“L’ultima notte del dottor Romani”: il romanzo di Eugenio Manzato che riporta nella Venezia di fine Settecento 

Eugenio Manzato

Con L’ultima notte del dottor Romani (Cierre Edizioni) Eugenio Manzato smette le vesti dello storico dell’arte per assumere quelle di romanziere. Parlare d’esordio per un autore di numerosi e fortunati saggi è riduttivo: “La narrativa è una vocazione giovanile – racconta l’ex direttore dei Musei Civici di Treviso – e dunque questo primo romanzo, all’alba degli ottant’anni, segna per me l’inizio di una seconda giovinezza“. 

La seconda giovinezza di Manzato riparte da queste 650 pagine, nelle quali la limpidezza della lingua di Manzoni si mescola all’antico dialetto veneto, guidando il lettore in un tuffo indietro di tre secoli in quella che sarà l’ultima notte della Serenissima

È il 12 maggio 1797 Antonio Romani è rinchiuso nelle carceri di Venezia: di lì a poco verrà giustiziato per cospirazione e tradimento. Nelle ultime ore che gli restano da vivere il medico e massone, amante dei piaceri della vita e delle belle donne, ripercorre le tappe della propria esistenza.  

La copertina del libro 

Dalla giovinezza nelle campagne di Quinto di Treviso (città natale dell’autore) passando per gli anni del collegio a Venezia, fino allo sviluppo della vocazione professionale e infine di quella politica, il dottor Romani si svela al lettore una pagina dopo l’altra in un racconto poetico, profondo e avvincente. 

“Il dottor Romani è un personaggio di grande attualità, perché mosso da principi di libertà, uguaglianza e fratellanza che lo legano al nostro presente” commenta Manzato. La vita del protagonista di cui emerge tutta la “corposità sentimentale” s’intreccia con quella di personaggi immaginari e realmente esistiti – come la nobildonna Cecilia Tron – dando vita ad un lungo flashback che alterna riflessioni a momenti di raffinata ironia. 

La presentazione del libro nei giorni scorsi nella Chiesa di Santa Caterina a Treviso 

A fare da cornice al racconto c’è una società veneziana alle prese con una profonda trasformazione sociale, politica e culturale al tramonto della Repubblica. “Romani vive intensamente il suo tempo – prosegue Manzano – accetta i cambiamenti ma in qualche modo anche li provoca con la sua azione e con il suo pensiero, soprattutto con il suo impegno verso gli ultimi della società“. 

La minuzia dello storico dell’arte emerge dalle pagine del romanzo che dona un affresco della società veneziana di fine Settecento omaggiando la lingua di Manzoni. “Sono un grande ammiratore di Alessandro Manzoni – conclude – Per me iPromessi Sposi restano il romanzo nazionale per eccellenza: qui ho cercato di recuperare un po’ questa lingua straordinaria, limpida e costruttiva”. 

(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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