Ieri sera l’auditorium Battistella Moccia di Pieve di Soligo ha ospitato un incontro sul tema della rotta balcanica con Silvia Maraone, coordinatrice dei progetti umanitari di Ipsia Acli nei Balcani.
L’appuntamento, moderato dal giornalista Federico Citron del settimanale L’Azione, è stato realizzato dal Circolo Acli Quartier del Piave Aps e dal Circolo Acli di Cornuda Aps in collaborazione con le Acli provinciali di Treviso aps.
Presenti Alessandro Pierobon, presidente provinciale Acli, l’assessore pievigino ai servizi sociali e demografici, Tobia Donadel, e diversi rappresentanti di associazioni e gruppi impegnati nel settore dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti nel tessuto sociale trevigiano.
Maraone si è detta delusa dall’accordo in materia di immigrazione del marzo 2016 dell’Ue con la Turchia e ha parlato dei metodi violenti della polizia della Croazia nei confronti dei migranti, anche minorenni, che entrano nel territorio croato: in più di un’occasione gli stessi ricevono botte e la polizia ha anche bruciato i loro oggetti e gli accampamenti abusivi.
La situazione dei migranti sulla rotta balcanica è esplosa nel 2015 e, dopo i tentativi di raggiungere il Nord Europa, la Francia o l’Italia passando per l’Ungheria, queste persone hanno iniziato a transitare per la Croazia e in seguito per la Bosnia.
La coordinatrice dei progetti umanitari di Ipsia Acli nei Balcani ha parlato dei costi esagerati che affrontano i migranti che decidono di percorrere la tratta.
“Sono persone disperate che spesso non sanno dove andare – spiega Maraone -, per loro è importante arrivare vivi nei Paesi europei prescelti. Chi arriva a Trieste, per esempio, spesso non sa cosa fare. Nei campi allestiti in Bosnia si assiste anche a episodi di tensione con la popolazione locale. Purtroppo, si trovano anche dei cartelli fuori dai negozi e dalle moschee con la scritta ‘Qui non puoi entrare’ e i politici bosniaci vogliono confinare queste persone fuori dalle città”.
La descrizione della Bosnia è stata quella di un Paese derelitto, dove la gente locale è stata colpita pesantemente dagli effetti diretti e indiretti della pandemia, in cui le persone non possono accedere all’asilo politico.
Oltre agli afghani e ai pakistani, sulla rotta balcanica arrivano anche persone dal Nord Africa che, invece di attraversare il Mediterraneo, raggiungono il nord Europa dai Balcani fra mille pericoli e allungando di molto il loro viaggio.
Maraone ha raccontato che alcuni migranti, soprattutto i pakistani, realizzano dei video con TikTok dove, vestiti di tutto punto, fanno credere ai loro connazionali che tutto va bene, anche se si trovano in condizioni disperate, invitandoli a intraprendere lo stesso cammino.
In molti casi, il “viaggio della speranza” di queste persone inizia dopo aver contattato degli agenti di viaggio che si mettono in contatto con altri trafficanti di esseri umani che fanno sapere ai migranti il percorso che dovranno affrontare di giorno in giorno, senza programmi troppo dettagliati.
Non solo aspetti negativi ma anche belle realtà come i “Social Café”, allestiti all’interno dei campi profughi, dove queste persone socializzano anche grazie allo sport, al gioco degli scacchi e ad altre realtà.
La coordinatrice dei progetti umanitari di Ipsia Acli nei Balcani ha detto che preferisce aiutare la popolazione locale comprando, con i soldi delle donazioni che arrivano dall’Italia, i vestiti o altri prodotti in loco piuttosto che smistare gli abiti inviati dai donatori che, spesso, non vanno bene con il rischio di creare delle disparità.
L’idea è quella di realizzare accanto a questi campi profughi dei parchi giochi con la speranza di vedere un giorno i bambini dei migranti giocare con i bambini locali.
Recentemente molte autorità del posto impediscono ai migranti di prendere auto, taxi e autobus per spostarsi, oltre a negare ai volontari la possibilità di aiutare queste persone fuori dai campi profughi.
Rispetto alla questione afghana, Maraone, ammettendo comunque di non avere la palla di cristallo, ha detto di credere che non si ripeteranno gli scenari del 2015, anche se serve un piano di gestione dei flussi migratori per evitare che il problema esploda.
Durante la serata, che ha registrato un buon numero di presenze, è stato spiegato che è possibile sostenere il lavoro dei volontari partecipando alle raccolte fondi sul sito https://www.ipsia-acli.it/.