“Il morbo del carrofondaio”: quando il Carnevale valdobbiadenese era uno dei più belli della Marca

Un carnevale “storico” di Valdobbiadene

In passato Valdobbiadene era famosa per il suo Carnevale e per la sfilata di carri allegorici, una tradizione venuta meno negli ultimi anni.

In questo Carnevale 2024, grazie all’impegno della Pro Loco di Valdobbiadene e dell’amministrazione comunale, i carri sono tornati in piazza Guglielmo Marconi per una sfilata notturna che ha entusiasmato grandi e piccini.

Un apprezzato ritorno che ha riportato alla mente gli “anni d’oro” del Carnevale valdobbiadenese, che è rimasto nel cuore di tanti trevigiani.

“Il morbo del carrofondaio – si legge in una nota di Sergio Castellan pubblicata in un opuscolo del 1985 della Pro Loco guidata dall’allora presidente Francesco Sanvito -, le na’ specie del mal de la piera, con un’unica differenza: uno costruisce edifici che restano a testimoniare tempi e cultura, gli altri fanno giganti di carta con complessi marchingegni in ferro e il tutto condito da pazzi colori, per la gloria e gioia di poche ore, per il sorriso di qualche bambino e gli applausi della folla. Attrice Valdobbiadene con le sue contrade, con i suoi cantieri di lavoro arroccati in qualche vecchio capannone in disarmo e, nei casi più disperati, sotto la pioggia, sempre pronta a rovinare tutto”.

Ogni contrada aveva il suo maestro e guai a “tradir la borgata” perché “le era bote”.

“Far carri mascherati – prosegue Castellan – è un’arte che si tramanda da padre in figlio e na’ olta i boce, su ordine dei veci, andea per campi a mondar viti del fil de fero. I giornali dai siori, strisce di cartone da Capretta, rete ramata, fina (ne facevano la spesa i cabiot de cunici), tante scanzele. Na presa de fantasia e colori. Colori, colori a tempera, a volte sfacciati, a volte tenui ma sempre tanti colori”.

“Di nuovo in scena i boce – aggiunge -. Passavano di casa in casa a questuare muniti di capaci recipienti. Vini per i grandi, sempre eternamente assetati: vini bianchi, neri, clinton, bacò, torcià, parseco, mericanel. Una tintoria di vin pinzol, vin che punta, vin eterno, assieme in una orgia di sapori con le telarine de fiorete. Le femene con le loro macchine da cucire, con il filo e ago giù a confezionare costumi, inbastir braghese, inventar capi, manti e paruche”.

“I veci artisti – sottolinea – disegnavano per terra su cemento, non c’era ancora la carta millimetrata. I grandi testoni prendevano le misure. I più maldestri imbastivano lo scheletro. Tutto veniva montato su dei seraban, piccoli rimorchi, debitamente prolungati con scale da fenil, lunghe e solide. In compagnia di una damigiana di vino in un canton, un sacco de coriandoli, due cavalli davanti, e via per la piazza. Pazza e stracolma di folla: maschere a non finire e la fastidiosa tormenta di coriandoli. I Carabinieri affaccendati a rincorrere la gente a volto coperto. Allora, nei primi tempi, la legge vietava le maschere. Si temevano rese dei conti. Eravamo nel primo dopoguerra“.

Indimenticabili i carri “Casetta del drago” (1949 Ron), “L’Arca di Noè” (1950) e la grande balena legata alla storia di Pinocchio.

Gli anni Ottanta sono stati uno dei periodi più fecondi per il Carnevale di Valdobbiadene, quando il presidente della Pro Loco era Francesco Sanvito.

Alcuni maestri carristi andavano a Viareggio, la “capitale italiana” del Carnevale, per avere nuove fonti di ispirazione per realizzare carri sempre più belli e grandi.

Per diversi mesi, giovani e anziani collaboravano insieme per costruire i carri allegorici e le varie borgate e frazioni facevano a gara tra di loro con l’obiettivo di impressionare il pubblico.

Momenti di aggregazione e spensieratezza che sono rimasti nel cuore delle persone che, a vario titolo, hanno dato il loro contributo per rendere indimenticabili le sfilate e le feste di Carnevale in paese.

Più recentemente, negli anni Duemila, un gruppo di ragazzi, guidati da Marco Din, si era appassionato a costruire carri mascherati e ad organizzare sfilate nella Marca trevigiana e anche fuori dalla provincia di Treviso, come a Bassano del Grappa e nel Bellunese.

L’auspicio di molti è che a Valdobbiadene possa tornare a crescere la tradizione del Carnevale, nella consapevolezza della sua grande storia.

(Foto: Pro Loco Valdobbiadene – studi fotografici Dall’Armi e De Conto).
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