La storia di Vincenzo Morgantini, abate latinista e romanziere di fine Ottocento

Abile narratore, nel 1882 Vincenzo Morgantini diede alle stampe un romanzo che riscosse larghissimo apprezzamento.

Sacerdote, insegnante e appassionato cultore di lettere, scrisse poesie e tradusse opere dal latino, tra cui “La vita di San Martino” del suo conterraneo Venanzio Fortunato.

Morgantini nasce nel 1840 a Ron di Valdobbiadene, in località Villa, da Giovanni e Anna Saccol.

Avendo dimostrato fin da piccolo notevole propensione per gli studi, la famiglia lo avvia al seminario di Ceneda.

Sulle prime il giovane Vincenzo si intrattiene a Vittorio Veneto, in seminario, per dedicarsi all’insegnamento delle lettere, ma è mansionario di San Rocco, in quel di Santo Stefano, e dunque a Valdobbiadene, che trascorrerà i 40 anni successivi: “Sempre seguito da diligenti discepoli negli studi prediletti, vi dettò latino, lettere e storia”.

Quando il romanziere indossa la tonaca

La figura del prete-scrittore nella letteratura italiana è tutt’altro che rara. Ma, mentre sono numerose le opere di saggistica o le raccolte di poesie pubblicate da sacerdoti, sono invece archiviati in una nicchia coloro che si sono cimentati, e con successo, nella narrativa.

È il caso di Vincenzo Morgantini, che deve la sua fama al libro “Un fiore delle Alpi”. Un racconto epico-cavalleresco che piacque molto ai contemporanei, i quali continuarono a leggerlo per quasi mezzo secolo.

Il romanzo cadde poi nell’oblio, fino al 2005, quando, oggetto di una ristampa anastatica, è tornato a nuova vita.

Si tratta di un romanzo popolare, nel senso più profondo del termine: Gian Domenico Mazzocato, che con l’editore Danilo Zanetti, ne ha curato la riedizione in un’operazione importante di recupero della memoria, lo definisce “manzoniano”.

In riferimento ai “Promessi Sposi“, simile il tessuto e l’intreccio, somiglianti i caratteri dei personaggi e le digressioni sui paesaggi, analoghi gli inserimenti monografici, con i tumulti, gli assedi, la peste e l’immancabile lieto fine.

Prendendo a pretesto l’amore travagliato della sua protagonista: Margherita, il fiore, appartenente ad una nota famiglia di Valdobbiadene, Morgantini si ritrova a narrare, in modo appassionato, le vicende di coraggiosi cavalieri e di prepotenti signorotti, di straordinari santi, di sanguinari guerrieri e di bravacci pronti a tutto. Sullo sfondo si staglia il Veneto, le sue tradizioni, la sua devozione e la sua storia.

I fatti si svolgono attorno al 1510, attraversando Quero e Cornuda, Bigolino e Vidor fino a Collalto, Montebelluna, Treviso, Valdobbiadene e Venezia.

Sono anni difficili, in particolare per la Serenissima, che si trova costretta a lottare per non sparire dalla scena politica.

Oltre a “Un fiore delle Alpi”, Morgantini pubblica altri due libri: “Augusta, ovvero la vittoria della fede: racconto storico del secolo V” e “Rosalia, ovvero le spine d’una rosa: racconto del secolo XIX”.

Vincenzo Morgantini muore nel 1916. Scrive di lui lo storico valdobbiadenese Giovanni Battista Pivetta: “Persona integerrima, modesta, d’indole liberale contenuta dalla professione, di genio e di buon cuore”.

(Fonte: Terra e Genio).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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