“Bestiario”: la nuova rubrica di Paola Peresin dedicata agli animali selvatici del nostro territorio

La penna sublime di Jorge Luis Borges divise gli animali in appartenenti all’imperatore, imbalsamati, addomesticati, maialini da latte, sirene, favolosi, cani in libertà, inclusi nella presente classificazione, che si agitano follemente, innumerevoli, disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello, et cetera, che fanno l’amore, che da lontano sembrano mosche.

In Borges dominava un intento fantastico raggiungibile, inconsciamente, da moderne classificazioni che distinguono la classe degli animali in specie che “regnano” e in specie che “non regnano” in un determinato territorio.

L’origine dell’attuale dicotomia nella cultura zoologica del nostro paese deriva essenzialmente dall’esperienza personale indotta da trasmissione culturale che ha attraversato un paio di generazioni. Quindi alcune specie se osservate da padri e nonni hanno un senso nel nostro panorama territoriale, mentre le altre semplicemente non ce l’hanno.

La genesi dell’accettazione di alcune specie e di rifiuto di altre fa parte della cultura del nostro paese, che deriva da un paio di millenni di raffinati testi di zootecnia e di agraria. Duemila anni fa Columella e Terenzio scrivevano tomi in cui venivano descritte puntuali tecniche di allevamento di animali domestici e questi hanno forgiato la nostra cultura.

Mentre state leggendo queste righe chiedete a chi vi sta accanto il nome di dieci animali e contate quante di questi sono domestici e quanti sono selvatici e non meravigliatevi del risultato, è la cultura mediterranea che, da sempre, ha anteposto il campo (ager) al bosco (silva). E così avviene per le specie animali: conosciamo quelli domestici, un po’ meno, eufemisticamente, quelli selvatici. Abbiamo un’innaturata difficoltà a capire (più che a conoscere) quanto la domesticazione sia stata in grado di sconvolgere la biologia dei progenitori selvatici fino a renderli domestici.

Manipolare le altre specie è un’attività che l’uomo fa da almeno 10.000 anni durante i quali abbiamo sviluppato processi di domesticazione in grado di influenzare le diverse culture umane in tutto il mondo.

Siamo stati in grado di selezionare artificialmente animali addomesticati (quelli docili e che ci tollerano) e animali domestici (quelli che abbiamo manipolato profondamente fino ad alterarne forma e comportamento e il cui benessere e sopravvivenza dipendono dalle relazioni con le società umane).

Dall’altro lato della medaglia ci sono gli animali selvatici, che vivono e sopravvivono secondo regole naturali e non artificiali, ed è di questi ultimi che qui scriveremo nelle prossime puntate di questa nuova rubrica.

(Autore: Paola Peresin).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Articoli correlati