Ieri mattina, domenica 28 aprile, se n’è andato improvvisamente Delfino Cadorin, fondatore della Cadorin Group e stimatissimo imprenditore di Cavaso del Tomba. È mancato all’età di 82 anni, per un arresto cardiaco, in casa, tra le braccia di sua moglie Regina. Soltanto una settimana fa, l’imprenditore si trovava al Salone del Mobile con i suoi figli, intento a discutere di nuovi progetti da sviluppare assieme alla sua grande famiglia.
Delfino, che da bambino era bravissimo in matematica, iniziò a lavorare nella bottega del padre, quest’ultimo più artigiano che imprenditore, a diciassette anni: il suo spirito d’iniziativa, la sua ambizione lo portò subito a cercare di trasformare quella che era una semplice falegnameria in qualcosa di più grande e resistente ai cambiamenti del mercato del legno.
Così a diciott’anni assunse un apprendista a proprio carico e, due anni dopo, tre dipendenti. Non appena suo padre partì per l’Australia, approfittò della sua assenza per rivoluzionare l’azienda e farla crescere, facendo investimenti, assumendosi rischi, portando benessere sul territorio, come un vero imprenditore dovrebbe fare.
Cinque anni fa, la famiglia Cadorin festeggiò i sessant’anni di attività e Delfino apprezzò tantissimo quel momento, ma non smise mai, nonostante un meritato diritto al riposo, di presenziare in azienda ogni giorno fino alle sei di sera.
“Papà ha dedicato la sua vita al lavoro. Non si prendeva mai una mezza giornata ed era sempre, costantemente, presente. La sua idea era quella di lasciare qualcosa ai figli, forse perché lui, in effetti, non aveva ricevuto nient’altro a parte il mestiere del nonno, anche lui falegname. Mi mancherà perché era un grande e mi ha insegnato tanto”.
Nella sua carriera, il signor Cadorin non si limitò tuttavia a fare lo stratega: era spesso ancora lui, dopo tanti anni, a scovare le soluzioni tecniche ai problemi fisici, riuscendo a realizzare anche quei progetti ambiziosi che sua figlia Rita, per esempio, gli proponeva.
“Quando c’era bisogno di qualcosa di nuovo, andavo da lui e gli proponevo di realizzare un nuovo progetto – spiega lei, – Papà si metteva a lavoro e riusciva a realizzare qualsiasi componente d’arredo. La collezione “Tomi de Legn”, per esempio, l’abbiamo realizzata assieme. Al Salone aveva trovato un componente importante per un progetto che gli avevo richiesto, voleva discuterne e io gli ho detto che l’avremmo visto la prossima settimana”.
In azienda, infatti, lo descrivono come un vero e proprio “manipolatore del legno”, ma anche come un uomo di parola, con un’etica e un’integrità che sono state d’esempio a molti, anche in paese. “Era uno di poche parole, ma agiva attraverso i fatti. In paese dava spesso una mano alla parrocchia e alla comunità: quando c’era bisogno, bastava chiedere”.
Quando domandiamo di eventuali interessi o passioni particolari, i figli ci rispondono sorridendo che no, non ne aveva: era un uomo concentrato sul lavoro e sulla famiglia, che si prendeva cura dei suoi figli e dei suoi nipoti. Aveva un cane a cui era profondamente legato, mancato giusto un mese fa. Proprio il giorno prima della sua morte, sabato, ne aveva portato a casa un altro. “Era convinto di vivere ancora dieci anni e si sottoponeva alle visite di controllo, oltre a stare in dieta, proprio per evitare sorprese.
Le comunità della Valcavasia potranno ricordarlo assieme ai suoi figli Gianluca, Rita, Claudio e Raffaella e a sua moglie Regina, domani, martedì 30, alle 17 durante il funerale, che verrà celebrato nella Chiesa arcipretale di Cavaso del Tomba, per la quale recentemente proprio Delfino aveva recentemente l’altare.
(Foto: per gentile concessione della famiglia Cadorin).
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