Il 27 ottobre è stata la Giornata mondiale del dolore: “un’esperienza emozionale e sensoriale spiacevole associata a un danno tissutale acuto o potenziale”, come lo definisce l’IASP (International Association for the Study of Pain). In Europa, il dolore colpisce il 20% degli adulti ed ha molteplici forme. Queste hanno cercato un significato con gli ospiti dell’incontro che si è svolto ieri, venerdì 29 ottobre, all’Auditorium Dina Orsi di Parè.
Il terzo appuntamento del tour della prevenzione organizzato dall’Associazione di Mutuo Soccorso ETS NoixNoi con Banca Prealpi SanBiagio, ha reso sold out l’Auditorium, con gente assiepata anche all’esterno del Dina Orsi. L’incontro, diretto dal Centro di Medicina e patrocinato dal Comune di Conegliano, dal titolo “L’origine del dolore. Imparare a conoscerlo per vivere meglio“, ha visto la partecipazione di tre grandi ospiti: il prof. Paolo Crepet (psichiatra, sociologo, educatore e saggista di fama internazionale), la dottoressa Sonja Cukon Buttignoni (cardiologa) e il dottor Antonio Sacchetta, primario di Medicina Interna al “De Gironcoli” e all’Ospedale civile di Conegliano.
“Ringrazio tutti i presenti e gli organizzatori per tutto quello che fanno sul nostro territorio – ha detto il sindaco Fabio Chies durante i saluti istituzionali -. Una serata serena anche grazie alla presenza dell’Associazione soccorritori e degli Alpini. Spero che ci saranno altre serate di questo tipo”.
“La domanda è precisa e la risposta lo sarà altrettanto – ha aggiunto Flavio Salvador, presidente dell’associazione NoixNoi che ha rivolto alla platea i saluti dei vertici di Banca Prealpi SanBiagio -: i numeri parlano per noi. Nel corso di quest’anno abbiamo fatto oltre mille screening: il messaggio della prevenzione è stato raccolto e siamo soddisfatti. I nostri sforzi sono stati premiati con molte adesioni. Ringraziamo Banca Prealpi SanBiagio per quello che ci mette a disposizione rendendo possibile tutto questo”.
Durante la serata sono stati toccati tre aspetti: il dolore acuto, il cronico e quello emotivo. A prendere la parola è stata la dottoressa Sonja Cukon Buttignoni, illustrando il primo aspetto: il dolore improvviso, sintomo di un danno.
“Stiamo scappando dal dolore, abbiamo paura, ci anestetizziamo con tanta facilità – ha detto la dottoressa -. Il dolore è una spia che ci aiuta a capire se c’è un problema, un campanello d’allarme che serve. Il dolore toracico può essere grave, come quello dell’infarto dove bisogna agire prontamente e quello più lieve, intercostale, che si può trascurare. Il dolore molto focalizzato, che riuscite ad indicare con un dito non vi deve preoccupare mentre uno che non riuscite a focalizzare con precisione ‘è qua da qualche parte ma non riesco a capire bene dove’, è anginoso. Attenzione che anche durante l’attività sportiva può comparire e sparire con la sospensione dello sforzo. Se il dolore dura pochi secondi non è il cuore, se dura invece 20/30 minuti è un infarto. In questo caso bisogna chiamare il 118, è l’ospedale che deve venire da voi”.
“Il dolore femminile è diverso da quello maschile e non è mai stato studiato – aggiunge -. Abbiamo sempre curato le donne come ‘uomini fragili’ ma non è così. Fino alla menopausa siamo protette dagli ormoni, quando ci ammaliamo successivamente siamo più gravi e difficili da trattare. Abbiamo spesso a che fare con persone rimaste traumatizzate ed impaurite a causa di un infarto avuto o una malattia mortale improvvisa di un genitore. Dobbiamo fare i conti con il dolore fisico in concomitanza con quello emotivo”.
Il secondo aspetto trattato è stato quello del dolore cronico. Una malattia nella malattia che dura, secondo un dato internazionale, più di 3 mesim continuo o ricorrente. Ad intervenire, il dottor Antonio Sacchetta.
“Il dolore cronico va diviso in varie categorie – afferma il dottore – reumatico, neoplastico e neuropatico. Il dolore usa dei canali che sono confondenti come nella sindrome dell’arte fantasma. Il mio intervento deve essere a tutto campo, non c’è un dolore che è oggettivo. Non possiamo dire ad un paziente ‘tu non hai niente’. Siamo fortunati ad avere una legge che istituisce le ‘cure palliative’. Una terapia di supporto, accompagnamento e vicinanza perché dobbiamo alzare soglia del dolore anche grazie ad una componente psicologica. Il dolore cronico si estende a tutta la famiglia e per fortuna abbiamo dei grandi aiuti di sostegno grazie ai tanti volontari del nostro territorio”.
L’ultimo aspetto, forse quello più intricato, è stato il dolore emotivo. Sentirsi inutili, sopraffatti o non valere niente: è un dolore molto frequente e debilitante tanto quanto il dolore fisico. A commentarlo, lo psichiatra Paolo Crepet.
“Ci sono delle età a rischio del cosiddetto ‘dolore esistenziale’ – ha chiarito Crepet -, un dolore provato mentre si sta costruendo la propria identità. Si misurano le relazioni con gli altri anche all’interno della famiglia. Per questo, non abbiamo dei servizi. Nella pre-adolescenza sono troppo vecchi per entrare nella neuropsichiatria pediatrica e troppo giovani per altri servizi. Probabilmente crescendo troveranno la soluzione ma il problema è in quel momento lì e bisogna intervenire immediatamente su una situazione che avrà ricadute anche sulla famiglia. Siamo impotenti ma non dobbiamo rimanere impotenti, dobbiamo agire. Un adolescente che non è in crisi è preoccupante, è l’adolescenza stessa la malattia, creatrice di problemi”.
“Abbiamo voluto cambiare i tempi della crescita – prosegue -: la vita amorosa, sessuale ed alcolica ad oggi inizia a 12/13 anni. Il dolore di un amore, di un’identità inizia già quindi in giovanissima età. Tredici anni sono comunque 13 anni, non sono diventati i nuovi 25. Alle 14 del pomeriggio un adolescente è a casa mentre i genitori no, e cosa fa? Bisogna pensare a fare qualcosa per prevenire come la scuola a tempo pieno. Dei professori che ti ascoltano, ti dicono ‘parlami di te’, ed ovviamente ne conseguirà un aumento delle paghe degli insegnanti”.
“Essere soli ad una certa età è un discorso, mentre esserlo nell’età evolutiva è un altro – aggiunge – Se ho un cellulare in mano sono solo. Con i social si è soli. Il cellulare è solamente una baby sitter, bisogna parlarsi. Bisogna sconfiggere il mutismo esistenziale ed i nodi dell’esistenza. A volte succedono delle cose e perdi la via, che male c’è? Cosa c’è di strano? Parlane”.
Poco prima di incontrare il pubblico al Dina Orsi, Crepet aveva sostenuto, rispondendo alle domande di Qdpnews.it, che dopo quasi tre anni di pandemia “il popolo italiano può considerarsi stressato fino ad un certo punto. L’Italia non ha caratteristiche peculiari da questo punto di vista, tutto sommato credo si stia meglio da noi che in Paesi in cui hai 6 mesi di buio e 20 gradi sotto zero. Noi siamo un Paese particolarmente bello: le piazze, l’attività sociale, i paesaggi… se uno va a vedere siamo molto fortunati. Io non vivrei mai ad esempio a New York alla mia età, ci sta bene un ragazzo di 30 anni che sopporterebbe meglio quel ritmo. Dicono che l’Italia ‘è un paese per vecchi’, io rispondo: per fortuna”.
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