La tassidermia é una passione e una scienza: unisce le competenze anatomiche allo studio rispettoso delle specie animali.
Per quanti credano che si tratti di una pratica crudele e da condannare, arriva la smentita direttamente da chi per anni ha lottato per restituire una dignità a questo mestiere: Iginio Bressan.
Tassidermista esperto e premiato, con un passato da meccanico alla Sicca di Vittorio Veneto, Iginio risponde: “Non c’è niente di losco. Gli animali protetti che prepariamo vengono prima lasciati 30 giorni a disposizione della Prefettura: se vengono ritrovati pallini o segni di uccisione la bestia viene sequestrata e noi non possiamo avere voce in capitolo, dunque qualsiasi animale di questo tipo che venga preparato non è stato ucciso dall’uomo”.
Oltretutto il regolamento regionale della tassidermia è seguito e approvato dal corpo forestale e da Confartigianato.
Nei paesi nordici e dell’est la pratica della tassidermia è tuttora vista con grande rispetto e la materia si studia persino all’università, mentre in Italia la questione è molto differente: “C’è ancora chi parla di animali impagliati, implicando un chiaro senso dispregiativo, noi tassidermisti non siamo considerati neanche la metà di come vengono visti i colleghi esteri”.
Forse è una questione culturale, suggerisce Bressan, ne sono la prova i numerosi premi corsi e concorsi mondiali, molto seguiti da ungheresi, tedeschi, lettoni, belgi, sloveni e altri.
Il mestiere della tassidermia è evoluto nel tempo affinando le proprie tecniche: mentre prima si riempiva la forma dell’animale con della paglia o del cotone sostenuti da un filo di ferro, oggi vengono utilizzati materiali più all’avanguardia come il poliuretano o la paglia fine, che permettono una rappresentazione più realistica del soggetto. Dell’animale si tengono la pelle conciata, la testa e gli arti, il resto viene meticolosamente riprodotto: l’obiettivo è rendere quanto più realistico possibile l’animale sia nelle fattezze sia nella postura.
Iginio racconta che iniziò a lavorare nel settore metalmeccanico e già da giovane capì di avere un futuro nei lavori manuali, così decise di puntare tutto sulla sua passione e di lasciare la fabbrica per dedicarsi interamente alla tassidermia.
“È grazie a un parroco vittoriese che ho imparato i primi rudimenti del mestiere e da lì il mio interesse non ho fatto che aumentare fino a diventare un vero lavoro e venire nominato presidente dell’Associazione Tassidermisti Italiani” racconta, e svela il suo ruolo nell’allestimento dei musei del Cansiglio, di Venezia e di Verona.
Di avventure, in questo mondo, ce ne sono a bizzeffe e Iginio negli anni ne ha vissute molte: “Io ho alcuni principi cardine e tra questi c’è la scelta di non preparare animali domestici: ne ho avuti tanti e li sempre ho seppelliti quando era ora, forse è per questo che ho deciso di non occuparmi di loro, complice anche il fatto che la loro espressione è qualcosa di unico, non si può riprodurre. Questa spiegazione però non è sempre sufficiente: una volta, molti anni fa, una contessa veneziana mi ha chiesto di fare un’eccezione per il suo cane. È arrivata a propormi addirittura 2 milioni di vecchie lire e io ho quasi accettato: quando però ho chiesto il pagamento anticipato non si è più fatta viva” ride Iginio dalla sua poltrona.
Il mestiere del tassidermista, per quanto possa venire a criticato da chi non conosce la disciplina, è in realtà molto vicino e rispettoso del mondo animale: nessuna specie protetta o rara viene preparata se non viene accertato che la morte sia avvenuta per cause naturali o per incidenti che non hanno coinvolto l’uomo. “È un peccato che in Italia ci sia ancora questa grande discriminazione perché in verità è una pratica che ha una sua dignità e una storia con radici molto lontane”.
(Fonte: Alice Zaccaron © Qdpnews.it).
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