Questa mattina, martedì 21 novembre, davanti alla sede di Confindustria in Piazza delle Istituzioni a Treviso si è tenuto un sit-in per dire basta alle morti sul lavoro (la manifestazione è stata indetta da Cgil, Cisl e Uil).
In molti hanno manifestato pensando ad Anila Grishaj, la 26enne deceduta una settimana fa in un tragico incidente sul lavoro a Pieve di Soligo.
“Se affrontando il tragico fenomeno delle morti sul lavoro – si legge in una nota delle Rsu dello stabilimento Electrolux di Susegana -, con gli stessi mezzi, nella coazione a ripetere, il risultato è l’aumento dei morti, strumenti e metodi sono chiaramente sbagliati. A Treviso Cgil, Cisl e Uil continuano a firmare protocolli sulla sicurezza per certificare e autocompiacersi delle buone pratiche individuate, frutto di riunioni, carte, altisonanti impegni, enunciazioni, ma il risultato finale è che la Marca trevigiana resta la provincia con il tasso più alto di morti sul lavoro nel 2023“.
“A questo – continuano – a cui si accompagna una condizione di sfruttamento nei tanti luoghi di lavoro, deleteria, poco sondata e studiata, ben nascosta, ma ben percepita chi lavora. I pochi indicatori resi pubblici vanno a suffragare questa tesi: ispettorati del lavoro sotto-organico, lo Spisal – Ulss 2 destrutturato: chiude a breve persino la storica sede di Conegliano, ora ridotta a 4 tecnici, ma tutta la provincia ha meno della metà dell’organico previsto, e nessun medico del lavoro operativo. È la provincia con gli stipendi più bassi, nella regione con gli stipendi più bassi del centro nord Italia ed è la provincia con il più basso tasso di assunzioni di dipendenti disabili, tutti indicatori sintomatici di una condizione strutturale di pratiche diffuse poco legittime se non palesemente illegali”.
“A fronte di un tale quadro delle tutele violate – proseguono -, ci si aspetterebbe una reazione e azione sindacale altrettanto penetrante, diffusa e a tratti radicale, a tutela di chi subisce gli effetti di questo quadro malato. Invece è l’unica provincia dove, a fronte delle continue tragedie e con 11 morti sul lavoro da inizio anno, lo sciopero non viene neanche paventato. Si supplisce, quando va bene, con sit-in per addetti ai lavori. Aperti più che altro a sindacalisti, rappresentati dei lavoratori delle fabbriche più grandi e ai pensionati”.
“Lo sciopero per le morti sul lavoro – aggiungono – resta la forma più incisiva di protesta legittima. Fermando le produzioni, si ferma e colpisce, se pur per poco, la causa del macabro e tragico fenomeno: il profitto ad ogni costo; ma serve anche a creare la coscienza per un sistema malato e sapere che c’è un soggetto, il sindacato, che agisce e reagisce. Il non farlo, alimenta la narrazione che sia normale così, che è un fatto che capita, è da mettere in conto. Insomma, si contribuisce a creare assuefazione di sistema, sugli infortuni, dando la sensazione che è parte del modo di fare impresa”.
“Resta la certezza che questa degenerazione va fermata – concludono – e sapere il sindacato imbrigliato nei protocolli della morte, e in sit-in lontani anche plasticamente dai luoghi dove si muore e senza la partecipazione dei lavoratori, segna l’urgenza del cambio di passo e forse anche di teste. La sensazione è che vi siano troppe omissioni e silenzi, come una palude stagnante. Pur dubitando dell’efficacia della Commissione parlamentare in arrivo, speriamo abbia almeno l’effetto di un sasso lanciato nello stagno, muovere le acque”.
(Foto: Rsu Electrolux di Susegana).
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