, in parte legati ad effetti indotti dalla tenuta amministrativa degli archivi statistici.
Con riferimento a questi ultimi, nell’ultimo report è stato dato ampio rilievo, alla cancellazione d’ufficio di oltre 1.600 ditte individuali in provincia di Treviso e di quasi 180 ditte individuali in provincia di Belluno. Cancellazione che, sul piano tecnico, è avvenuta per mancato compimento degli atti di gestione negli ultimi tre anni, ai sensi del DPR n. 247/200.
Ma quali tipologie d’imprese si sono trovate nella condizione di essere cancellate? E in quali settori operavano?
In provincia di Treviso il 57,1% di queste cancellazioni ha interessato imprese condotte da cittadini stranieri. La più alta concentrazione di ditte individuali straniere, cancellate d’ufficio, si è registrata nel sistema moda (91%, quasi tutte cinesi), nel commercio al dettaglio (76%, per metà intestate ad imprenditori di origini marocchine, soprattutto ambulanti o vendita porta a porta), nell’edilizia (64%, in buona parte intestate ad imprenditori dell’Europa dell’est, Romania e Macedonia e Serbia in testa, addensate soprattutto nelle attività di “completamento e finitura degli edifici”).
Alcuni settori però fanno eccezione e vedono, fra le cancellazioni d’ufficio, una prevalenza di ditte intestate ad imprenditori italiani: accade in particolare nei servizi alle imprese, nei servizi alle persone e nella ristorazione. Ma si tratta di settori che, messi assieme, non fanno il 15% delle cessazioni d’ufficio disposte in provincia di Treviso.
In provincia di Belluno la situazione è analoga, pur con numeri più modesti: il 46% di queste 180 cancellazioni ha interessato imprese condotte in via prevalente o esclusiva da cittadini stranieri. Quota che sale al 77% nel commercio al dettaglio e al 60% nelle costruzioni.
“Perché torniamo su questi numeri? Perché è un quadro utile da tenere presente – commenta il presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, Mario Pozza – prima di stracciarsi le vesti sul calo (indifferenziato) delle imprese nei territori. Queste, con tutta evidenza, sono imprese nate ai margini dell’economia: nella moda i cinesi, l’ambulantato straniero, piccole imprese di finitori dell’est Europa legate all’edilizia. Attività lasciate in sospeso forse anche per effetto del Covid, quando non pochi stranieri sono rientrati nei Paesi d’origine. Bene, dunque, che si sia fatta pulizia dei nostri archivi: poniamo solo attenzione a non leggere il dato nella falsa prospettiva di un calo generalizzato del tessuto produttivo”.
A fronte di questi rumori di fondo degli archivi amministrativi, diventa incauto prendere per buoni gli aggregati totali. Si “sparano” contrazioni non effettive.
Sostenere infatti che negli ultimi 5 anni (2018-2023) la provincia di Treviso ha perso 1.820 imprese, diventa affermazione grossolana. Sotto la superficie di questa variazione abbiamo:
· -2.400 ditte individuali, di cui 1.600 cancellate d’ufficio (e -720 nell’agricoltura);
· +600 sedi d’impresa, con riferimento a tutte le altre forme giuridiche (con l’agricoltura, le costruzioni ed il terziario avanzato a controbilanciare la contrazione del manifatturiero e del commercio);
· +1.315 unità locali dipendenti, figlie di ulteriori fenomeni complessi, come strategie di plurilocalizzazione (filiali di supermercati, banche, industrie, reti di servizi) o processi di fusione per incorporazione (quando un’impresa viene incorporata in altra impresa, cessa giuridicamente di essere sede e diventa unità locale dipendente).
Sono tendenze, calo delle sedi e crescita delle unità locali dipendenti, rilevabili anche a livello settoriale, nella metalmeccanica, ad esempio, si contano nei 5 anni +136 unità locali dipendenti e (escludendo le imprese individuali) -76 sedi d’impresa.
Anche a Belluno questa macro-segmentazione permette una lettura più accorta delle dinamiche. Un conto è parlare di -568 imprese nei cinque anni considerati. Un conto invece è capire che dietro questa variazione totale abbiamo:
· -504 ditte individuali, di cui 177 cancellate d’ufficio (fra le cancellate effettive spicca la sofferenza del commercio al dettaglio, soprattutto quello legato agli empori di vicinato);
· -64 sedi d’impresa, con riferimento a tutte le altre forme giuridiche (flessione sostenuta soprattutto dal manifatturiero, meccanica ed occhialeria);
· +413 unità locali dipendenti, con crescita nei cinque anni distribuita fra tutti i settori, fra i quali spicca in particolare l’alloggio e ristorazione (+118 unità).
“Sono queste le coordinate che invitiamo ad usare – argomenta il presidente Pozza – per analizzare bene le dinamiche dei settori. Per capire anche gli equilibri tra dinamica delle sedi e delle filiali. Per studiare anche, ben più in profondità di questi numeri, i nuovi legami di comando e controllo proprietario che si celano dietro. In uno studio che abbiamo fatto lo scorso anno per l’Ordine dei Commercialisti del Triveneto, su dati Infocamere, abbiamo messo in evidenza che quasi 2.000 società venete sono ormai oggetto di controllo da parte di altre imprese italiane situate fuori regione; cui si aggiungono altre 2.300 società venete, il cui controllo di maggioranza è in capo a società estere” precisa Pozza.
“Questo posizionamento delle nostre imprese dentro catene del valore globali, per flussi di vendita o per assetti proprietari, ci deve portare a considerare con occhi nuovi il nostro territorio – conclude il Presidente. Dobbiamo comprendere quali sono i fattori strategici che alimentano la competitività di sistema, che facilitano le connessioni infrastrutturali, attraggono investimenti, favoriscono la crescita di intelligenza localizzata, non altrimenti sostituibile. Anche per dare un futuro ai nostri giovani, di sfide e di prosperità.
Su tutto questo – conclude Pozza – stiamo lavorando alacremente con l’Osservatorio Economico e con l’Università Ca’ Foscari, proprio per portare ai tavoli che contano una mappatura delle determinanti strutturali che rendano possibile un nuovo ciclo di sviluppo del territorio, da protagonista e non al margine di questi scenari complessi”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
#Qdpnews.it