Era da tempo che non si vedeva così tanto pubblico all’auditorium “Jean Antiga” di Miane: la curiosità di alcuni e la preoccupazione di altri verso la presenza stabile del lupo (dimostrata dalle carcasse abbandonate anche vicino alle case) hanno reso la serata di venerdì 3 febbraio un’occasione di formazione qualitativa.
L’obiettivo del Comune di Miane e di Anna Iseppon, presidente della Pro loco del capoluogo, era proprio questo: permettere al pubblico di uscire dall’auditorium con idee meno confuse, proporre una formazione di qualità, imparare a rapportarsi con il lupo e lo sciacallo dorato per evitare accuse, fake news e esagerati sensazionalismi verso un grande predatore che ha fatto la sua comparsa nel Triveneto nel 2012 dopo 100 anni di assenza.
La serata è stata moderata dalla zoologa di grandi predatori Paola Peresin, che ha creato un interessante dibattito di tre ore con il pubblico mediante gli interventi del professor Renato Semenzato, responsabile del progetto LIFE WolfAlps.EU., del medico veterinario Renzo Piccin, di Isidoro Furlan, Generale di Brigata dei carabinieri forestali in riserva, e del luogotenente Stefano Tecini, comandante della stazione carabinieri forestali di Valdobbiadene.
L’identikit del lupo italiano
Il lupo è un grande predatore appartenente alla famiglia dei canidi come i nostri cani domestici, le volpi e gli sciacalli dorati, ha affermato il professor Semenzato; è il più grande predatore presente nel nostro territorio e ha un forte spirito sociale.
I suoi tratti distintivi sono: guancia bianca, due strisce sulle zampe anteriori, la punta della coda nera, orecchie piccole e a base larga, un peso medio nei maschi adulti di 25/30 kg. Il lupo vive in branchi (veri e propri nuclei familiari di 5/6 esemplari) formati da padre, femmina Alpha (unica che si riproduce), giovani fino ai due anni e una o due “zie”.
Da quanto tempo il lupo è presente nel Triveneto e quanti esemplari ci sono?
“Nel periodo tra le due guerre mondiali è stato portato alla quasi totale estinzione – ha precisato Semenzato -, fino agli anni ’70 del ‘900 venivano consegnati premi in denaro a chi uccideva i lupi, in quanto era un pericolo molto difficile e l’economia agricola di sussistenza dell’epoca non poteva permettersi di avere un nemico come il lupo che attaccasse gli animali da allevamento, per questo i boschi e i pascoli erano molto curati e l’ambiente antropizzato e naturale erano tenuti ben separati. Il progressivo abbandono della montagna e il cambiamento delle condizioni economico-sociali del nostro Paese hanno fatto avanzare gli habitat dove il lupo e le sue prede trovano da vivere in abbondanza”.
Con il decreto Marcora del ’76 si è deciso di tutelarlo. Un primo censimento del dottor Luigi Boitani ne aveva infatti individuati una settantina in tutta Italia negli anni ’70, con una concentrazione in Abruzzo (da dove non è mai scomparso) e nel sud Italia. Nel nord Italia è ricomparso nel 2012, dopo 100 anni di assenza, e noi non siamo abituati a rapportarci con lui perché è un carnivoro selvatico che non conosciamo.
“Oggi ci sono 33 branchi di lupi nel Triveneto – ha affermato il professor Semenzato – e la prima coppia è “nata” nell’altopiano della Lessinia” (tra le province di Vicenza, Verona e Trento, vicino al lago di Garda, ndr) tra Giulietta, una femmina giunta dalla Svizzera, e un giovane maschio chiamato Sauz che è partito dalla Slovenia e che, dopo aver percorso 1.300 km (passando per Austria e Agordino) ha trovato cibo in abbondanza (le migliaia di vitelli e manzette della Lessinia sono per lui un “McDonald’s gratuito” ha sorriso Semenzato).
Il luogotenente Tecini ha precisato che nel territorio di competenza della Stazione carabinieri forestali di Valdobbiadene “i lupi ci sono ma finora non hanno causato danni. Non diamo però al lupo occasioni per avvicinarci a noi perché le sue prede devono continuare ad essere animali selvatici, dobbiamo piuttosto imparare a convivere con lui e fare riferimento sulle Forze dell’ordine”.
La caccia di selezione può servire a contenere la diffusione del lupo?
“No” è stata la risposta dei relatori: il lupo non è un animale che aumenta a dismisura e non è mai stato introdotto dall’uomo in alcun territorio. Una femmina può partorire otto/nove piccoli, ma spesso la metà muore in seguito a malattie. Inoltre il branco allontana attorno ai 2 anni i giovani per non creare “conflitti” nel territorio in cui vive, preda e si riproduce.
Molto spesso i lupi si “eliminano” da soli uccidendosi (è la loro seconda causa di morte ed è una forma di autoregolamentazione naturale che crea stabilità) e i giovani inesperti, alla ricerca di un nuovo territorio, vengono di frequente investiti, “ne muoiono 300/400 ogni anno in Italia (l’investimento è la loro prima causa di morte)” ha affermato Semenzato.
“Non sono mai stata contraria alla caccia, i cacciatori sono gli unici interlocutori non professionisti che sono formati sulle specie selvatiche presenti nel nostro Paese, ma la caccia di selezione, per quanto molti Stati europei abbiano investito tanti soldi (la Francia 25 milioni di euro) – ha affermato Peresin -, si è rivelata inefficace e non sono diminuite le predazioni. Lo stesso vale per la caccia di selezione delle prede dei lupi (cervi, caprioli e cinghiali).
Diversi studi dimostrano che spesso la selezione viene fatta per catturare le grosse prede ma gli animali che andrebbero uccisi sono i giovani, in Italia, in media, i cinghiali maschi e femmine hanno un anno di vita e a quell’età sono già fertili. Uccidere una grossa preda non serve a nulla, perché la selezione non avviene come dovrebbe”. “Fare terra bruciata come con gli animali domestici infetti non funziona con i selvatici”, ha infatti aggiunto il dottor Renzo Piccin.
La sola presenza del lupo in un territorio, in qualità di super predatore, ha una funzione ecologica di controllo dell’espansione/aumento dei grandi erbivori (cervo, capriolo, daino) e dei cinghiali. Per esempio, da quando il lupo vive nel Cansiglio – ha affermato Semenzato – il cervo frequenta meno l’altopiano, c’è stata una redistribuzione di questo grande erbivoro (frequenta aree diverse, anche con forte innevamento) e si sono notati meno danni agli abeti bianchi.
Il lupo preda “vittime facili”, bisogna aiutare pastori e allevatori
“E’ ovvio che il lupo, se può, cerca di fare poca fatica per procurarsi il cibo ma il 90% della sua dieta è legata a predazioni di animali selvatici – ha affermato Semenzato -. Sta a noi e alle istituzioni preposte evitare che quel 10% di ‘predazioni facili’ non aumenti“.
“In Lessinia, dove c’è un’alta concentrazione di mandrie e greggi sono state segnalate 185 predazioni annue a danno degli allevatori e pastori – ha proseguito Semenzato -, vengono predati manzette, vitelli, asini, capre e pecore. Nel 2022 in provincia di Belluno ci sono state 186 predazioni (tante) ma nel Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi (30 mila ettari) sono state soltanto 4 (su 1.500) le pecore uccise dal lupo“.
Qui è stato attuato un progetto scientifico mirato a tutelare gli allevatori (curato da Semenzato) e basato su: utilizzo di cani da pecore abruzzesi (animali da lavoro che hanno 2.500 anni di storia, pesano fino a 50/60 kg e sono addestrati per proteggere le greggi dal lupo), recinti elettrificati collocati in modo molto ponderato secondo le esigenze degli allevatori, tanta prevenzione sul territorio con tutti gli operatori sociali.
“Sul Carso, in territorio sloveno – ha poi precisato Semenzato -, sono stati segnalati lupi e orsi a 40 km da Trieste ma ciò è normale, le Alpi e gli Appennini sono un’enorme area boscata che è un enorme ‘allevamento’ di animali selvatici e un luogo di enorme colonizzazione degli ungulati e quindi dei lupi, dove c’è la preda compare anche il predatore; la natura è questa, basta conoscerla e trovare soluzioni efficaci per convivere con la fauna selvatica. Ad esempio in Svizzera c’è una scuola che forma i cani a difendere mandrie e greggi e fornisce supporto costante agli allevatori”.
Il lupo è pericoloso per l’uomo?
“No” è stata la risposta dei relatori, non è il male assoluto e nemmeno un nostro avversario. L’ultimo attacco all’uomo in Europa è avvenuto due secoli fa, ha precisato Semenzato. “Se non vogliamo essere attaccati in ambiente aperto come la montagna – ha proseguito – rispettiamo la legge, ossia andiamo a passeggio con i nostri cani tenendoli al guinzaglio. Allo stesso modo stiamo lontani con i nostri cani dalle greggi o dalle mandrie vigilate da maremmani/mastino abruzzese”.
Il lupo non è pericoloso nemmeno dal punto di vista infettivo, è rarissimo essere a stretto contatto con lui e quindi essere vittime di malattie infettive trasmissibili per contatto dagli animali selvatici (zoonosi). “Le più note – ha precisato il medico veterinario Renzo Piccin – sono echinococcosi, acari, micosi e rabbia (debellata nel 2012)”.
Disinformazione, come combatterla? Il comportamento umano è decisivo
“Non diamo al lupo alcun modo per avvicinarsi alle case – hanno ribadito più volte i relatori -, non abbandoniamo avanzi di cibo, scarti di animali macellati, animali morti, etc. Il lupo deve essere rispettato, conosciuto e soprattutto deve restare lontano da noi, questa è la sua natura, non deve diventare il nostro “confidente”, i nostri comportamenti sono decisivi”.
“Bisogna informare e fare prevenzione – ha detto la dottoressa Peresin -, è l’unico modo affinché non si diffondano fake news che possano suscitare allarmi infondati, folli sentimentalismi, psicosi inutili. Bisogna sapere di cosa si parla, invece noi Italiani siamo poco informati, non abbiamo nemmeno una cultura basilare sulle differenze tra le specie selvatiche (per es. non sappiamo distinguere un cervo da un capriolo o da un daino), non conosciamo la differenza tra biologo e zoologo”.
“Spesso prevalgono il semplicismo, la disinformazione e i giudizi improvvisati – ha risposto ad una domanda del pubblico la Peresin -. E poi è determinante educare bene tutti i fruitori sociali: cittadini comuni, forze dell’ordine, cacciatori e animalisti, in particolare la politica così da realizzare progettualità efficaci e non inutilmente dispendiose. Serve maggior dialogo tra i vari operatori e soprattutto maggiore ascolto delle richieste e dell’esperienza di allevatori e pastori”.
Con una maggiore cultura non si confonderebbe il lupo con cani selvatici, lupo cecoslovacco, sciacallo dorato (uno è stato investito a Sernaglia la scorsa settimana). “Quest’ultimo – ha precisato Semenzato – è arrivato dall’Est Europa e sta colonizzando l’Italia del Nord e del centro, ha dimensioni intermedie tra una volpe e un lupo, colore dorato, è difficile da osservare e, a differenza del lupo, è un mangiatore di carogne”.
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