1920, il commissario prefettizio di Valdobbiadene si dimette: mancano i mezzi per far risorgere l’economia

Febbraio 1920: la Grande Guerra è terminata da un anno e tre mesi, la popolazione è ritornata dal fronte e dalle terre di profugato, macerie e desolazione la fanno da padroni nei paesi dell’alto Trevigiano. Nulla è cambiato dal 4 novembre 1918. I cittadini sono allo stremo perché è difficile ricominciare senza risorse: le stalle e i granai sono vuoti, i vigneti, dopo un anno di abbandono, sono distrutti dalla peronospora. L’economia locale non riparte, gli aiuti statali non arrivano o sono risicati.

A Valdobbiadene, dopo la violenta rivolta dei bigolinesi nel novembre 1919 (qui l’articolo), accade un altro episodio dirompente: un’altra ribellione alla non vita del primo dopoguerra. Il 22 febbraio 1920 il commissario prefettizio, Luigi Stramare, dà le dimissioni.


Non vuole più reggere il Comune di Valdobbiadene. La popolazione è in fermento, si ribella, non crede più alle promesse delle istituzioni pubbliche, si continua a morire a tutte le età. Stramare, con una lettera al Prefetto di Treviso, motiva chiaramente la sua decisione irrevocabile: “In questi giorni una larga rappresentanza di tutte le frazioni del Comune di Valdobbiadene si presentava in municipio e, esposte le cattive condizioni di vita alle quali ancora, dopo molto tempo, erano soggetti, invocava provvedimenti. Poiché i provvedimenti tanto sollecitati, onde fronteggiare la disoccupazione, nonostante la buona volontà del Comune, minacciano di essere troppo tardivi. I tempi sono ormai scaduti e bisogna intervenire immediatamente“.

Valdobbiadene dopoguerra ricostruzione 2


Luigi Stramare non vuole più essere complice di uno Stato inadempiente: Mancano tutti i mezzi per far risorgere l’economia del paese dopo un anno d’invasione e di profugato e le piccole risorse in denaro degli abitanti non esistono più. Poi c’è la chiusura definitiva dell’ospedale Guicciardini, dovuta alla mancanza di sovvenzioni per far risorgere questa istituzione centenaria com’era prima del conflitto. Non è possibile distribuire i sussidi nel modo prescritto dalle disposizioni in vigore senza urtare contro quei criteri d’equità e di giustizia che sarebbero imposti dagli speciali bisogni di queste popolazioni. Non c’è nessuna intenzione di intervenire per migliorare almeno un poco l’attuale condizione. Nella popolazione regna latente il malcontento generale, il quale potrebbe da un momento degenerare portando serie conseguenze”.


La popolazione è avvilita, soprattutto i contadini, perché non riesce a trovare le risorse per ripristinare quello che è stato rubato e distrutto nel 1917-1918. Il commissario prefettizio Stramare se ne lava le mani? Assolutamente no, infatti afferma: Il sottoscritto ha la coscienza di aver prestata fino a qui e per quanto era nelle sue forze l’opera sua pacificatrice, ora mancandogli quanto sarebbe strettamente necessario per fronteggiare la soprascritta petizione”.

Valdobbiadene dopoguerra campanile Valdo


La sua decisione è irrevocabile: vuole lasciare il municipio di Valdobbiadene, affidando al Prefetto ogni altra decisione ma, al tempo stesso, lo prega di inviare a Valdobbiadene i sussidi del mese di gennaio 1920, tenendo conto che “molte famiglie si trovano prive di un solo centesimo e, quindi, nell’impossibilità di provvedere più oltre ai bisogni della propria esistenza”.


Il commissario Stramare forse si arrese perché alla sua gente non poteva più raccontare bugie. Avrebbe dovuto resistere? Chiedere maggiore giustizia insieme alla sua gente? Avrebbe potuto ma, dimettendosi, provocò uno scandalo istituzionale che “smosse le acque” in modo improvviso e dirompente. Questo è uno dei tanti retroscena del primo conflitto mondiale, di cui non si vuole parlare e che pochi hanno voluto indagare. Dramma prima, tragedia poi.

(Fonte e foto: Luca Nardi © Qdpnews.it).
(Fonti documentali: Archivio di Stato di Treviso, fondo “Gabinetto di Prefettura”)
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