Massimo Carlesso ha trascorso cinquant’anni dietro al bancone della calzoleria di famiglia. “Ho iniziato andando in bottega con mio padre a undici anni, allora il negozio si trovava in San Leonardo – racconta -. Nell’86 ci siamo trasferiti in via Monfenera, infine in via Paris Bordone, dove si trova attualmente”.
Massimo è un’istituzione fra i commercianti di Treviso dove tutti lo conoscono come “Billi”. È impossibile fare due passi in centro con lui senza che qualcuno lo fermi ogni cento metri per salutarlo o scambiarci due chiacchiere. Tanto più negli ultimi tempi, da quando sul bancone del suo negozio è comparso un avviso che ha sollevato un vero caso mediatico. “Non servo persone al cellulare” si legge sul cartellino scritto a mano.
Da allora, dai primi articoli sulla stampa locale, il “caso” ha attirato l’attenzione di radio e tv nazionali con tanto di dibattito fra chi sta dalla parte di Billi e chi sostiene che l’antidoto alla maleducazione di certi clienti non sia alzare muri.
“Non mi aspettavo tutta questa risonanza mediatica – commenta – e non sono d’accordo con chi dice che rispondo ai maleducati con altrettanta maleducazione. Il mio cartello non vuole provocare, è un invito a riflettere. In cinquant’anni da negoziante ho visto questa città cambiare, e con lei la clientela. Sono nella posizione per poter dire che le cattive maniere sono state sdoganate. L’ultimo episodio vissuto in prima persona risale a qualche mese fa quando una cliente è entrata in negozio parlando al cellulare ad alta voce (e no, non era una chiamata importante), gesticolando per darmi indicazioni”.
“Non era la prima volta che capitava – prosegue – Alcuni pensano che sia tutto dovuto: della serie, ti pago e tu mi dai un servizio, il come è indifferente in questo ‘scambio’. Il mio cartello vale come un invito alla buona educazione e al rispetto non solo del commerciante ma anche degli altri clienti che potrebbero non essere interessati ad ascoltare i dettagli di una conversazione privata”.
“Se sto parlando con un amico al bar o per strada e mi squilla il telefono, a meno che non sia un’emergenza io non rispondo. O lo faccio e dico che sono momentaneamente impegnato, per rispetto della persona che mi sta davanti. Credo sia la cosa più naturale del mondo, almeno per me. E non voglio essere frainteso, non ho nulla contro i telefoni. Anzi. Credo però che vadano usati nei limiti della buona educazione che per alcuni sembra passata di moda. Dico alcuni perché fortunatamente i clienti maleducati – ci tiene a precisare Billi Carlesso – sono solo una minoranza“.
Al di là del tam-tam mediatico sollevato dal caso del “calzolaio che vieta il telefono” (questo il tenore dei titoli che compaiono sul web) la maggior parte dei commercianti del centro si è schierata dalla parte di Massimo. Mentre parliamo con lui nei pressi della calzoleria, da una lavanderia esce la titolare: “Billi, sappi che sono d’accordo con te. Di clienti al telefono ne servo ogni giorno. Era ora che qualcuno mettese dei paletti”.
“Non voglio creare polemica – conclude “Billi” – ma a quanto pare parlare di buona educazione fa notizia”.
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