La moda di alcuni ristoranti italiani che scimmiottano o copiano male i piatti e le cucine straniere è stata uno dei principali bersagli del discorso tenuto questa mattina da Arrigo Cipriani, famoso imprenditore della ristorazione e scrittore, agli alunni della scuola di ristorazione “Dieffe-Piero Berton” di Valdobbiadene.
L’incontro di oggi si è tenuto nel rispetto delle misure per il contrasto al Covid-19 e solo alcuni studenti hanno potuto conoscere di persona l’illustre ospite, mentre gli altri ragazzi hanno seguito l’evento collegandosi dalle loro abitazioni nelle quali hanno seguito anche le altre lezioni online della giornata.
Tanti i temi affrontati con lucidità da un uomo brillante per il quale l’età anagrafica, ben 88 candeline accese, sembra non essere un ostacolo al raggiungimento di nuovi traguardi.
Il nome di Cipriani è legato al famoso Harry’s Bar di Venezia, aperto nel 1931 dal padre Giuseppe e dichiarato nel 2001 Monumento Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali.
Tanti gli argomenti trattati con i giovani della Dieffe che sono rimasti incantati davanti ad una vera icona per il mondo della ristorazione mondiale.
Arrigo Cipriani ha definito il posto fisso “la fine della fantasia”, spingendo i ragazzi a reinventarsi sempre nella loro professione, ma si è concentrato anche sull’importanza dello studio della storia e sulla spiritualità.
“Io credo che la mia anima morirà con me – ha affermato il noto imprenditore della ristorazione – ma ogni uomo ha la possibilità di mettere in quello che fa la sua anima, questo rimarrà nel tempo”.
Immediato il collegamento con le proposte di lusso e gli oggetti nei quali le grandi menti mettono l’anima, conquistando l’immortalità.
Sempre attento all’ironia, Cipriani, che per la sua morte ha già preparato l’incisione sulla lapide con la scritta “Sto da Dio”, ha spiegato che il primo atto di libertà lo abbiamo da bambini quando, a poche ore dalla nascita, sputiamo quello che non ci piace.
Secondo il suo pensiero, ognuno di noi ha già dentro di sé dei gusti che non dobbiamo offendere: per questo la cucina deve essere attenta ai sapori come la poesia deve saper esprimere in modo semplice concetti complessi.
Cipriani, che non ha paura del tempo che passa, ha definito la morte “quello che non abbiamo fatto e che è troppo tardi per fare”, precisando che la stessa non si trova davanti a noi ma dietro di noi.
In una scuola di ristorazione non poteva mancare un pensiero per la cucina che Arrigo Cipriani ha voluto concretizzare in un elogio delle trattorie: “Secondo me un buon ristoratore dovrebbe proporre l’Italia della cultura. Tutto quello che abbiamo importato dall’estero è sbagliato: abbiamo importato dall’America forme di risposta che sono robotizzate e dalla Francia un tipo di cucina che non è nostra. Noi in Italia abbiamo una ricchezza enorme che viene mostrata soprattutto dalle trattorie e dalle osterie dove la gente si ritrova, sta bene e viene accolta per il piacere di vedere il cliente”.
(Fonte: Redazione Scuola di ristorazione Dieffe-Piero Berton).
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