“Dalle macerie del Superbonus non è sopravvissuta alcune delle possibilità di ricorrere allo sconto in fattura o alla cessione del credito. Un colpo durissimo al settore dell’edilizia, che getta un’ombra negativa anche sugli obiettivi “green” fissati dall’Europa per il 2035”: a lanciare l’allarme è Oscar Bernardi, presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, preoccupato della “ferocia amministrativa” che si è abbattuta sui contribuenti con il Decreto 39 del 29 marzo 2024.
A essere caduti sotto la scure del legislatore è anche il ricorso alla cosiddetta “remissione in bonis”. Viene così meno ogni possibilità di correggere eventuali errori commessi nello sviluppo delle intricatissime procedure comunicative, richieste per il perfezionamento di sconti in fattura e cessioni per le attività già svolte prima del decreto. In più, sono stati introdotti nuovi oneri comunicativi all’Enea, in difetto dei quali scattano o la sanzione di 10.000 euro per le attività ante decreto e la decadenza per quelle post decreto.
“Con questo provvedimento – sottolinea Bernardi – l’unico modo per il contribuente di fruire del credito d’imposta è di utilizzarlo nella propria dichiarazione dei redditi. Così si rimette indietro l’orologio a prima del 2018, quando lo sconto e la cessione erano ammessi con limitazioni, ma andando anche oltre, abrogando completamente lo sconto e la cessione”.
A fine 2024 verrà meno la possibilità di fruire dei crediti d’imposta dell’Ecobonus, mentre con il 2025 di chiuderà anche la possibilità di fruire degli ultimi residui di Superbonus. L’unica detrazione a regime superstite restante quella prevista per gli interventi di “ristrutturazione edilizia” regolati dall’art. 16 bis del Testo Unico per le Imposta sui Redditi: prevederà una detrazione del 36% (oggi 50%) sulla spesa massima ammessa di 48.000 euro (oggi 96.000 euro).
“Il patrimonio immobiliare interessato dagli interventi della famiglia Superbonus è di circa il 3% del totale – fa notare il presidente Oscar Bernardi – allora ci chiediamo come lo Stato si prefigga di incentivare il processo di conformità degli immobili esistenti sul territorio verso l’obiettivo europeo “green” del 2035. La propensione al risparmio è in calo, i salari medi sono bloccati, i tassi d’interesse ancora elevati, come si può immaginare un incremento della propensione agli investimenti in ristrutturazione di immobili privati? Restano in piedi due ipotesi: o lo Stato ci mette delle risorse oppure il programma di riduzione delle emissioni con orizzonte 2035 non andrà a compimento”.
Partendo da questi interrogativi, Confartigianato Imprese Marca Trevigiana ha ipotizzato un pacchetto di proposte alternative. Individuare la percentuale di detrazione che rappresenti un ragionevole incentivo a effettuare gli interventi, consentendo in alternativa ad una aliquota fissa, di commisurarla all’effettivo risparmio energetico, così il credito d’imposta potrebbe essere, per esempio, pari al doppio del risparmio effettivamente conseguito e adeguatamente certificato.
Prevedere la possibilità che lo Stato possa garantire i prestiti concessi a fronte della spesa per interventi edilizi. Per gli incapienti, prevedere la cosiddetta “imposta negativa”, la possibilità cioè di incassare dallo Stato i crediti che non trovano capienza nel debito d’imposta, con l’obbligo laddove si sia fatto ricorso al credito bancario, di riversarli agli istituti concedenti.
Escludere dal diritto ai crediti d’imposta gli interventi non necessari, sulla base di specifiche tecniche. Ridurre il periodo temporale per il recupero dei crediti fiscali, che in assenza di eventuali nuovi interventi legislativi si assesterebbe sui 10 anni. Infine, introdurre crediti d’imposta a regime anche per gli interventi su immobili non abitativi e imporre il conseguimento di un determinato standard emissivo agli immobili destinati alla locazione, posseduti da un medesimo soggetto, in numero eccedente a una soglia da determinarsi.
“A monte di queste proposte – conclude Oscar Bernardi – è quanto mai urgente una mappatura degli immobili sul territorio, che renda conto anche dello stato di manutenzione e dell’effettiva efficienza energetica. In provincia di Treviso, nell’ultimo censimento del 2011, risultano 197.782 immobili, il 18,7% dell’intero patrimonio immobiliare veneto, dato che pone la provincia al primo posto in regione. La partita, dunque, è centrale per la Marca Trevigiana. Il rischio non è solo per l’edilizia, ma per le prospettive stesse della svolta “green” europea”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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