I segreti per un tappeto erboso di successo

Un prato all’inglese è un sogno quasi irrealizzabile, ma un “tappeto erboso” di qualità è alla portata di tutti. Basta seguire alcune buone pratiche agronomiche e svolgere le poche (e semplici) lavorazioni necessarie al momento giusto.

Per molti parlare di prato o di “tappeto” erboso è riduttivo dal momento che in ogni metro quadrato di superficie ben tenuta si possono insediare fino a 20.000 piante. Pertanto, per avere un prato di successo occorre fornire le medesime condizioni di crescita a tutti i singoli semi che utilizzeremo per formare il “tappeto”. È quindi necessario raggiungere una stabilità elevata delle condizioni ambientali, oltre che avere a disposizione – o correggere opportunamente – un terreno quanto più possibile uniforme. Al contempo è fondamentale procedere in modo attento e correttamente distribuito per quanto riguarda le operazioni di semina, concimazione, irrigazione e taglio. Al fine di conseguire un buon risultato ornamentale, infatti, è necessario fornire ad ogni singolo seme, ogni singola pianta, le stesse condizioni di crescita: solo così si potrà avere un “tappeto” erboso davvero omogeneo.

La semina
Non appena mettiamo piede in un centro giardinaggio, ci troviamo circondati da una varietà incredibile di miscugli o sementi in purezza, ognuno dei quali promette di risolvere tutti i nostri problemi in tema di prato. Tuttavia, la risposta alla domanda “cosa semino?” è molto più semplice e si può ridurre alla conoscenza delle condizioni ideali di crescita delle specie prative, le quali dovranno poi essere confrontate con la situazione che caratterizza il nostro giardino.
In linea di massima – ma si tratta comunque di indicazioni valide nella maggior parte dei casi – nei climi più freschi del nord Italia, dotati di terreni prevalentemente sciolti, si possono utilizzare miscugli di Lolium perenne e Poa pratensis, mentre dove predominano situazioni di estati calde e umide è meglio puntare sui miscugli di Festuca arundinacea e di Poa pratensis. La Poa pratensis dovrà essere sostituita da Festuca rubra laddove la radiazione luminosa non fosse sufficientemente elevata. Al centro e sud Italia, a fianco di Festuca arundinacea, si possono inserire specie macroterme quali Cynodon dactylon (la comune gramigna, oggi selezionata in diverse varietà) e Paspalum vaginatum.

Per quanto riguarda l’epoca di semina, in linea generale e senza considerare le specificità meteorologiche di ogni stagione, è possibile affermare che settembre è il periodo migliore, salvo che per le macroterme Cynodon e Paspalum che, invece, dovrebbero essere distribuite nel corso del mese di maggio o, addirittura, di giugno.
La quantità di seme varia in genere tra i 30 e i 50 grammi al metro quadrato di terreno. Fanno eccezione, anche in questo caso, Cynodon e Paspalum dove la dose è ridotta a 10-20 grammi al metro quadrato. Rispettare la dose del miscuglio prescelto è fondamentale dal momento che una dose bassa produrrà un prato rado, facile preda delle infestanti e quindi molto oneroso in termini di manutenzione. D’altra parte, aumentare eccessivamente la dose è un errore molto comune che, lungi dal velocizzare l’insediamento del prato, comporta un’eccessiva competizione tra le piante le quali, filate e malnutrite, saranno più soggette a malattie.

Non meno importante è la scelta della modalità di semina: lo spaglio, ossia la distribuzione manuale del seme, è sconsigliato a causa dei semi molto piccoli e della notevole manualità ed esperienza che richiede questa tecnica. Meglio optare per l’uso di un carrello spandiseme, ottimo per piccole superfici o per giardini molto irregolari: si tratta di soluzioni generalmente a caduta che presentano una distribuzione precisa e uniforme. Le seminatrici di precisione sono invece mezzi tecnici avanzati che possono essere utilizzati efficacemente solo su superfici regolari e relativamente ampie (superiori ai 500-600 metri quadrati).
Terminata la semina si dovrà subito distribuire il cosiddetto concime starter, utilissimo per favorire le primissime fasi di crescita delle piante. Si tratta di un concime facilmente reperibile, molto ricco in fosforo.

L’irrigazione
Una preparazione del terreno perfetta e un’attenta semina possono essere completamente vanificate nel caso in cui non si presti un’adeguata attenzione all’irrigazione nei 20 giorni immediatamente successivi. Questo perché il seme, di fatto, costituisce l’embrione della futura pianta e, per potersi sviluppare, richiede di avere una disponibilità idrica costante che, in termini pratici, si ottiene tramite una bagnatura leggera ma frequente (più volte al giorno se necessario). Una volta che il prato si è insediato sarà sufficiente provvedere a un’irrigazione di mantenimento. In particolare, sarà bene programmare l’impianto di irrigazione affinché entri in funzione all’alba in modo tale che l’apparato fogliare si possa asciugare rapidamente e che siano minori le possibilità di attacchi da parte di patogeni. Inoltre, si deve avere cura di evitare di irrigare troppo frequentemente sia per mantenere buone condizioni fitosanitarie, sia per favorire l’approfondimento radicale delle piante che, quindi, saranno meno soggette a eventuali periodi di siccità.

Il taglio
Il primo taglio dopo la semina è un evento cruciale. Indicativamente, quando le foglie raggiungono un’altezza di circa 8 cm è necessario intervenire con una sorta di cimatura, abbassando l’altezza delle piante a circa 6 cm. È importante usare tosaerba leggeri per non compattare eccessivamente il suolo, dotati di lame affilate e di sacco raccoglitore dello sfalcio. Su prati appena insediati è infatti da evitare assolutamente il cosiddetto mulching, ossia la triturazione dei residui dello sfalcio e la loro distribuzione sul “tappeto” erboso.
I tagli successivi non dovranno asportare più di un terzo della lunghezza della foglia. Un caso pratico può chiarire il concetto: se prima del taglio il nostro prato è alto 12 cm, dopo il taglio dovrà essere alto 8 cm. Questo al fine di non rimuovere una quantità di superficie fotosintetizzante eccessiva rispetto alla necessità delle piante. In ogni caso, l’altezza del prato dopo il taglio non dovrebbe mai scendere al di sotto dei 4 cm e dovrebbe essere tenuta leggermente superiore nel corso della stagione calda. Per quanto riguarda la frequenza, è opportuno seguire gli andamenti stagionali di crescita delle piante, aumentando la frequenza a una volta a settimana nei mesi primaverili e autunnali e riducendola a 2 (massimo 3) volte al mese negli altri periodi.

La concimazione
Tutte le attenzioni sinora riservate al nostro prato sarebbero del tutto sprecate se non fornissimo “cibo” in quantità e qualità sufficienti. Si tratta forse della cura culturale più complessa, dal momento che richiede alcuni calcoli per stimare i nutrienti necessari. Tuttavia, per semplificare il ragionamento, possiamo dire che l’apparato radicale assorbe la maggior parte dei nutrienti nel corso della primavera e dell’autunno.

Pertanto, a inizio primavera e a fine estate, è necessario intervenire con concimi che presentano una buona quantità di azoto, mentre a fine primavera e a fine autunno è meglio utilizzare concimi ricchi in potassio, elemento che ha la capacità di “indurire” i tessuti e di renderli più resistenti agli stress da caldo e da freddo.

Analogamente a quanto suggerito per la semina, si consiglia di utilizzare appositi carrellini spandiconcime, in modo da distribuire omogeneamente i nutrienti ed evitare la formazione di antiestetiche “strisciate” di colore verde intenso, tipiche delle zone troppo rigogliose.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Luca Masotto – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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