Juti Ravenna “Un artista tra Venezia e Treviso” è la nuova mostra inaugurata ieri al Museo Civico Luigi Bailo che rimarrà aperta al pubblico fino al 4 febbraio prossimo.
Nato nel 1897 ad Annone Veneto e morto a Treviso nel 1972, a cinquant’anni dalla scomparsa Juti (Luigi) Ravenna è il protagonista di una retrospettiva curata da Eugenio Manzato ed Eleonora Drago che comprende oltre 100 opere pittoriche, disegni, bozzetti e acquerelli, ma anche documenti e foto d’epoca suddivisi in ordine cronologico.
All’inaugurazione in presenza del direttore dei Musei Civici di Treviso Fabrizio Malachin e del sindaco Mario Conte ha partecipato anche il figlio di Ravenna, Luciano: “Mio padre era un uomo timido e schivo: avrebbe apprezzato il calore con cui oggi viene accolta questa mostra che ne ripercorre le tappe di vita artistica fin dagli esordi”.
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“Un uomo schivo e introverso ma anche un pittore di grande qualità artistica in cui ritroviamo il tratto di Modigliani, De Chirico e perfino Cézanne – ha commentato Malachin nella sua introduzione poco prima del taglio del nastro – Dopo la mostra dedicata ad Arturo Martini, quella su Juti Ravenna riconferma la missione dei Musei Civici nel continuare a valorizzare il nostro patrimonio artistico locale”.
La mostra
Il percorso di mostra, articolato in dieci sezioni, ripercorre i momenti e i luoghi salienti della vita e del percorso artistico di Juti Ravenna, mettendo assieme opere provenienti da collezionisti privati e opere già di proprietà dei Musei Civici di Treviso.
L’esposizione parte dal luogo di nascita e dalla formazione di Ravenna alla Scuola di Arti e Mestieri di Motta di Livenza, passando poi al periodo veneziano di cui sono espressione opere fondamentali come Il discepolo e l’Autoritratto con la stufa, nonché nature morte e vedute di Venezia e di Burano.
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Una parte corposa della mostra è dedicata al legame del pittore con Treviso, città dove si trasferisce nel ’47. Le vedute trevigiane dalle colline ai corsi d’acqua della Marca costituiscono, insieme alle “boutique” – le botteghe – e a qualche paesaggio ligure, l’ultima parte del percorso espositivo che termina con una ricostruzione dello studio d’artista con i suoi strumenti di lavoro.
La mostra comprende anche alcuni focus tematici fra cui la produzione a tema sacro di Juti Ravenna, a cura di don Paolo Barbisan, direttore dell’Ufficio Diocesano d’Arte Sacra.
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“La mostra è un continuo andare e venire fra Venezia e Treviso – spiega il professor Eugenio Manzato che assieme e a Eleonora Drago ha curato l’esposizione e il catalogo che l’accompagna – Ravenna si trasferisce in città dopo la guerra, lasciando Venezia alla ricerca di tranquillità. In realtà il suo legame con Treviso inizia ben prima, nel 1921: nel ’35 possiamo già definirlo un trevisano acquisito. Da Treviso si sposterà per alcune puntate in Liguria dove realizzerà le sue ’boutique’ accostandosi in qualche modo alla pittura informale”.
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“Nell’arte della nostra città e della nostra terra troviamo le fondamenta di un futuro ancora tutto da scrivere – ha commentato il sindaco Mario Conte – ma anche la base della candidatura a Treviso Capitale italiana della Cultura 2026 che guarda al domani con un passato ben saldo. Mi preme sottilineare che questa è l’ennesima mostra autoprodotta dai Musei Civici che possono contare su una squadra straordinaria, competente e affiatata”.
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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