Ecco la nuova rubrica: “Giovani sognatori, del nostro territorio”

Un sottofondo di musica irlandese riempie la luminosa stanza al secondo piano della casa, ai piedi delle colline di Soligo. Intenta a completare l’ultima illustrazione tra una rosa di pastelli di ogni colore, Gina accoccolata accanto, a scrutare i movimenti attenti delle mani, Angela Bressan, classe 1986, mi dedica stamane alcuni momenti per scoprire qualcosa di più sul suo percorso di vita.

Di formazione, Angela è archeologa e svolge da diversi anni attività di scavo e, ormai regolarmente, la professione in veste di educatrice museale tra Veneto e Friuli Venezia Giulia (ha collaborato per un decennio con il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia). La mia intervista parte proprio da qui, voglio curiosare in questo mondo così affascinante e sentire dalla voce di Angela quali sono state le tappe fondamentali di questo cammino che l’ha portata al consolidamento di una passione divenuta una vera e propria occupazione.

Angela, vorrei cominciare dall’inizio: come per una linea del tempo, raccontaci quando è nata in te la passione per la storia.

Fin da piccola sono sempre stata attratta dalla storia antica, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti della vita quotidiana. Dopo gli anni del liceo ho deciso di studiare Conservazione dei Beni Culturali.

Quando hai capito che era quella, la tua strada?

Esattamente nel 2008 c’è stato il mio primo scavo archeologico, in un castello della pedemontana friulana ed è stato quello a far scoccare la scintilla del mio amore per l’archeologia! Negli anni, l’esperienza sul campo si è sviluppata anche in senso divulgativo, perché dallo scavo sono diventata educatrice museale, collaborando con diverse realtà culturali e museali tra Friuli e Veneto.

Una domanda che meriterebbe ben più tempo e parole: puoi dirci cos’ha di affascinante per te l’archeologia?

L’archeologia è una scienza meravigliosa in ogni sua parte. Personalmente, quella che amo di più è la fase dello scavo archeologico. Mi piace il contatto con la terra e poter mettere mano in un contesto antico dove il terreno ha custodito per secoli le sue storie e i suoi tesori (non parlo di oggetti preziosi, ma di reperti in senso ampio, come ad esempio testimonianze di azioni e frammenti di vite passate). Questo secondo me è un privilegio e una grande responsabilità.

Perché parli di responsabilità?

Perché nessun dato deve andare perso. lo scavo è un’attività distruttiva; la terra va sfogliata strato dopo strato e letta con cura, per non smarrire nessun indizio che vi è custodito. È un lavoro faticoso ma estremamente affascinante, fisico e mentale. Ogni sito ha le sue criticità e bellezze, però i luoghi che amo di più sono quelli medievali. I castelli, soprattutto, hanno per me un fascino indescrivibile.

C’è anche un aspetto che è giusto nominare, perché la realtà non è sempre una linea dritta, questo lo sappiamo. Quali sono, a tuo parere e secondo la tua esperienza, le maggiori difficoltà di questa professione?

Al mio primo scavo mi era stato detto da chi aveva più esperienza di me che “di sola archeologia non si vive”. Sì, bisogna dire che la maggiore difficoltà di questa professione è la sua precarietà. Chi lavora nei beni culturali spesso si vede costretto ad aprire partita iva perché le assunzioni sono rare. Ci si trova a lavorare spesso nei giorni festivi, a dover essere versatile e molto flessibile anche dal punto di vista geografico. Non siamo riconosciuti adeguatamente e in un Paese come il nostro che potrebbe fare della cultura il suo motore, siamo poco considerati.

Eppure nonostante le difficoltà oggettive, hai insistito su questa strada!

I sacrifici sono molti, ma per contro, posso dire di vivere con soddisfazione della mia passione e di lavorare sempre “nel bello”!

Ci sono stati viaggi o esperienze che hanno lasciato un segno maggiore nel tuo percorso?

Sono curiosa del mondo e amo viaggiare, soprattutto nella modalità “zaino in spalla”, che ti permette di osservare in modo lento la quotidianità di un luogo ed esserne parte. Ogni viaggio fuori casa mi ha arricchita. Se devo ricordare due esperienze professionali, una è quella di scavo archeologico sull’isola di Failaka, in Kuwait. Non solo un viaggio di lavoro, ma un vero e proprio confronto con un mondo e una mentalità molto distanti dai nostri. La seconda esperienza è più locale, cioè tutti gli scavi svolti nella mia regione di origine, il Friuli, perché scavare nel passato della propria terra è un privilegio e un grande orgoglio!

Angela, noi ci siamo conosciute nel mondo dell’editoria, sei a lavoro a nuove pubblicazioni? Quanto è importante questa attività?

Ho sempre amato l’arte, il colore e ogni forma di artigianato. In tutti questi anni una passione non mi ha mai abbandonato, il disegno. Da passatempo fine a se stesso, grazie a qualche corso formativo, è diventato un lavoro parallelo.

Ho all’attivo diverse pubblicazioni come illustratrice di libri per l’infanzia e in concreto ho in cantiere altri albi illustrati che usciranno nei prossimi anni.

Prima di salutarci vorrei farti una domanda che possa essere di stimolo a tanti giovani che ti leggeranno: c’è un consiglio che vorresti dare ai giovanissimi, oggi, per affrontare al meglio il loro futuro?

Credo che ognuno di noi sviluppi interessi e passioni già in tenera età. Capita spessissimo che per anni questi interessi vengano accantonati o ignorati, perché magari sembrano poco utili al ritmo e alle aspettative della nostra società. Può sembrare una banalità, ma il miglior consiglio a mio avviso è quello di non dimenticarsi dei nostri sogni da bambini. Se sviluppati, possono portare a grandi soddisfazioni. Nel mio caso, penso che la “Angela bambina” possa dirsi soddisfatta!

(A cura di Tullia Larese Roia).
(Foto: web).
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