Partita la raccolta firme in molti Comuni per chiedere un referendum che abolisca la caccia: per il comitato promotore è una “brutale pratica”

“È una brutale pratica”: queste quattro parole sintetizzano la motivazione di una raccolta firme nazionale (ne servono 500 mila) per chiedere un referendum costituzionale necessario a chiedere l’abolizione della caccia.

Una raccolta firme, resa nota negli albi pretori di molti Comuni italiani, che sta destando reazioni contrastanti tra, da una parte, ambientalisti, animalisti e non solo e, dall’altra, cacciatori e numerose associazioni che li rappresentano.

A lanciare la proposta è il Comitato “Sì aboliamo la Caccia”, che punta ad abrogare alcuni articoli della legge 157 del 1992 così da vietare la caccia su tutto il territorio nazionale.  L’iniziativa è stata presentata il 1° luglio in Campidoglio, a Roma.

“Una battaglia etica combattuta sul piano del diritto” l’ha definita il comitato promotore, con l’obiettivo di “impedire ad alcune migliaia di cacciatori affamati di violenza di potersi sentire i padroni assoluti, liberi di uccidere, liberi di circolare in territori privati, liberi di torturare uccelli in gabbia per attirare i loro simili e fucilarli” e “liberi di educare i propri figli alla violenza senza alcun rispetto per le forme di vita più deboli”.

Per dare il proprio assenso alla raccolta firme è necessario recarsi all’ufficio elettorale del proprio Comune o cercare i banchetti autorizzati nella propria città.

Una raccolta di firme che non piace a chi vede la caccia in maniera totalmente diversa rispetto ad una “brutale pratica”, che sta già destando molto scalpore e che, sicuramente, continuerà a farlo.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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