L’impegno di Fundación Doña Lucia in Bolivia: “I giovani vogliono liberarsi dalle catene della miseria”

L’impegno di Fundación Doña Lucia in Bolivia

Lo scorso gennaio Paola Arman, conosciuta nel Quartier del Piave per il suo impegno con l’Università degli Adulti di Pieve di Soligo, si è recata in Bolivia per conoscere la realtà nella quale opera l’associazione “Fundación Doña Lucia” ODV.

L’associazione, che ha sede a Valdobbiadene, è nata nel 2009 ad Aiquile con finalità benefiche in campo educativo, occupandosi anche di progetti come la costruzione di cisterne d’acqua in alcune zone della provincia Campero che, a causa della crisi climatica, risentono di problemi legati alla carenza di questo elemento vitale. 

“Alla fine di gennaio – racconta Arman – mi è stata offerta la possibilità di un viaggio nella realtà boliviana nell’area dove opera l’associazione creata dal dottor Fausto Molina: Aiquile e le aree circostanti. Con noi hanno viaggiato il dottor Molina stesso, la responsabile Rita MiottoPaolo Rech, burattinaio professionista, e la consorte. Sono state tre settimane intense di attività e conoscenza del territorio”. 

Arman ha spiegato che l’altopiano boliviano (tra i 2000 e 4000 metri) si presenta con varietà ben diversificate di paesaggi: valli parallele incavate e scavate dagli agenti atmosferici, aree verdi coltivate soprattutto a patate i cui fiori danno un tocco esotico all’ambiente e mais, altopiani con suoli marziani popolati da greggi di lama, alpaca e vigogne, e pianure di sale (El Salar de Uyuni) e cactus che sono un elemento caratterizzante il paesaggio. 

“Vegeta in queste aree la regina delle Ande – continua -: la Puya Raimondi. Pianta gigantesca che fiorisce ogni cento anni circa e che si staglia, ben visibile da lontano, contro il cielo andino. La Bolivia è una terra ricca anche nel sottosuolo, soprattutto nell’area di Potosi con la presenza del Cerro Rico (4782 m) le cui miniere d’argento, piombo, zinco, stagno e ultimamente litio richiamano migliaia di persone che vivono in povertà e sfruttamento, tra mille pericoli, nella costante attesa della catastrofe finale visto che il Cerro è ormai una sorta di gruviera”. 

“Il desiderio di modificare la propria vita con un inaspettato arricchimento – prosegue – fa sì che molte persone abbandonino i loro villaggi natali per trasferirsi in zone in cui si promette e prospetta una vita migliore. Certo non sempre la realtà risponde a tali aspettative e non è così difficile incontrare persone che cercano di sostenersi con poco, vendendo agli angoli delle strade spremute di lime o che chiedono una moneta, un aiuto per non soccombere alla sorte”. 

L’amica di “Fundación Doña Lucia” ha spiegato che la grande città, carica di contraddizioni, offre una panoramica sulle popolazioni presenti dalle favelas ai quartieri benestanti, dalle choritas con il loro abbigliamento tradizionale agli uomini d’affari. 

“È il melting pot – spiega Arman – che mescola la tipologia andina a quella europea, i discendenti degli antichi Inca ai colonizzatori spagnoli. Anche l’architettura delle città e dei villaggi presenta questa mescolanza. Si passa dalle piccole case costruite con materiali locali (adobe) biosostenibili, all’uso del mattone e del cemento, secondo schemi che risentono dell’influsso della modernità. Le scuole sono diffuse in tutto il territorio e, soprattutto nelle aree rurali, hanno la caratteristica di uno spazio coperto (tinglado) che permette attività sportive e ricreative”. 

“Sono dotate di aule specifiche – aggiunge – per le singole discipline (musica, scienze, letteratura…) e in alcuni casi anche di orti per la coltivazione di prodotti che vengono usati per la mensa scolastica. Questo per favorire la frequenza anche di alunni che provengono da zone lontane e disagiate. Spesso sono gli insegnanti stessi che si preoccupano di prelevare e accompagnare a casa gli allievi. Ѐ nel loro interesse e indubbiamente in quello della collettività”. 

“Le pareti d’ingresso delle scuole – continua -, spesso sono rallegrate da murales realizzati dai ragazzi e in essi sono racchiusi messaggi specifici di vita e di comportamento. Ciò che mi ha colpito incontrando anche i ragazzi delle superiori, la cui presenza negli ‘internados’ e frequenza scolastica sono sostenute dai finanziamenti dei ‘padrini’ dell’Associazione, è la loro voglia di liberarsi dalle catene della miseria attraverso lo studio: leggi nei loro occhi la volontà di raggiungere un diploma o una laurea successiva e davvero sprizzano gioia quando parlano degli obiettivi raggiunti e dei loro sogni lavorativi”. 

Arman ha raccontato che ci sono anche scuole piccole, con pochi alunni, alle quali l’associazione ha donato materiale scolastico

“Avevamo incontrato l’insegnante – sottolinea – e gli alunni durante l’inaugurazione di una cisterna d’acqua per un villaggio. L’infaticabile dottor Molina si è attivato anche in questa direzione coinvolgendo maestranze, popolazione e amministrazioni locali. Infatti, la mano d’opera è data dalla popolazione, il resto è condiviso. Per un estraneo è bello partecipare e vivere in prima persona queste inaugurazioni perché si percepisce e si tocca con mano il senso profondo della comunità, il valore della condivisione e dei rapporti umani”. 

“È stata un’esperienza che mi ha fatto a lungo riflettere – prosegue – perché forse questo senso di bene comune noi l’abbiamo smarrito, così pure la condivisione e il grande rispetto per la terra la ‘Pacha Mama‘, grande madre, dea della fertilità e dei prodotti della agricoltura. Anche il saluto è un’altra espressione che mi porto dentro, non sei un estraneo, ma ti riconosco come mio simile, vale a dire ‘essere umano’ e il ‘Buenos días/Buenas tardes/ Buenas noches’ è per te, anche se non ti ho mai visto, anche se non ti conosco e non appartieni alla mia comunità, anche se transiti sul marciapiede opposto”. 

“E la doppia stretta di mano – conclude -, prima e dopo dell’accostare la guancia destra e poi la sinistra, quasi a convalidare la gioia di un incontro, un suggello di amicizia e di parola data. Faccio fatica a non pensare alle ‘Città invisibili‘ di Calvino, a Zenobia la cui particolarità è la costruzione di connessioni continue, grazie alle quali nessuna casa sarà mai isolata, nessun balcone irraggiungibile, nessun vicolo cieco. Tutto, in Zenobia, è relazione. E il desiderio consiste esattamente nella costruzione di assemblaggi complessi e di umanità!”. 

(Foto: per concessione di Paola Arman). 
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