Testa da marsón! I pesci d’acqua dolce nella tradizione della Marca trevigiana: il gobione

Il gobione
Il gobione

Alvise Orlandi, classe 1933, cresciuto sulle sponde del Soligo e titolare di licenza di pesca dal 1947 racconta che prima dell’avvento delle fibre artificiali era difficile poter disporre di un filo fine e resistente. Qualche pescatore ricorreva ai crini di cavallo intrecciati, altri sfruttavano il baco da seta. Quando i “cavalieri” (i bachi) erano prossimi a “salire il bosco”, cioè ad arrampicarsi sulle ramaglie preparate per accogliere i bozzoli, qualche esemplare veniva sacrificato; manipolando il baco con estrema delicatezza si srotolava una bava di seta tanto sottile quanto resistente che, per evitare sprechi, veniva legava al termine di una lenza fatta con lo spago.

Fra le prede che richiedono fili pressoché impercettibili vi è il gobione (Gobio gobio), un pesciolino che per la propria fisionomia ricorda un barbo in miniatura. Conosciuto in Veneto come veccio o variòlo, in qualche caso è chiamato gobo o gobbo, appellativo utilizzato anche per indicare le carpe più giovani e i persici reali.

Il gobione ha una colorazione bruno verdastra sulla schiena, chiara sul ventre; i fianchi sono decorati da una serie di macchie scure piuttosto evidenti. Specie di indole socievole e gregaria, condivide felicemente i propri spazi con il cavedano, il barbo, le alborelle e il temolo. Abitante delle acque chiare e correnti, amante dei fondali ghiaiosi e privi di alghe, è considerato un importante indicatore ecologico poiché la sua presenza va di pari passo con la buona salute del corso d’acqua.

La taglia del gobione si aggira attorno ai dieci massimo venti centimetri di lunghezza, mentre la vita media è di tre o quattro anni. Pesce essenzialmente carnivoro si nutre di piccoli crostacei e vermi che scova setacciando meticolosamente il fondale. A sua volta è minacciato dall’inquinamento, da diverse malattie virali o batteriche, da predatori come aironi, garzette, cormorani e bisce d’acqua.

Nella Marca Trevigiana rappresentava una di quelle prede occasionali catturate con retini (schiràl, rastelòn), piccole bilance, reti (tramaio) e nasse posizionate controcorrente. Fra di esse, tipico del Piave, vi era il canith realizzato con asticciole di robinia tenute insieme da cortecce di gelso. I ragazzi facevano incetta di questi pescetti utilizzando setacci e moscariole.

Il destino del gobione era piuttosto scontato: divenire un’esca per trote, lucci e grosse anguille o finire nella padella delle massaie o dei friggitori professionisti, i fritolini o friturini, che animavano le feste paesane.

Cibo un po’ bistrattato, il gobione riscatta la propria modesta reputazione in Francia dove i gujons sono considerati un’autentica delizia. Fra le diverse ricette, merita un cenno l’originale omelette nella quale uova, burro, farina, latte e spezie trasformano i pesciolini in un piatto sontuoso e piuttosto impegnativo. Probabilmente non è un caso che uno dei più affermati chef d’oltralpe si chiami proprio … Gilles Goujon!

(Foto: Wikipedia).
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