L’abbazia benedettina di Santa Bona in Vidor, dove il legame con la gente non si è mai spento e le reliquie continuano ad essere venerate

L’abbazia di Santa Bona di Vidor è inserita in uno degli angoli più belli dell’Alta Marca, sopra il fiume Piave e a ridosso dell’arco delle colline.

Un documento del 1106 testimonia la sua origine, avvenuta in seguito a una donazione del signore del luogo Giovanni da Vidor. Fu lui che portò in questo luogo, in seguito della sua partecipazione alla Prima Crociata, le spoglie di santa Bona, vergine egiziana che rifiutò ricche nozze dicendosi sposa di Cristo. Venne perciò edificata una chiesa in stile romanico (1107), che fu poi donata ai monaci benedettini di Pomposa affinché ne costruissero intorno un monastero.

Orientata con il sorgere del Sole del 12 settembre (giorno dedicato alla santa), la chiesa è introdotta da un pronao ad arco acuto scarsamente aggettante, appoggiato a due croci patenti e sorretto da due colonne in pietra.

In cima occhieggia un medaglione in pietra con la raffigurazione di un Arcangelo Michele barbuto, dotato di ali, spada e globo crucigero. La parete nord presenta al visitatore l’affresco duecentesco di San Cristoforo, invocato per scongiurare le piene e per difendere la comunità dalle disgrazie e i pellegrini dalla morte improvvisa.

I due altari laterali sono dedicati a San Girolamo e a San Benedetto. Dopo alcuni secoli dalla sua costruzione la chiesa fu ampliata da Francesco Cornaro, abate commendatario che fece costruire la nuova zona presbiteriale (1592), nella quale fece trasportare le reliquie di Santa Bona “da un altro luogo più umile”, rimasto per ora sconosciuto. Del campanile, ricostruito in stile romanico, si conserva la parte inferiore del 1263, costituita da blocchi di pietra calcarea e ciottoli.

Il chiostro, miracolosamente giunto fino a noi, è un prezioso gioiello dell’arte medievale, splendido nella sua semplicità e arricchito da elementi sparsi di simbologia benedettina. Fu iniziato intorno al 1262 e terminato intorno al 1283.

Ha la pianta quadrata con sei archi a sesto acuto per lato. Tre delle colonne d’angolo sono ofitiche. Al suo centro si trova il pozzo e sulla parete sud il grande affresco della Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista e Girolamo (1459) attribuito a Dario da Treviso, pittore a cui “spetta l’introduzione nell’area trevigiana (ancora legata a una tradizione tardo-gotica) delle novità acquisite nella bottega di Francesco Squarcione da Padova (S. Bevilacqua).

Col passare degli anni tutto il complesso si ingrandì fino a diventare una vera e propria cittadella abbaziale, circondata per tre lati da un alto muro e per il resto dal letto del Piave. Le alterne vicende storiche del territorio non poterono risparmiare questo angolo di paradiso, che proprio per il suo ruolo venne investito continuamente dai mutamenti della storia.

Dopo l’ultimo abate pomposiano Enrichetto (1266-1308), l’abbazia fu retta per 310 anni dagli abati commendatari, finché nel 1774 fu venduta dal Senado Veneto al nobile Nicolò Erizzo, provveditore della Repubblica di San Marco.

La Grande Guerra danneggiò gravemente tutti gli edifici, toccando solo parzialmente la chiesa e il chiostro. Le reliquie di santa Bona, abbandonate tra le macerie, furono salvate. Vennero riportate al loro posto nel 1940 con una cerimonia grandiosa, voluta dalla contessa Margherita Albertini Govone, alla quale partecipò tutta la comunità vidorese. Oggi l’abbazia è privata, ma l’antico legame con la sua gente non si è mai spento e le reliquie continuano a essere venerate nelle varie ricorrenze dell’anno liturgico.

(Fonte: Maurizia Manto).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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