San Lazzaro spegne il Panevin e proietta i vecchi falò. Conte: “Anche senza fuochi la qualità dell’aria in città è peggiorata quattro volte oltre i limiti”

La proiezione di un filmato con i Panevin degli anni scorsi ha illuminato la facciata della chiesa di San Lazzaro all’ingresso di Treviso, al posto del grande falò che solitamente, fino al gennaio del 2020, veniva allestito nel piazzale antistante la nuova parrocchiale.

L’inquinamento da polveri sottili (che in serata è andato peggiorando in città) ha spento la pira della tradizione ma non la voglia di fare comunità, tenuta comunque viva dal comitato parrocchiale e dai volontari dell’oratorio, che hanno scelto di proiettare il fuoco virtuale del passato e fare ugualmente festa con vin brulè, pinza e l’arrivo della Befana che ha distribuito ai bambini presenti le calzette colme di dolciumi, offerte dal Comune di Treviso.

Il sindaco Mario Conte (impegnato ieri sera in un tour delle feste “epifaniche” organizzate nei quartieri di San Lazzaro, Fiera e Monigo) ha portato il saluto dell’amministrazione comunale al centinaio di persone presenti nel piazzale e ha spiegato perché in città non sono stati accesi i Panevin. “Quest’anno purtroppo, come sapete, abbiamo dovuto rinunciare a questa bellissima tradizione. Lo dico davvero con grande dolore, perché l’ultima cosa che avrei voluto fare era quella di annullarli. Però quest’anno, da un punto di vista ambientale, non c’erano assolutamente le condizioni per autorizzarli” ha ribadito Conte.

“Pensate che in questo momento, senza fuochi – ha aggiunto il primo cittadino – la quantità di polveri nell’aria è quattro volte superiore ai limiti consentiti. Immaginiamoci cosa sarebbe stato, non solo con il vostro Panevin, ma anche con gli altri dieci che erano stati richiesti nel Comune di Treviso. Sarebbe stato, dal punto di vista della qualità dell’aria, un disastro. Per il prossimo anno speriamo che le condizioni ambientali ci siano e che si possa tornare a vivere insieme queste tradizioni”.

“Intanto ringrazio don Mariano, tutti i volontari che hanno preparato la pinza e il vin brulè, ma soprattutto voi che tenete vivo lo spirito di una comunità, essendo comunque qui questa sera. Sono qui per spiegarvi il motivo di una scelta molto sofferta, perché amo le tradizioni e vorrei mantenerle tutte. Però quest’anno proprio non si poteva. E se qualcuno si pone la domanda come mai in alcuni Comuni sì e in altri no, va detto che dal punto di vista normativo c’è una bella differenza tra i Comuni al di sopra dei trentamila abitanti e quelli sotto. Quindi, è anche una questione di responsabilità penali che gravano sulla testa del sindaco. Vi chiedo scusa se abbiamo dovuto rinunciare ai falò, ma non rinunciamo a fare comunità, con una buonissima fetta di pinza e un bicchiere di brulè”.

Il forte senso della comunità, ritrovato anche attorno a un fuoco virtuale, è stato rimarcato da don Mariano Maggiotto, parroco di San Zeno che da una ventina di giorni è stato inviato dal vescovo a sostituire il titolare di San Lazzaro, don Fervido Cauzzo, ammalatosi prima di Natale: “Questa è la mia prima uscita pubblica quale sostituto del parroco. Voglio sottolineare un’espressione usata dal sindaco, che amo molto, ed è il fare comunità. Spero che questo stare insieme sia di buon augurio per un 2023 di rapporti sereni”.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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