Il commento in merito alla celebrazioned di domani, venerdì 1 maggio, da parte di Mauro Visentin, segretario generale Cgil Treviso.
“Una piazza virtuale per un Primo Maggio 2020 più che reale. È la Festa dei Lavoratori e delle Lavoratrici. Un giorno di festa in un periodo sicuramente difficile e duro, per molti aspetti. Abbiamo alle spalle settimane che ci hanno stravolto, durante le quali ci siamo sentiti inermi, confusi, impauriti da una parte, ma che ci hanno anche unito, sebbene distanti gli uni dagli altri, perché ci siamo sentiti tutti uguali di fronte al rischio del male, tutti sulla stessa barca in attesa che la tempesta svanisca.
E i marinai di questa barca sono stati proprio quei lavoratori fino a ieri invisibili, non considerati o troppe volte presi di mira, criticati, a volte ridicolizzati. D’un tratto abbiamo capito che sono loro a essere fondamentali per tutti, ma lo sono sempre stati. Sono i lavoratori della Sanità, dai professionisti agli addetti delle pulizie, dai lavoratori delle mense a quelli dei CUP, a coloro che si prendono cura delle persone anziane. Sono gli insegnati che si sono subito rimboccati le maniche per amore dei propri alunni e per il bene della conoscenza. Sono i lavoratori del mondo dell’agricoltura e della distribuzione alimentare, dai campi coltivati fino ai supermercati. Sono gli operai delle fabbriche dei prodotti sanitari e dei cantieri dei servizi essenziali. Sono gli addetti del sistema dell’informazione. Sono i dipendenti pubblici, dei Comuni, delle Province, fino ai livelli maggiori. E sono anche i rappresentanti dei lavoratori stessi. Perché se questo lockdown ha visto tanti di noi interrompere temporaneamente la propria vita lavorativa, molti altri si sono fatti carico della responsabilità di non fermarsi, anzi di dare di più per il bene di tutti.
I lavoratori non sono merce, ed è proprio la realtà, dura e inconfutabile, di questo momento che ce lo chiarisce ancora una volta. Una realtà così inattesa che ha minato lo stesso principio nel quale la modernità della società del ventunesimo secolo si fonda, la globalizzazione e le sue logiche dell’utilitarismo e di mercato.
Per certi versi allora la nostra società ha fallito. Ha fallito e fallisce quando svilisce il valore del lavoro, quando non contempla i principi universali della salute, del reddito, dell’istruzione, dell’alloggio, garantiti a tutti. Ha fallito e fallisce quando percepisce come costo la sostenibilità delle produzioni, il rispetto dell’ambiente, la sicurezza nei luoghi di lavoro, la legalità e la redistribuzione equa delle risorse. Non è una società “sanamente” globalizzata è una società tossica. Da cambiare.
E il Primo Maggio, la nostra Festa, serve proprio a questo, a ricordarci il compito del movimento dei lavoratori, un compito idealmente importante, quello di cambiare il mondo, cambiare i rapporti di forza, cambiare il valore delle cose per darci il giusto senso. Un ospedale, una scuola, valgono più di una banca. La mal distribuzione della ricchezza, la precarietà, le nuove povertà, la fame del vicino come di chi ci è lontano, sono gli indicatori delle cose che non vanno.
Allarmante e fuori luogo è chi pensa di riprendere le attività lavorative così come niente fosse successo. Chi pensa che tutto debba tornare come prima. Allarmante e pericoloso è chi ha paura che tutto non torni come prima. E se ne dovrà fare una ragione, perché anche da questa situazione, noi abbiamo tratto un insegnamento, che ci sono valori e valori, che la salute dei cittadini viene prima dei profitti, che la sicurezza nel lavoro è un principio imprescindibile. E da domani saremo ancora più determinati, lo saremo con le controparti lo saremo con la politica. Perché anche quest’ultima deve cambiare, dal municipio all’Europa, nel rimettere al centro la solidarietà e la giustizia sociale. Ne va del nostro futuro e di quello delle future generazioni.
Un grazie, infine, ce lo meritiamo tutti per quello che stiamo facendo, per la battaglia che stiamo portando avanti, a lavoro, a casa, facendo la spesa, nei trasferimenti, negli affetti. Per quel comportamento ragionevole che stiamo mettendo in campo e che deve essere il metro del nostro procedere per ancora non poco tempo”.
(Fonte: Cgil Treviso).
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