Posate a Sant’Artemio quattro pietre d’inciampo in memoria dei pazienti dell’ex ospedale psichiatrico rastrellati dalle SS nel ’44

Si chiamavano Salvatore Segrè, Ruth Schlesinger, Elena Guttmann e Ruggero Polacco gli ebrei che nell’agosto del 1944 vennero prelevati dai soldati nazisti dall’ospedale psichiatrico di Sant’Artemio e avviati alla deportazione verso la Risiera di San Sabba, campo di smistamento e sterminio a Trieste. 

Da oggi i loro nomi e le loro storie, salvata dall’oblio anche grazie al prezioso contributo dell’associazione Istresco, sono impressi nelle quattro pietre d’inciampo posate nel giardino dell’attuale sede della Provincia, complesso che fino all’introduzione della legge Basaglia ospitò l’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Treviso

Il sindaco Mario Conte, il presidente della Provincia Stefano Marcon, il prefetto Angelo Sidoti seguiti da una lunga fila di sindaci della Marca, autorità militari, e dagli alunni delle scuole superiori di Treviso, hanno guidato il corteo fino al punto in cui sono state posate le Stolpersteine che si vanno ad aggiungere alle 2000 presenti nel nostro Paese, 71mila quelle installate in tutta Europa

La cerimonia di posa delle pietre, accompagnata da musiche tradizionali ebraiche, si è svolta al culmine di una mattinata iniziata all’auditorium di Sant’Artemio con la consegna, per mano del Prefetto Sidoti e dei sindaci, di 19 Medaglie d’onore ai familiari dei cittadini trevigiani, civili e militari, deportati e internati nei lager nazisti. 

Il rito di consegna è stato celebrato in una sala gremita da oltre 250 studenti delle scuole di Treviso rappresentate dalla dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale Barbara Sardella. Prima della partenza del corteo, una breve parentesi di approfondimento storico, curato da Istresco, ha tracciato le drammatiche vicende dei quattro pazienti ebrei rastrellati dalle SS il 1 agosto del ’44, e l’inutile tentativo dell’allora dirigente dell’ospedale di Sant’Artemio Alessandro Tronconi di sottrarli al loro destino: la Risiera di Sabba e il campo di concentramento di Auschiwitz. 

Queste quattro persone hanno un nome e una storia personale ricostruita grazie ad una ricerca storica fatta sui documenti, fra cui degli attestati di avvenuto prelievo della “merce umana” dall’ospedale lasciati dagli ufficiali nazisti e testimonianze raccolte negli anni scandagliando gli archivi. 

Salvatore Segrè era nato a Venezia il 25 ottobre 1882, era un rabbino, ma pare che in realtà fosse Chazan (cioè cantore nei riti ebraici) a Trieste. Pur non soffrendo di alcuna malattia psichiatrica, cercò, invano, rifugio all’ospedale di Treviso. Con l’arrivo delle SS fu prima condotto a Trieste e poi inviato ad Auschwitz dove fu ucciso.

Ruth Schlesinger nacque a Vienna il 6 dicembre 1880 e faceva l’insegnante di storia. Dopo il suo arrivo in Italia da Spalato, per ragioni di salute, nel ’43 venne ricoverata con urgenza al Sant’Artemio con sintomi di parkinsonismo. Dimessa poco dopo, vi rientrò in seguito a un tentativo di suicidio. Dopo il rastrellamento a Treviso, scomparve nel nulla così come Elena Guttman, anche lei affetta da Parkinson probabilmente uccisa nella Risiera, dove fra le tante, morirono 5000 mai identificate. Elena Guttmann era nativa di Orodea, in Romania, nel 1881. 

La quarta pietra d’inciampo è dedicata a Ruggero Polacco nato a Padova, classe 1901, era un ingegnere di famiglia benestante, nipote di un luminare della medicina. A causa di gravi patologie psichiatriche venne sottoposto a diversi ricoveri. Come risulta da un documento del 12 ottobre 1932, firmato dal Questore, la sua condizione di malato mentale era nota alle autorità, che lo esoneraro dalla precettazione al lavoro imposta per legge agli ebrei. Dopo quel giorno di agosto del 1944 venne deportato a Trieste e ucciso nel campo di concentramento di San Sabba. 

Quattro storie che si aggiungono alle “sei milioni di storie da raccontare” ha sottolineato nel corso della mattinata il presidente della Provincia Marcon rivolgendosi agli studenti, “sentinelle dei diritti che si fanno carico della memoria affinché la storia non si ripeta”. 

“La nostra società troppe volte tende a classificare, a ridurre le persone a dei numeri – ha commentato il sindaco Mario Conte -. Dietro a ciascuna di queste pietre c’è una storia umana, la cui memoria ci fa da monito a non abbassare mai la guardia“. 

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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