Venerdì Santo 1944, quando le bombe degli Alleati oscurarono il cielo di Treviso: “Non colpirono un obiettivo, ma ovunque”. Il programma delle commemorazioni

“Le formazioni compiono un largo giro e ritornano sulla città. […]  Sotto vi è una nuvola di polvere e fumo attraverso cui si scorgono appena gli incendi e l’eruzione delle bombe che continua. La stazione i binari il cavalcavia, tutto è coperto dalla nuvola che la luce dei razzi non riesce a penetrare. Essi sganciano nel mezzo. Con un così gran numero di bombe, con una così vasta zona bersagliata, l’obiettivo verrà certamente colpito. Ora essi sono sulla via del ritorno. Per molti chilometri scorgono all’indietro il chiarore della città che brucia. Gli uomini si sentono soddisfatti. Niente antiaerea, niente caccia notturna, e una missione compiuta bene”. 

Lo scrittore moglianese Giuseppe Berto narra così il bombardamento su Treviso del 7 aprile 1944 nel suo romanzo d’esordio “Il cielo è rosso” (1947). Non aveva assistito di persona al tragico evento. Berto era prigioniero di guerra nel campo di Hereford, in Texas, confinato tra i mussoliniani e antiamericani. Nell’estate del 1944 da un prigioniero di Treviso, appena arrivato a Hereford, gli giunge la notizia che la città è stata bombardata. Poco dopo comincerà a scrivere un romanzo in cui narra la storia di quattro ragazzi che cercano di sopravvivere tra le rovine di una cittadina della grande pianura, “solcata da un corso d’acqua pigro e non molto lungo”, distrutta dalla guerra.

Ne “Il cielo è rosso” il raid dei Boeing B-17 Flying Fortress, le Fortezze Volanti Usaf che trasportavano ognuna 11 uomini di equipaggio e grappoli di 24 bombe da 200 a 500 libbre, viene ambientato dallo scrittore all’una di notte. Nella realtà avvenne di giorno. L’orologio della storia si fermò alle 13.05 del 7 aprile di 78 anni fa. Perché Treviso fu la più colpita nel Veneto nella seconda guerra mondiale lo rievoca Alessandro Li Volsi, appassionato ricercatore di storia contemporanea, che ne parlerà venerdì 8 aprile in un incontro dedicato al gruppo Alpini di Treviso, di cui è socio. 

“Era il Venerdì Santo, giornata bellissima a livello meteorologico. In pochissimi minuti si passò da un cielo luminoso ad una città oscurata dalla polvere delle esplosioni di balestite e dalle nuvole di fumo che si alzavano dai tanti incendi”, spiega Li Volsi, menzionando anche le ricostruzioni storiche di Mario Altarui e le ricerche di Antonello Hrelia, presidente dell’Associazione 7 aprile, ” L’82% dei fabbricati dentro le mura venne distrutto o pesantemente danneggiato. Con grande fatica qualcosa si ricostruì, ma altro andò perduto per sempre. Dove ci sono i giardini di via Toniolo si verificherà il più terribile degli eccidi, poichè vi era uno dei più grandi rifugi antiaereo di Treviso, il cosiddetto rifugio dei bagni. Fu preso in pieno da una bomba. Vi morirono circa 250 persone, sulle oltre mille vittime civili del bombardamento.  Fu colpito anche il rifugio delle Orsoline, che si trovava dove fu poi costruito il Palazzo della Provincia al posto del cratere lasciato dalle bombe. Gli scoppi, uno successivo all’altro, crearono un distruttivo effetto domino “. 

Li Volsi asserisce che più sfortunate circostanze fecero convergere su Treviso la “furia” degli angloamericani: “Sulla causa scatenante si sono fatte molte ipotesi delle più grottesche e inverosimili. E’ un fatto vero, invece, che il bombardamento faceva parte di un piano preordinato, massiccio e continuato la cui finalità era quella di interrompere, attraverso la distruzione dei nodi ferroviari principali, i rifornimenti di uomini e mezzi che arrivavano dalla Germania. Questa offensiva puntava a non alimentare più le quattro linee difensive in Italia, soprattutto la linea Gotica che tagliava trasversalmente il paese, dall’Emilia Romagna alla Toscana. Bisognava colpire le linee ferroviarie più importanti e le stazioni di transito. Treviso era una di queste, come Udine e Mestre, che fu bombardata lo stesso 7 aprile”.

Altro fattore determinante fu la notizia che all’Albergo Stella d’Oro quel giorno si sarebbe svolto un vertice tra alti gerarchi fascisti e comandanti dello stato maggiore tedesco. “Il fatto era stato riferito agli angloamericani dai partigiani operanti in provincia. È accertato che fosse presente il generale Graziani, a capo della Repubblica di Salò, mentre non c’è mai stata certezza che alla riunione partecipasse il generale Kesselring. Comunque si disse che i partigiani, in costante collegamento con gli alleati, non potessero non sapere dell’incursione”.

A compiere il raid sul Veneto furono due squadriglie di velivoli partiti dalla base Usaf di Galatina (Lecce). “Risalirono l’Adriatico e si separarono all’altezza di Venezia. I B24 Liberators puntarono su Mestre e bombardarono la stazione ferroviaria e i dintorni, provocando danni ingenti. Invece a Treviso capitò il massimo della sfortuna. Usarono gli efficientissimi B17 che trasportavano un quantitativo enorme di bombe. Al largo di Caorle fecero una deviazione di 90 gradi, sorvolarono San Donà di Piave e arrivarono in vista di Treviso da sud-est, seguendo il Sile. Sganciarono prima un numero notevole di bombe sull’abitato tra Sant’Antonino e Casier, tanto che negli anni sono stati trovati ordigni inesplosi sul fondo melmoso del fiume. La Chiesa Votiva di Santa Maria Ausiliatrice, che i trevigiani eressero sospinti dal vescovo Longhin quale segno di ringraziamento per la fine della prima guerra mondiale, non era ancora stata inaugurata che venne completamente distrutta. Poco lontano anche lo scalo Motta, dove si smistavano le merci che viaggiavano con i treni, fu colpito gravemente”.

Altro motivo che impose agli alleati il bombardamento a tappeto fu il fatto che i B17 rimasero a quota diecimila piedi colpendo indiscriminatamente, convinti che in città fossero presenti numerose batterie contraeree composte da potenti cannoni 88 Flack. “Si seppe poi che era un dato sopravalutato. Il sistema difensivo non era così imponente come svelato dai partigiani agli alleati”, sottolinea Alessandro Li Volsi, “Perciò i B17 non effettuarono un volo radente, per non correre il rischio di essere abbattuti. Quella del 7 aprile non fu un’azione chirurgica di precisione con un piano di puntamento, ma si mirò al centro per distruggere tutto. Sì andò a colpire ovunque, e non solo gli obiettivi fondamentali, come la stazione ferroviaria e le caserme. Ecco quale è stata la tragedia di Treviso”.

Il Venerdì Santo in poco più di sette minuti caddero sul capoluogo della Marca tra le 4000 e le 5000 bombe, in gran parte da 500 libbre, sganciate in tre ondate da 152 bombardieri, affiancati da 38 caccia di scorta. Seguirono altri raid alleati il 14 maggio, il 10 ottobre, la settimana di Natale del 1944 e il 13 marzo 1945 (l’unico attacco notturno), come descritto da Livio Vanzetto ed Ernesto Brunetta nella loro “Storia di Treviso”. Alla fine saranno 1600 le vittime dei bombardamenti.

Treviso non dimentica e dopo 78 anni rivive quella tragica giornata. Le celebrazioni avranno inizio oggi mercoledì 6 aprile, alle ore 18, sotto la Loggia dei Cavalieri con la proiezione di due filmati dal titolo “Rintocchi” e “Memorie del 7 aprile”, a cura dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra (sezione di Treviso), in collaborazione con l’Associazione 7 aprile 1944. La commemorazione prosegue domani giovedì 7 aprile alle 10 con la messa celebrata dal vescovo Michele Tomasi nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice (Chiesa Votiva). Alle 12.15 verrà deposta una corona d’alloro davanti alla lapide dedicata alle vittime civili di guerra, sotto lo scalone di Palazzo dei Trecento; mentre alle 12.40, in attesa dei solenni rintocchi (7 minuti a partire dalle 13.05), gli Amici della Banda Musicale Cittadina “Visentin” offriranno un momento musicale, intervallato dalle letture degli studenti dell’istituto “Luigi Stefanini”. Alle 17, nel Tempietto di Santa Maria del Rovere si svolgerà una celebrazione religiosa officiata dal parroco don Adelino Bortoluzzi. Le cerimonie si concluderanno alle 20.30, sotto la Loggia dei Cavalieri, con il concerto della Banda Musicale Cittadina “Visentin” (ingresso gratuito).

(Fonte: Comune di Treviso).
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