È una pratica antica quella della perla di vetro, legata a doppio filo con un’abilità sopraffina che parte dalla realizzazione fino al suo utilizzo.
Venezia è famosa in tutto il mondo per innumerevoli motivi, tra i quali anche quello di saper trattare un materiale come il vetro fin da quando non esisteva il turismo di massa e la città era frequentata da mercanti, Dogi e soldati.
Molte le misure delle perle veneziane, ognuna con un nome diverso, tramandato di generazione in generazione fin dall’epoca romana. Le più piccole vengono definite “conterie” e vengono realizzate ed utilizzate con cura e precisione da secoli.
“Sono state utilizzate in tutti i modi possibili e in ogni continente del mondo – spiega Marisa Convento, presidente del comitato di salvaguardia delle perle di vetro veneziane – e queste, le più piccole, vengono realizzata con il sistema della canna tirata“.
Con un’abilità unica i maestri vetrai soffiano il vetro che viene “tirato” fino ad ottenere una cannuccia forata che tagliata a pezzettini e arrotondata da vita a queste minuscole perle, utilizzate soprattutto per la realizzazione di frange e collane ma anche di fiori tridimensionali. “La bravura (quella dei maestri del vetro, ndr) permette loro di realizzare innumerevoli colori” conclude Convento.
Ma nella realizzazione di queste vere e proprie opere d’arte ognuno ha il proprio ruolo. Tocca alle impiraresse e agli infilatori il compito di dividere in mazzi e infilare le conterie.
Semplificando, questa pratica, tramandata di generazione in generazione, è eseguita utilizzando aghi sottili con i quali vengono infilzate le perle e poi fatte scorrere in un filo metallico dando vita all’oggetto desiderato.
L’arte della perla di vetro è iscritta dal 2020 nella lista dei patrimoni culturali immateriali Unesco grazie a un percorso condiviso tra Italia e Francia in una sinergia che dura fin dal XIX secolo grazie a scambi tecnici, culturali e artistici.
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