Al nostro cervello piacciono le cose semplici. I messaggi devono essere chiari e corti. Devono arrivare subito alla nostra testa o meglio, alla nostra pancia. Perché è così che ci siamo evoluti. Anche se ci piace definirci “cacciatori”, la storia evolutiva della nostra specie è la storia di una “specie preda”. Siamo stati delle ottime prede, e continuiamo ad esserlo in molte parti del mondo. Quando si è una preda non c’è troppo tempo per speculazioni neuronali. Se sentiamo il rumore di un ramo spezzato nella giungla, nella savana o nel bosco dietro casa, non stiamo certo a misurare le riflessioni più o meno sagge sui fenomeni di correlazione o causazione: “Sarà stato il vento o un probabile predatore?”. La risposta, appare scontata, è cercare una via di fuga, e non importa se nel 99% è proprio il vento a causare rumori terrifici perché basta quell’1% di pericolo imminente per scagionare tentativi inutili di fuga.
Così ci siamo evoluti e così funziona il nostro cervello. Lo sanno bene la pubblicità e il marketing, che sfruttano entrambi i circuiti cerebrali assetati di messaggi facilmente comprensibili ed efficaci. Non importa che descrivano la realtà, non è quello il loro scopo. Lo scopo è vendere la sicurezza percepibile.
Se però vogliamo descrivere la realtà, al contrario di quanto scritto finora, dobbiamo sforzare il nostro cervello a pensare in modo meno istintivo. Non è semplice, ma è l’unico modo per avere un’idea di quello che succede nel mondo. Dobbiamo adottare il metodo scientifico. Dobbiamo masticare fatti e numeri, e non opinioni! È così che si abbandonano le semplici (e sbagliate) correlazioni e si misurano le causazioni.
L’abbattimento del cinghiale causa una diminuzione della popolazione? Se anche il lettore più ingenuo potrebbe pensare ad una risposta affermativa, anni e anni di gestione venatoria insegnano il contrario.
La risposta dipende dal piano di abbattimento (se sia più o meno dipendente dalla consistenza e densità della popolazione che vogliamo diminuire), dipende dalla capacità tecnica di ogni singolo cacciatore, dipende dallo sforzo di caccia, dipende dalla conoscenza della consistenza pre abbattimento e post abbattimento, dipende se il piano di abbattimento è stato più o meno rispettato, dipende se il decremento ottenuto rispetta la naturale struttura di popolazione del cinghiale, dipende da come la gestione venatoria è inserita tecnicamente nell’ordinaria gestione faunistica, dipende dalla condivisione dei dati venatori con il resto della società, dipende da…..
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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