“Grazie, è stata un’edizione da record”. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi chiude il sipario del Festival dell’Economia di Trento

È iniziata la quarta e ultima giornata del Festival dell’Economia di Trento che vede fra gli ospiti un “gigante” come Lech Walesa, ex presidente della Repubblica di Polonia e Premio Nobel per la pace 1983, il presidente di Confindustria Bonomi e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.

ORE 19 – Il gran finale con il presidente di Confindustria Carlo Bonomi

“Grazie agli organizzatori è stata un’edizione da record”. Così ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi protagonista dell’intervento conclusivo del Festival dell’Economia. L’imprenditore dialoga con la giornalista del Financial Times Silvia Sciorilli Borrelli toccando i temi caldi della politica politica e dell’economia toccati nei quattro giorni spaziando alla politica industriale europea, alla transizione ecologica, passando per il Pnrr e il Patto di Stabilità e Crescita

“L’industria italiana è stata una costante in questo momento di crisi – commenta – .Al contrario i nostri vicini francesi e tedeschi zoppicano: la Germania è in recessione tecnica e nemmeno la Francia se la passa bene. La Germania ha dimostrato le sue fragilità, che risiedono in un modello legato al gas russo e nella fine dell’era Merkel con cui gli industriali erano abituati a dialogare. In tutto ciò l’Italia mostra un’industria solida. Tuttavia per resistere come ha fatto in questo periodo ha bisogno di essere supportata da una politica industriale europea e nazionale. Un fondo sovrano europeo? A parere mio ci vorrebbe”. 

Sul tema della transizione ecologica Bonomi sottolinea le incognite: “La transizione è innegabile – commenta – quella è la direzione. Mancano però indicazioni sul come. Penso all’approvvigionamento di materie prime e terre rare che comporterà, e che sono risorse di cui attualmente l’Italia non dispone. In nucleare? Gli italiani negli anni Ottanta sotto la spinta emotiva di Chernobyl hanno fatto una scelta. Io penso che vada fatta una riflessione molto seria sulle tecnologie nucleari di nuova generazione. Teniamo conto che 13 paesi su 27 in Europa hanno centrali nucleari, di cui 53 solo in Francia”. 

“Per la transizione green si stima che in Europa serviranno 3.500 miliardi di euro di investimento, di cui 650 miliardi solo in Italia. Il Pnrr prevede 60-70 miliardi per la transizione”. Troppo poco per Bonomi che poi sottolinea anche i costi sociali della rivoluzione green.

“Al netto delle nuove tecnologie che verrano sviluppate e delle nuove filiere che sorgeranno, non dimentichiamoci che molte attività dovranno chiudere. Ecco perché credo che bisogna parlare di riqualificazione professionale per le nuove professioni green, dando il giusto perso al costo sociale della transizione che per essere efficace necessita a mio avviso di una governance mondiale. – ha affermato – L’Europa pesa per l’8% nelle emissioni di gas clima alteranti a livello mondiale contro Cina e India che pensano assieme per 1/3: in quei Paesi fino al 2035 si continueranno ad aprire centrali a carbone. Il che vuol dire che se spegnessimo l’Europa non salveremmo comunque il mondo. Bisogna che tutti vadano nella stessa direzione”.

In merito alla guerra in Ucraina Bonomi evidenzia come la ricostruzione del paese dovrà essere tanto materiale quando sociale: “In Ucraina ci sono molte famiglie miste russe e ucraine, e molti russi vivevano a Kiev. La frattura sociale che si è creata è profondissima, e le imprese saranno un luogo centrale di ricostruzione economica ma anche di integrazione sociale”. 

Il Pnrr per Bonomi va ricalibrato e modificato come già fatto in altri cinque Paesi: “Da imprenditore indebito la mia società se sono sicuro di creare crescita, che tuttavia non è sempre il fine ultimo dei tanti progetti che sono stati tirati fuori dai cassetti dei ministeri. Sul Pnrr ci vorrà responsabilità considerando che l’ultima rata la pagherà un ragazzo maggiorenne che non è ancora nato”.

ORE 17 – Una lezione sullo spazio con il premio Nobel per la Fisica Adam Riess

Adam Riess in video collegamento dalla sede centrale della Johns Hopkins University a Baltimora tiene una lezione sullo spazio. Il professore di fisica e astronomia, nel 2011 ha ottenuto il Premio Nobel per la fisica in seguito alle sue scoperte sull’accelerazione dell’universo tramite lo studio delle supernove (esplosioni stellari).

“Sono proprio le supernove, delle stelle che esplodono, a spiegarci che l’universo non è statico, ma si espande e si velocizzata”, spiega il professore mostrando le immagini spaziali immortalate dal potente telescopio lanciato nello spazio lo scorso anno.

Il JWST è potentissimo, e ci consente di raccogliere dati più precisi rispetto al telescopio spaziale Hubble”. 

Adam Riess ha spiegato ad un folto pubblico perlopiù di giovani e studenti come si misurano le distanze nello spazio (si analizza la luminosità dei corpi celesti), e come si misura la velocità a cui si espande. Ma quanti anni ha l’universo?

Anche questa è una delle domande a cui Reiss ha risposto durante la sua lectio. “L’universo ha 13-14 miliardi di anni, ma come accaduto per altre scoperte in passato, ciò vale fino a che una nuova scoperta non confuterà questo dato. Un tempo si pensava infatti che ne avesse 2 miliardi. Lo stesso fisico Albert Einstein visse in un tempo in cui si pensava ancora che l’universo fosse statico. Proprio dai suoi calcoli matematici intuì che, al contrario, l’universo si espandeva”. 

Come una sorta di “discepolo” di Einstein oggi Adam Riess prosegue nello studio della cosiddetta “dark energy”, in italiano “energia oscura” che domina lo spazio esercitando una forza repulsiva responsabile dell’accelerazione dell’universo. “Studiare lo spazio fa progredire la scienza, aprendo a scoperte che migliorano la vita sulla terra: pensiamo solo al gps – conclude – e a come ha rivoluzionato il nostro modo di vivere”.

ORE 16.00 – Tremonti: il destino dell’Europa

In contemporanea nel palazzo della Provincia di Trento Giulio Tremonti, presidente della Commissione esteri alla Camera, dialoga con il direttore del quotidiano La Repubblica Maurizio Molinari sul futuro dell’Europa.

“Dopo la guerra in Ucraina ci troveremo di fronte ad uno scenario completamente diverso da quello attuale – commenta Tremonti – . Non a caso le più grandi università europee iniziano ad intavolare delle discussioni sul futuro dell’Europa, che io mi auguro sia all’insegna dell’unità e del motto ‘make Europe Great again’. Preoccupa molto la denatalità: in un sistema che poggia sulla logica ‘dalla culla alla tomba’, se le culle non ci sono più non ci sarà futuro”. 

ORE 15.30 – Matteo Salvini in collegamento al Teatro Sociale 

Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è in collegamento dal Teatro Sociale. Salvini affronta diverse tematiche fra cui quella del nuovo codice degli appalti “che entrerà in vigore il 1° luglio”, e quella della transizione ecologica, che sul fronte automotive si muove verso i veicoli elettici. 

“L’auto green – commenta Salvini – non è tutto. Ci sono euro diesel che impattano meno delle batterie di certe macchine elettriche. Ogni Stato deve essere libero di arrivarci come meglio crede”. 

ORE 15.00 – “Intelligenza del cuore: la gestione del successo” con Miriam Leone 

“Il successo ti cambia, eppure una parte di me è rimasta sempre uguale: mi sento ancora una ragazzi di provincia – così l’attrice (e da poco imprenditrice) siciliana al Festival dell’Economia – .L’auguro che ti fanno ‘mi raccomando non cambiare mai’, va preso con le pinze, perché quando meno te l’aspetti la vita ti fa fare cose che non avresti mai pensato di fare”.

E così è stato per la Leone, che esordì a Miss Italia, proseguendo poi la sua carriera come attrice e da ora anche imprenditrice del marchio Lavika

Leone affronta molti temi, fra cui la bellezza, prima in senso lato e spirituale, e poi in riferimento all’aspetto fisico: “La bellezza per me è mantenere l’incanto nonostante tutto, non diventare cinici nei confronti della vita. La bellezza esteriore non è una virtù, e io per molti anni l’ho data per scontata. Certo, rimane una carta da giocarsi nella vita, l’importante è farlo con consapevolezza”.

Nei giorni scorsi l’attrice ha lanciato il proprio band di skin care Lavika, il cui nome è un omaggio alle origini, all’Etna e alle sue terre laviche. “Ho capito cosa vuol dire fare l’imprenditoria e tutte le difficoltà e le responsabilità che ne derivano. Ho capito che non bisogna essere invidiosi e anzi, circondarsi di persone migliori di noi. Mio marito mi ha aiutata molto in questo percorso imprenditoriale – spiega commossa. – Vi auguro di trovare una persona con cui realizzare i vostri sogni e di lasciarvi alle spalle amicizie sbagliate“. 

Leone ha poi spiegato il suo approccio nella gestione del team di lavoro: “La mia è una società benefit, il che vuol dire impegnarsi nella sostenibilità ambientale e sociale. Mi sono assunta una responsabilità nei confronti dei lavoratori che devono essere messi nella posizione di svilupparsi umanamente ed essere felici. Motivare un team non è sempre facile, ciò che importante è riuscire a tirare il fuori il meglio dalle persone che lavorano con te, e allo stesso tempo avere una visione d’insieme delle cose: questa è la leadership. Certo poi bisogna saper dire di no: una delle creme per il viso che sto per lanciare l’ho rimandata in laboratorio 68 volte”. 

“I social – prosegue – hanno un ruolo importante nella promozione del prodotto. Per quanto riguarda i miei profili personali la parola d’ordine è spontaneità, nei giorni in cui non ho voglia di postare non lo faccio. Ciò che mi preoccupa è l’approccio non sempre sano dei giovani con i social, nei loro confronti serve un occhio di riguardo: i giovani hanno ancora la pelle sottile, e non sempre sono in grado di farsi scivolare addosso la violenza verbale che circola nel web”. 

ORE 13.00 – A tu per tu con il premio Nobel Muhammad Yanus per un talk sul cambiamento climatico 

Al Festival arriva un altro premio Nobel: Muhammad Yanus incanta il pubblico della sala Depero (palazzo della Provincia). Il fondatore di Grameen Bank è stato il pioniere del microcredito e dell’economia sociale, fondando più di 50 imprese sociali in Bangladesh.

Nel 2006 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Pace. “A breve ci estingueremo come dinosauri – ha commentato Yanus – . Siamo sul binario sbagliato, lungo una via “suicida”, e a dirlo non sono io ma la scienza: solo agendo potremo cambiare le cose”. 

ORE 11.00 – Solidarietà e valori nel XXI secolo con Lech Walesa

Auditorium di Santa Chiara al completo per l’atteso appuntamento dal titolo “Solidarietà e valori nel XXI secolo” con l’ex presidente polacco e premio Nobel per la Pace Lech Walesa che si presenta con la camicia decorata dai simboli della Costituzione polacca, un’immagine della Madonna e la parola Solidarnosc.

Lech Walesa, primo presidente della Polonia democraticamente eletto dal 1990 al 1995, dialoga con Gigi Donelli, caporedattore di Radio 24. “Sono un operario ed elettricista, penso in maniera pragmatica – esordisce Walesa -.  Per arrivare alla pace l’Europa deve prendere in mano il proprio destino e superare la logica dei blocchi, con la Nato da una parte e la Russia dall’altra. L’Europa oggi non ha una leadership forte, da quando è caduto il vecchio sistema si è creato un vuoto. Ecco perché guadagnano terreno i populismi, come quello che dilaga in Polonia. La logica dei confini va superata, e non c’è mai stato momento migliore per farlo grazie allo sviluppo della tecnologia che non conosce il concetto di frontiera”.


ORE 10.00 – La rivoluzione attesa dell’idrogeno 

L’intelligenza artificiale e la transizione ecologica emergono fra i temi centrale della 18esima edizione del Festival. Si parla di idrogeno, quale “motore” del futuro, all’incontro al dipartimento di Economia con Diego Cattoni, amministratore delegato di Autostrada del Brennero, Luigi De Paoli, professore emerito della Bocconi, Dina Lanzi, Head of Hydrogen Technical Development di Snam, Luigi Paganetto dell’Università di Roma Tor Vergata, Lucia Visconti Parisio, professore di Scienza delle Finanze all’Università di Milano-Bicocca e Marco Zigon, presidente del Gruppo Getra e Matching Energies Foundation.

Diego Cattoni

Come spiega Cattoni, l’idrogeno sarà il nuovo carburante per i mezzi pesanti, mentre il traffico leggero (le auto) saranno elettriche. Autostrada del Brennero si muove in questo senso per diversare la prima a “zero emissioni” con la prospettiva di investimenti importanti i stazioni locali dedicate alla produzione dell’idrogeno favorita dalla presenza di acqua nelle aree attraversate dall’arteria autostradale. 

Lucia Visconti Parisio punta i riflettori sulla gestione e organizzazione della filiera nell’ottica di un passaggio (sempre più vicino) all’idrogeno. “Se vogliamo che idrogeno abbia successo – commenta – dobbiamo assicurarci di essere in grado di produrlo, andando incontro alla domanda, ma di farlo impelando energia da fonti rinnovabili, da cui l’espressione ‘idrogeno verde’, altrimenti l’incontro della domanda crescente dovrà passare per una produzione con fonti fossili, ma saremmo daccapo allontanando l’obiettivo di impatto zero”.

Parisio lancia poi una riflessione sugli investimenti nel settore : “Ad oggi latitano: gli investitori non hanno sicurezze sulla competitività dell’idrogeno rispetto alle altre fonti. Chi oggi deve investire sulla filiera dell’idrogeno deve fronteggiare troppe incertezze. Bisogna dunque mettere gli investitori nella condizione di fare un piano sul mercato a monte (l’approvvigionamento) e a valle, sul prezzo che si potrà ottenere dagli usi finali”. 

Luigi de Paoli (in passato anche nel cda di Eni e Terna) spiega: “Nel 2021 nel mondo sono state prodotte 94 milioni di tonnellate di idrogeno destinare alla raffinazione, alla produzione di ammoniaca e ad altre applicazioni chimiche. Quello destinato a nuovi usi (la mobilità di mezzi pesanti) ha pesato per meno dell’1%. Questo per dire – sottolinea – che l’idrogeno è già importante ma non viene destinato alla mobilità. Inoltre oggi viene prodotto impiegando gas naturale e carbone, soprattutto in Cina che ne ha grande disponibilità: l’obiettivo deve essere la produzione di idrogeno decarbonizzato, ma inizialmente dobbiamo accettare che non sarà possibile”. 

Infine il professor Paganetto ha sottolineato alcuni nodi da sciogliere per creare la filiera dell’Idrogeno: “Non trascuriamo il fattore trasporto e stoccaggio che renderà necessario un adattamento dei tubi ora usati per il gas. L’idrogeno ha bisogno di una maggiore compressione e di condizioni particolari per essere stivato. La soluzione?Produrlo vicino ai posti dove verrà impiegato”.

(Foto: Festival dell’Economia – Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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